Palermo: una città senza un ruolo produttivo
La drammatica situazione del mercato del
lavoro palermitano, la stessa che alimenta il voto clientelare e le vane
promesse elettorali, la stessa che costringe alla fuga la parte migliore
della nostra società, ha radici profonde che restano in ombra nel
dibattito corrente.
E’ vero, ci sono anche a Palermo realtà imprenditoriali importanti, ma
insieme non fanno tessuto, non fanno sistema. Palermo non è più da tempo
città che vive di rendite agrarie, non è mai stata una città industriale,
il commercio locale da solo non attira risorse dall’esterno né è inserita
in correnti commerciali più ampie, il turismo non decolla mai come
potrebbe, i servizi e il terziario sono propri di “capitali” o di luoghi
naturalmente centrali e Palermo è capitale di uno “stato che non c’è” e,
più che centro del Mediterraneo, appare come un pericoloso scoglio in
mezzo al mare da evitare…
In breve non ha un ruolo definito nella divisione internazionale del
lavoro. In un certo senso…è disoccupata! Da lì nasce tutto il disagio,
non certo …dall’ “inciviltà dei Palermitani”, o dalla loro “indolenza”;
luoghi comuni, questi, effetti che sono scambiati per cause.
Che fare dunque? Leggo nel programma di un partito autonomista (quindi
teoricamente vicino a noi) che l’autonomia darà 100.000 posti di lavoro!
Ecco una strada che non spunta. Quella delle promesse vacue.
Mi piacerebbe per contro fare una promessa insolita: non aumentare la base
lavorativa, se non incidentalmente, ma ampliare la quota di prodotto
interno generata dal settore privato. In breve, “trovare un lavoro” alla
città e quindi invertire la tendenza a beneficio delle generazioni future.
Ma come fare? Intanto prendendone atto! E prendendo atto che non è il
Comune l’unico ad avere competenze e responsabilità in materia. La
malattia più grave, quella davvero mortale, è quella di chi ignora di
averla.
Partiamo quindi dalle responsabilità esterne: l’UE che blocca qualunque
aiuto perché “distorce la concorrenza”, sta facendo finta che la malattia
non ci sia; lo Stato che ci dice “ma voi avete già l’autonomia”, magari
boicottandola, fa finta che la malattia non ci sia; la Regione, in
tutt’altro occupata, spesso accusando se stessa di “palermocentrismo”, fa
finta di niente…
Ma in gran parte le responsabilità sono interne, sono nostre, della
comunità politica palermitana, che pure “fa finta di niente” o risponde
con sussidi ai “clientes” più affezionati.
Io non ho ricette semplici, preconfezionate… Io propongo intanto di
mettere i medici al capezzale del malato: cominciamo dalla diagnosi, alla
quale possiamo chiamare economisti e aziendalisti di spessore, procediamo
con interventi strutturali che favoriscano l’insediamento produttivo…
In astratto è semplice: non bisogna creare certo “industrie di stato” a
Palermo, ma adottare provvedimenti che rendano prevedibile una forbice
costi-ricavi stabilmente positiva… In questo ognuno deve fare la sua
parte e il Comune deve avere l’autorevolezza di porre la questione sui
tavoli regionali, statali, comunitari perché ciascuno si assuma le proprie
responsabilità.
Non basta nemmeno uno slogan del tipo: riportiamo la Sicilia in Italia.
Che vuol dire? Riportiamola o portiamola anche in Europa, ma con un ruolo
dignitoso, non come accattona, e questa necessaria integrazione passa,
anche se in apparenza ciò può sembrare paradossale, proprio da
un’autonomia nei centri decisionali: l’Irlanda, che è uno stato sovrano, o
la Scozia, che è una “vera” regione autonoma, sono molto più di noi in
Europa che siamo una “falsa” regione autonoma in realtà dipendente in
tutto e per tutto da decisioni esterne.
ANimus TUus DOminus!
Massimo Costa
Candidato Sindaco
www.laltrasiciliapa.org/elezioni_comunali_di_palermo_lista.htm
L’ALTRA SICILIA – Antudo
Movimento politico dei Siciliani “al di qua e al di là del Faro”