Affrontare la crisi migratoria
Alcuni Stati membri dell’UE cominciano a capire la necessità di controllare seriamente la questione migratoria che soffoca i territori del vecchio Continente.
Risalendo verso la penisola scandinava constatiamo come persino la Svezia, fino a qualche mese fa vero Eldorado dell’accoglienza indiscriminata, stia affrontando la questione con misure sicuramente poco transingenti ma i cui risultati si dimostrano già molto efficaci.
Il governo di destra di Kristersson, composto dall’unione dei cristiani democratici e dai liberali, dal suo arrivo al potere in seguito alle elezioni dell’ottobre 2022, ha dichiarato di voler mettere un freno all’immigrazione di massa che aveva portato nel Paese – dati del 2015- ben 163.000 migranti, vale a dire l’1,6% della popolazione, cifra che rappresentava allora il tasso di accoglienza più alto tra gli Stati membri UE.
Senza più nascondersi dietro i falsi farisei, il governo svedese ora ha accettato il legame ,che molti Paesi fingono ancora di negare, tra sicurezza cittadina ed immigrazione ed ha varato misure concrete per fronteggiare tale crisi.
Così, per ottenere un visto di soggiorno e poter rimanere sul territorio svedese, i lavoratori extra-europei dovranno dimostrare di possedere un reddito di almeno 27.360 corone, l’equivalente di 2500 euro . Inoltre il governo intende incentivare i rientri verso i paesi di origine, portando gli aiuti finanziari per i ritorni volontari , dagli attuali 1.000 euro a 3.000 a persona e costruendo centri per i ritorni degli stranieri clandestini ( ah il tanto osteggiato metodo Made in Italy…) una serie di deterrenti attraverso i quali il governo Kristerssonn pensa di rinviare nei Paesi di origine gli immigrati e dissuadere chi invece intenderebbe stabilirvisi.
Secondo dati del ministero delle migrazioni, dallo spazio di due anni la Svezia vive una decrescita delle richieste d’asilo, pari al 42%. Dai 16.734 richiedenti asilo del 2022 si è passati agli attuali 9.465 ; la concessione dei permessi del resto è scesa dagli 86.000 del 2016 agli attuali 6.250. Per la prima volta la Svezia mostra perciò oggi un saldo negativo: sono più gli individui che hanno lasciato il Paese di quelli che vi sono arrivati.
Anche rispetto alla concessione della cittadinanza, il governo ha imposto regole ferree: autosufficienza economica, padronanza e conoscenza della cultura e della lingua svedese, permanenza di 8 anni sul territorio invece degli attuali 5 anni.
Una filosofia di base, quella perseguita dal governo svedese rispetto alla cittadinanza, che riposa essenzialmente sul merito: deve essere meritata e non concessa senza condizioni.
Eugenio Preta