Versailles: una corte reale metafora dell’Europa degli Stati
Versailles, città sotto assedio per il vertice del Consiglio dell’Unione europea, mentre soffiano venti di guerra nel Donbass e in tutta l’Ucraina in un’atmosfera di fine regno macroniano, stretto tra la campagna elettorale e la imperdibile grancassa mediatica dell’esercizio della presidenza di turno francese.
Oltre 1500 poliziotti creano confusione ai genitori che corrono dopo aver preso i figli a scuola mentre i negozi abbassano le saracinesche e l’accesso allo stesso parco reale rimane vietato per qualche giorno. A volte la circolazione si blocca per il passaggio di vetture dai vetri oscurati che ostentano una ridicola bandiera nazionale, scortati da motociclisti con sirene urlanti.
Ecco, la fantasmagoria dell’Europa in un momento molto grave per la gente a cui già si chiede il sacrificio di sopportare il freddo come contributo per boicottare il gas russo. Proprio a Versailles, la reggia del Re Sole, l’Europa riunisce le sue delegazioni che si dicono tutte progressiste e amanti di modernismo ma che non possono non fermarsi a guardare la bellezza del Trianon e ripensare alla lezione della Storia che con una targa ricorda che là si è scritto il trattato che aveva umiliato la Germania.
Nel 2017 sempre lo stesso Macron aveva ricevuto a Versailles Vladimir Putin nel decoro guerresco della Galleria delle battaglie per mostrare la fierezza guerriera francese e mettere in soggezione l’ospite russo. Forse già allora si sarebbe dovuto prestare più attenzione alle metafore.
Che cosa rimane di questa grande cerimonia?
Innanzitutto la forte emozione diretta al popolo ucraino e la condanna unanime dell’aggressione di colui che una delle officianti di turno, Von der Leyen, esprimendosi in inglese, chiama volgarmente Putin, quindi i primi tentativi di tracciare lo schema di un’organizzazione comune,- ancora una- per assicurare quella che Macron chiama sovranità e la Von der Leyen indipendenza. Come spesso accade la linea di Bruxelles consiste nel ripresentare sempre la stessa proposta senza dire poi nulla; la cultura tecnocratica amministrativa porta molto spesso a proporre un programma da avviare sempre più tardi, però.
Si è parlato di un programma che prevede un piano d’autonomia per l’energia europea riducendo le importazione di gas russo e promuovendo ancora le energie rinnovabili, niente che si potrà attuare in maniera rapida. Un altro capitolo ha trattato sulla futura difesa europea con un limite: quello della preferenza comunitaria, impossibile oggi che Germania e Polonia sono impegnate con materiali e fornitori USA e la stessa Germania decide di investire 100 miliardi di euro nel settore della difesa, al solo scopo di fare fallire l’idea della preferenza comunitaria.
In cauda venenum e la contraddizione arriva quando i tre officianti invocano la NATO come collettore obbligato delle azioni di difesa del continente.
Per i problemi dei prezzi delle materie prime come l’energia e l’alimentazione in continuo aumento soltanto dichiarazioni di priorità senza alcuna proposta seria come la detassazione o la riduzione dei costi amministrativi, invece la sollecitazione alla semina di cereali ora che la stagione è ormai scaduta
Alla fine la trappola degli allargamenti dell’UE all’Ucraina, alla Moldavia e alla Georgia per i quali si decide di avviare studi preliminari perché non esiste nei Trattati nessun riferimento ad una procedura rapida in materia.
Nell’attesa, a qualche chilometrò di distanza, la bandiera con le 12 stelle che non significano alcunché, sventola sotto l’Arco di Trionfo, sostituendo il tricolore francese, perché questo consorzio di mercanti, fondato sullo scambio di carbone ed acciaio, che ha rinnegato la sua anima rifiutando di riconoscere le radici comuni cristiane adesso vuole decidere di dotarsi di un esercito europeo – uno degli obiettivi del Vertice – e di una bandiera unica che cancelli quella fatta del sangue delle singole nazioni, come prime basi dei futuri Stati Uniti d’Europa… “Genius loci” come sognava lo spirito che abita i luoghi, proprio il Re Sole.
Eugenio Preta