UE: Il multilinguismo sacrificato a favore della lingua inglese

I trattati europei sono fatti di tanti elementi costitutivi che, nella pratica però , risultano disapplicati e spesso anche contraddetti. Nel dogma europeista ad esempio, ancora si ritiene  che una delle basi essenziali  della costruzione europea sia il multilinguismo, un principio peraltro iscritto nei trattati per garantire la parità  linguistica e mettere tutti gli idiomi parlati nel continente europeo sullo stesso piano .

Eppure la realtà delle istituzioni, e specialmente del Parlamento europeo, ci dimostra quanto  questo celebrato multilinguismo sia rimasto lettera morta e come la lingua inglese, nonostante l’addio del Brexit, rimanga dominante, marginalizzando ogni altra lingua: un’egemonia, a questo punto,  che rappresenta un attentato all’indipendenza delle istituzioni ed allo stesso principio democratico europeo.

Nonostante la lingua francese fosse considerata, in origine -sia per ubicazione geografica dei siti istituzionali ,sia per il numero dei padri fondatori, i più  , legati al francese – come lingua ufficiale, nel corso degli anni e dei vari allargamenti, la lingua inglese, grazie anche all’indifferenza della classe politica francese si è imposta come lingua dominante.

Tra il 1999 ed il 2019, i documenti prodotti dalla Commissione europea in lingua francese erano passati dal 34% al 3,7%, quelli in inglese ammontavano già all’85% ; un’ evoluzione  assurda tanto più che l’inglese, dopo il Brexit , viene parlato solo dall’1% dei cittadini europei. Perché quindi imporre la  lingua di un paese che non appartiene più  all’Unione e risulta estranea agli europei che, al contrario , hanno una ricchezza linguistica  molto importante?

La debolezza del multilinguismo tanto strombazzato trova origine nella volontà politica della classe dirigente mondialista e pone un problema democratico evidente: l’inglese non è la lingua dei popoli europei ma quella di uno Stato che ha scelto democraticamente proprio di abbandonare l’Unione a cui apparteneva.

La lingua è un modo di esprimersi democraticamente . Se perciò si favorisce l’inglese” totale”  si penalizza l’esercizio democratico perché  si impedisce ai rappresentanti del popolo di esprimersi e lavorare nella propria lingua materna. Quanti documenti sono disponibili esclusivamente in lingua inglese? E quante riunioni di commissioni parlamentari sono avvenute senza interpretazione e quante volte si è dovuto votare  in Aula un documento disponibile solo in lingua inglese? Quando un’identità culturale linguistica non viene rispettata si rinforza quel fossato che esiste tra gli apparati burocratici di Bruxelles ed i popoli dell’Unione.

Il multilinguismo, dal momento che stabilisce la parità di tutte le lingue, rappresenta una barriera all’omogenizzazione e al dominio economico e culturale anglo-sassone. Al contrario , l’egemonia inglese favorisce la diffusione delle influenze americane nelle istituzioni, compreso il comparto giuridico. La lingua non è  un semplice strumento di comunicazione ma è un vettore di cultura, di pensiero, di tendenze e d’influenza. Quando l’Unione europea sacrifica le sue lingue autoctone, sacrifica egualmente la sua indipendenza politica e culturale.

Difendere le nostre lingue significa quindi difendere la nostra stessa democrazia e l’UE non può definirsi democratica se pone le lingue dei suoi popoli nazionali in un rilievo subordinato. Quella  del mantenimento di ogni sovranità linguistica  dei popoli europei è diventata una battaglia per la stessa democrazia e  la vera diversità culturale necessaria all’Europa  e ad i suoi Stati nazione.

Eugenio Preta

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