Per l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, le frontiere sono muri mentali
Sui muri e sulle muraglie esistenti in Europa, le cifre di per se stesse sono abbastanza eloquenti a dimostrazione che gli Stati si costruiscono dei reticolati perché non reputano valide dal punto di vista della sicurezza, le posizioni assunte dall’Esecutivo.
Infatti, con buona pace dei pensatori del politicamente corretto, dai 6 muri che esistevano nel 1989, siamo oggi passati a più di 63 muri costruiti alle frontiere degli Stati membri. Più di 20 anni molto prolifici in materia di costruzione di muri e di altre chiusure elettrificate che sottolineano anche che, dallo scorso secolo, l’obiettivo è cambiato. Se infatti il muro di Berlino era stato costruito affinché gli abitanti del blocco dell’est non fuggissero verso l’ovest, oggi i nuovi muri servono invece proprio ad impedire l’ingresso in questo nostro occidente.
Abbiamo a lungo criticato il muro costruito da Trump lungo la frontiera messicana dimenticando però che non ne era stato lui l’ideatore e ci siamo guardati dal dire che l’Europa non è buona maestra e non può dare lezioni dall’alto degli oltre 1000 km di barriere costruite negli ultimi vent’anni. E questo nonostante il famoso accordo di Schengen in tema di libera circolazione delle persone fosse stato sempre preso come modello positivo.
L’immigrazione illegale e massiccia ha superato anche quell’accordo liberista e l’attuale crisi al confine tra Polonia e Bielorussa serve a dimostrarci che probabilmente non siamo che all’inizio di una «muratura» del mondo occidentale. I dati menzionati portano a riflettere sulle parole dell’alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’italiano Grandi, che dice di preoccuparsi dei muri legislativi che l’Unione europea ha costruito contro i migranti piuttosto che delle vere e proprie costruzioni materiali.
Dimostrando così di essere poco collegato alla realtà effettiva esistente sul terreno, l’alto commissario Onu, portavoce del «tutto va bene madama la marchesa», chiede di sdrammatizzare il problema dei flussi migratori, come del resto stanno dimostrando di voler fare i governi dei Paesi direttamente coinvolti …. e afferma che non servirebbe a nulla politicizzare la questione. Un punto di vista che rimane realtà “effettuale” e che purtroppo vale solo sulla scrivania di un funzionario internazionale che non sembra avere alcun collegamento con la realtà “effettiva”
Sicuramente ha ragione Grandi quando dice di ritenere che la sorte di poche migliaia di persone può risolversi senza cedere al panico e soprattutto senza la convinzione che la soluzione possa trovarsi solo nell’edificazione di barriere fisiche e quando sottolinea che la strumentalizzazione dei migranti non risolva alcunché ed anzi dimostri la vulnerabilità dell’Europa a tutto vantaggio di chi intendesse effettivamente approfittare di questa sua debolezza. Resta il fatto che, contrariamente a quanto affermi l’alto commissariato Onu per i rifugiati, la questione dei migranti rimane un problema politico, niente altro che politico.
Dall’alto della sua torre d’avorio, lontano dal fango, dalla sporcizia degli accampamenti, dalla fame dei bambini e dalle rivolte causate della miseria, Grandi deplora le correnti politiche che approfittano del momento di crisi per ridurre gli spazi di asilo e cita ad esempio quanto si sta svolgendo alla frontiera polacca, dove il respingimento di gente che chiede effettivamente una protezione internazionale, cozza con i valori proclamati dall’Unione.
Da parte dei media poi, la tematica delle migrazioni, dimenticando quanto il problema dei flussi migratori sia stato veramente discusso dalla carta stampata, si chiede cinicamente se oggi sia ancora possibile un vero dibattito di fondo sulle migrazioni.
Sicuramente la politicizzazione e la stigmatizzazione del dibattito sulle migrazioni lo hanno reso tossico, ma oggi si comincia a riflettere per diverse ragioni: innanzitutto perché questi flussi sono essenzialmente economici e per questo dovrebbero essere regolamentati; secondariamente perché, opportunamente gestiti, i flussi regolamentati serviranno a ridurre quelli irregolari, facendo sì che il canale dell’asilo non rimanga il solo sistema che si vuole offrire a chi volesse emigrare.
Una soluzione certamente di buonsenso, anche se tardiva e addirittura fuori tempo massimo ma che ancora oggi, purtroppo, l’Onu (e neanche l’UE ) sembra voler accettare come necessaria.
Eugenio Preta