Caccia alle streghe: Donald Trump, crisalide o pupa?
Certamente nulla ci può essere di supporto quanto vivere direttamente le vicende quotidiane degli USA che riusciamo ad apprendere solo “di rimbalzo” attraverso un’informazione mediatica a volte volutamente confusa. Un’analisi imparziale però non può esimersi dal notare le discrepanze dell’informazione quotidiana e rendersi conto della difficoltà di capire poi lo stato delle cose. È notizia ufficiale l’incriminazione di Donald Trump accusato di aver pagato una pornostar con i soldi registrati per la sua campagna elettorale.
Trump così dovrà consegnarsi alla polizia di New York per registrare le impronte digitali, scattare la foto del profilo, quella frontale e le procedure che riguardano tutti gli accusati a rischio carcerazione. La storia del pericolo pubblico n. 1 continua: dopo due tentativi di destituzione avvenuti nel corso del suo stesso mandato presidenziale – cosa mai accaduta nella storia Usa – e le due relative assoluzioni, Trump, anche da ex presidente continua così ad essere oggetto di numerose inchieste.
Un procuratore straordinario, nominato dal ministero della giustizia, lo sta indagando per aver incitato agli scontri in Campidoglio nel 2021 ed anche per aver conservato illegalmente documenti segreti. E se l’accusa per i fatti di Capitole Hill sembra la più preoccupante perché viene equiparata ad un appello alla rivolta, la seconda sembra meno complicata perché si tratterebbe semplicemente di un ostacolo alla giustizia. La terza accusa però, aperta proprio alla fine del suo mandato, appare più contorta e, a detta di molti commentatori, potrebbe veramente costargli l’imputazione pur se si riferisce ad una vicenda lontana dalla politica.
L’atto di accusa si conoscerà tra pochi giorni ma, da quello che trapela dai comunicati stampa, si tratterebbe di un pagamento indebito ad una pornostar con cui Trump avrebbe trascorso una nottata. Secondo la sua difesa, Trump avrebbe utilizzato i fondi della sua stessa campagna elettorale per tacitare la donzella, ma la cosa appare più grave proprio perché vietata dalla legge che regola le procedure elettorali
Forse i suoi avversari hanno deciso di impegnarsi nell’accusa più banale, certamente però in quella che più di altre ha possibilità di discreditare Trump. A ben vedere si tratterebbe di una vecchia inchiesta ormai caduta in prescrizione anche perché mai perseguita né dal procuratore di New York né dalla commissione elettorale competente, quindi ininfluente ai fini del risultato elettorale, come invece pretenderebbe l’accusa.
Nel 2021 è stato eletto un nuovo procuratore democratico, Alvin Bragg, conosciuto per aver indirettamente beneficiato delle sovvenzioni elettorali di George Soros, che ha incentrato la sua campagna elettorale sulla promessa di perseguire Trump. Sembra proprio che qui non si tratti di un procedimento qualunque per fare rispettare la legge, ma di un atto isolato del “deep state” oggi in mano ai democratici per abbattere il candidato repubblicano favorito delle prossime elezioni.
Ricordiamo che nel 2016, perdente in tutti i sondaggi, Trump trionfò invece con grande sorpresa dello stesso partito repubblicano e dei democratici a cui non restava altro che ripromettersi di non dover più fare gli errori che hanno favorito i repubblicani. Fin dall’inizio del suo mandato l’FBI indagò il suo consigliere alla sicurezza nazionale e lo costrinse a dimettersi; quindi fu la saga dei contatti in Russia che, dopo migliaia di accuse e un’inchiesta costata 32 milioni di dollari, si esaurì in un nulla di fatto e con il licenziamento del procuratore speciale, completamente discreditato.
Una vera e propria caccia alle streghe culminata nel 2021 quando, sospettando i brogli elettorali determinati dalla modifica delle leggi elettorali a seguito della pandemia cvd 19, Trump chiamò i suoi sostenitori a manifestare davanti al Capitol Hill. I democratici riuscirono a trasformare qulla manifestazione in insurrezione, paragonandola ai fatti dell’11 settembre(torri gemelle) ed addirittura a Pearl harbour.
Malgrado l’accanimento e le accuse vere o presunte, la Belva però è sempre vitale e ruggisce ancora se rimane sempre in testa ai sondaggi come il candidato repubblicano favorito alle elezioni del 2024, largamente in vantaggio rispetto ad un senile Joe Biden, diventato solo un portavoce dello Stato profondo che, attraverso la nuova Camera dei rappresentanti a guida repubblicana, oggi viene indagato, insieme ad alcuni membri della sua famiglia, per aver ricevuto sovvenzioni da parte di una compagnia cinese attiva nel settore dell’energia.
Come in un gioco di birilli i due contendenti ed i loro clan si scambiano vicendevolmente accuse che rendono rovente il clima pre-elettorale. Certo, la comparizione di Trump in manette, sottoposto a tutte le procedure inquisitorie più degradanti ed una sua possibile incarcerazione provoca la soddisfazione dei democratici che lo odiano e spaventati dai sondaggi favorevoli a Donald Trump, sono pronti ad ogni manovra per impedire che gli elettori americani, il prossimo anno possano eleggere democraticamente il loro presidente. Appunto, democraticamente.
Eugenio Preta