L‘Unione Europea e il pretesto di Orban
Quando nel maggio del 2004 il blocco dei Paesi dell’est completò l’adesione all’Unione europea, nessuno avrebbe potuto mettere in discussione lo sviluppo che avrebbero conosciuto gli antichi satelliti europei dell’Unione sovietica una volta ritrovata la loro indipendenza nazionale e riconquistate le loro libertà pubbliche, e nessuno poteva immaginare che questi Stati avrebbero trasferito nella società occidentale molti aspetti correnti del loro vivere civile che oggi mal si coniugano con il verbo europeo del progressismo imperante.
È l’esempio costituito dal governo ungherese, presieduto da Orban e sostenuto dalla maggioranza degli elettori, che difende la concezione tradizionale della famiglia e, per far questo, ha adottato una legge che vieta la promozione dell’omosessualità tra i minori.
La motivazione del testo è limpida: i comportamenti sessuali non rientrano nell’obiettivo del raggiungimento del bene comune e non si può accettare che, in questa ottica, gli adolescenti ne possano venire penalizzati. Tutto questo, del resto, non prevede alcuna misura discriminatoria o restrittiva nei confronti degli adulti che li avrebbero scelti.
In definitiva l’Ungheria ha soltanto adottato un’attitudine conservatrice che riflette il sentimento comune della popolazione.
Toccati apparentemente sul nervo scoperto, 17 Stati europei (e persino Mario Draghi), hanno reagito con veemenza alla nuova legislazione ungherese e, con quella attitudine ormai consolidata di ingerenza negli affari interni di uno Stato membro quando questo si oppone alle direttive dettate dal pensiero unico, sono passati dalle critiche alle minacce.
Secondo i diciassette, la legge ungherese violerebbe i valori dell’Unione europea e, soprattutto, vanificherebbe l’impegno che gli Stati membri portano avanti nei confronti della comunità LGBT(QI).
I media hanno parlato addirittura di quello ungherese come di un vero regime e stanno pensando di mettere il Paese magiaro al bando delle democrazie; la stessa presidente dell’esecutivo mai eletto da nessuno, Von der Leyen, avrebbe chiesto addirittura di avviare le procedure di espulsione dell’Ungheria dall’Unione europea.
Il riconoscimento della comunità LGBT+1 e dei suoi diritti è una questione ideologica e per questo non dovrebbe essere pilotata da chicchessia e dovrebbe dipendere dalla scelta dei cittadini. Il fatto di vietare il dibattito e di imporre un pensiero unico costituisce di per sè la vera violazione dei valori liberali dell’Unione europea.
Attualmente si confrontano due ideologie: la prima ritiene che la scelta della propria sessualità, o la sua assunzione, se si considera che non sia una scelta, non nuoccia agli altri e non debba essere ostacolata; la seconda sostiene che l’esistenza della famiglia che unisce i due sessi per dare la vita ai figli ed educarli rappresenti il bene comune di una società e che debba essere difeso.
Il confronto tra le due concezioni dovrebbe essere libero ed invece appare subito disdicevole che la casta che dirige l’Europa imponga la scelta della prima opzione come un’ideologia obbligatoria. Ormai sembra che, nel modo di vivere e nell’ideologia del microcosmo che determina la vita degli europei dell’ovest, l’omosessualità abbia preso un posto determinante.
Tanto che il recente tentativo di utilizzare un evento mediatico come il campionato europeo di football per esercitare un’implicita pressione sull’Ungheria e per orientare il dibattito ci fa pensare al ricorrente tentativo della politica di distogliere l’attenzione dei cittadini dai temi più importanti in discussione come la crisi economica, ad esempio, la sospensione degli ammortizzatori sociali, il fenomeno migratorio inarrestabile, la sudditanza economica sempre crescente verso l’Asia e di spostare il dibattito su temi che li interessano poco e che sono invece al centro dell’interesse dei giornali, della televisione e delle reti pubblicitarie.
Come succedeva una volta nell’Unione sovietica quando si cercava di distogliere l’attenzione dalle questioni economiche e sociali per portarla sulle questione ideologiche. Poi il mondo è cambiato, tutto è diventato insopportabile ed il popolo finalmente si è potuto risvegliare.
Eugenio Preta