Il Santo Natale e le “Linee direttrici della comunicazione inclusiva della Commissione europea”
Pochi ancora conoscono il woke, un movimento che proviene dai Campus americani e riflette la cultura militante nella protezione delle minoranze. Una cultura che si è imposta in Europa – un’accettazione acritica, caratteristica di tutto quello che ci arriva come oro colato dagli USA, nel bene e nel male – che ha lo scopo di lottare contro ingiustizie e ineguaglianze.
Un fenomeno che se ha ancora poco impatto tra i cittadini europei, ha invece un buon “appeal“ nella bolla di Bruxelles dove Parlamento europeo e Commissione sono i principali promotori delle nuove “movenze“ linguistiche e quindi ideologiche. I dogmi della vulgata Woke come l’intersezionalità, il razzismo sistemico e il pregiudizio incosciente, sono sempre più frequentemente ed apertamente accettati e sostenuti dalla Commissione Ue – nominata tra i padroni del vapore e non eletta dai popoli europei – al punto da essere deliberatamente confusi con i valori europei, l’alibi alla moda per imporre questa ideologia.
La signora von der Leyen, ad esempio, ha preso di mira l’Ungheria e da tempo ha lanciato ad Orban l’anatema per il delitto di mancata inclusione delle drag queen nelle scuole. Facendo grande prova di zelo, von der Leyen & company (c’è pure Gentiloni, ndr) avevano adottato un documento interno intitolato “Linee direttrici della comunicazione inclusiva della Commissione europea”, redatto nella nuova lingua woke, che tratteggia il nuovo manuale stilistico a cui avrebbero dovuto fare riferimento tutti gli eurocrati nelle loro comunicazioni verso l’esterno e persino nelle pause caffè tra colleghi.
Se un funzionario europeo, ad esempio – gente che conosce la nomenclatura della casa e partecipa spesso alle riunioni ed ai seminari della Commissione europea – volesse organizzare una conferenza su aspetti della vita familiare, potrà farlo tenendo però ben presente l’obbligo di rappresentare anche famiglie monoparentali e altre famiglie diverse e impegnandosi a non rappresentare una mamma che aiuta la sua figliola a fare i compiti proprio perché questa immagine potrebbe veicolare pregiudizi stereotipati, cosa che non avverrebbe se ad esempio si dovesse utilizzare l’immagine di due gay di colore e si utilizzasse come sfondo la bandiera arcobaleno che unisce anche le lobby LBGTQ+1, obbligo dell’intersezionalità (nozione che designa una situazione di discriminazione: cfr Studi sul femminismo 1989 di Kimberle Williams Crenshaw). E soprattutto giammai iniziare il discorso con il retrogrado e insultante intercalare di “Signore e signori”, peggio iniziare la propria allocuzione con “Cari concittadini” perché dimostrerebbe sempre quel privilegio incosciente di cui godono i bianchi ed escluderebbe apatridi e immigrati clandestini.
Nella Comunicazione, l’esecutivo mette in guardia gli eurocrati, anche se davanti ad un caffè tra colleghi, di parlare del periodo natalizio perché così si lascerebbe intendere che tutti i commensali possano essere cristiani. Una raccomandazione speciale riguarda l’invito di sostituire il termine Natale, odiosa referenza dell’arroganza occidentale, con un più presentabile termine di “vacanza” tenendo conto altresì che nel nuovo manuale stilistico questo ostruzionismo terminologico non colpisce ad esempio il termine Ramadan.
Non c’è nessuna esagerazione in questi esempi che sono soltanto una parte di quello che contiene la suddetta comunicazione. Ci sarebbe soltanto da sottolineare anche che questa nuova grammatica decostruttiva attualmente è disponibile esclusivamente in lingua inglese, in attesa delle 25 traduzioni ufficiali. La lingua infatti è l’espressione di una concezione politica e sociale e questa guida conferma soltanto la deriva ideologica di un’istituzione che dovrebbe perseguire il bene comune, ma che agisce invece sulle spalle dei cittadini che sono ammessi solo da spettatori inermi.
Un documento grottesco e ridicolo con linee direttrici terminologiche esplicitamente comportamentali ed estremamente pericolose perché sottolineano soltanto dei tentativi totalitari. Ma per fortuna arriva il dietrofront dell’Europa, il documento viene ritirato e il portavoce della Commissione dichiara: “Celebrare il Natale e usare nomi e simboli cristiani fa parte del ricco patrimonio europeo. Non stiamo vietando né scoraggiando l’uso della parola Natale. Ovviamente no”. Lo ha detto all’AGI in risposta alle polemiche sull’argomento in questione.
Non prendiamola a ridere e consideriamoli questi, come segnali seriamente preoccupanti e soprattutto facciamoci sentire come cittadini, ad esempio, partecipando alla consultazione sull’avvenire dell’Europa, un grande bla bla bla che la Commissione sta pubblicizzando nei maggiori quotidiani e persino sui muri degli edifici istituzionali.
Non ci rimane che, per ricordare le tradizioni più belle di tutti i Paesi dell’Ue – approfittando del momento natalizio – inviare alla Presidente von der Leyen (ec-president-vdl@ec.europa. eu), un bel biglietto con su scritto a caratteri cubitali: “Buono e Felice Natale“ da estendere a tutto il collegio dei commissari.
Eugenio Preta