Miliardi alla Turchia dal vertice Europeo di Bruxelles
In occasione del vertice europeo di Bruxelles, l’Unione europea è sul punto di rinnovare l’accordo migratorio del 2016 con la Turchia. Si parla di grossi finanziamenti, non meno di tre miliardi tra il 2022 ed il 2024 che si aggiungeranno ai 535 milioni già versati nel 2021 che dovrebbero essere destinati a sostenere le azioni per i profughi in Turchia. Lo stesso vicepresidente della Commissione, incaricato delle questioni migratorie ha ammesso candidamente che una parte di queste sovvenzioni andrà certamente allo Stato turco.
Ma l’Europa rassicura gli Stati membri: l’Unione europea è talmente ricca che non richiederà di mettere mano alle loro borse, anche perché, in piena crisi pandemica e confrontati a gravi problemi interni, molti dei parlamenti nazionali avrebbero avuto grosse difficoltà a sbloccare fondi supplementari.
A questo punto appare chiara la solita predisposizione delle istanze di Bruxelles che ritengono loro diritto acquisito poter decidere nuove misure che coinvolgono gli Stati membri senza per questo dover consultare i popoli nè i loro rappresentanti e si ostinano a prendere decisioni in riunioni private tra capi di Stato e di governo – presiedute dal belga Michel (a proposito, cosa ne è stato della crisi istituzionale apertasi con Erdoğan che aveva offerto uno strapuntino alla presidente Van der Leyen mentre il presidente del Consiglio restava accovacciato nella sua poltrona?) e da una Commissione in lampante deficit di democrazia, composta da nominati mai eletti dai popoli. Tenendo peraltro ben in conto. che i fondi da cui si intende attingere provengono direttamente dalle tasche dei contribuenti.
La decisione di sovvenzionare ancora una volta Erdoğan, presa in privata sede, risponderebbe oltretutto alla necessità di depotenziare ogni eventuale opposizione di Stati che hanno già dichiarato di non essere d’accordo.
Ma a tutto c’è una spiegazione: la manovra pro Turchia riveste carattere prettamente elettorale. Per la Germania, con Angela Merkel che vuole dare un chiaro segnale alla numerosa comunità turca ormai presente nel Paese, una gran parte della quale a settembre sarà chiamata a votare. Per la Francia con Macron, alla vigilia delle elezioni presidenziali teme le contromisure turche e suggerisce, con grande cinismo, una riflessione riportata da “Le Figaro”: illudere i turchi con una sovvenzione che sarebbe sbloccata solo in futuro lasciando intanto le sue frontiere chiuse permettendo così ai capi di governo di poter trascorrere un’estate tranquilla.
Mostrandosi ben disposta verso Ankara, l’Unione europea intende addolcire Erdogan per poter affrontare con fiducia eventuali discussioni sulla questione Cipriota e su quella del rispetto dei diritti umani in Turchia.
Certo, credere che la Turchia possa contribuire favorevolmente alla risoluzione delle crisi regionali in Iraq, in Libia, in Siria, in Azerbaigian e nell’Alto-Karabakh significherebbe per l’Unione fare come Chichibio, con l’aggravante che molti la zampa mancante la vedrebbero con l’adesione della Turchia (Asia minore) all’Unione (Europa)
Erdoğan, contrariamente a molti dirigenti europei non intende però svendere la sovranità del suo Paese e si preoccupa oggi di tutelarne gli interessi. Come un vero Califfo, sa mostrarsi accomodante a radicalizzare le sue posizioni a seconda delle circostanze e dei suoi interessi. In attesa dei fondi europei promessi (e che sa che arriveranno) ha persino rinunciato ad esercitare i suoi ricatti sull’immigrazione. Ora attende soltanto di ricevere il prezzo pattuito, confidando soltanto nel fatto che questa Europa svogliata possa essersi addormentata ed aver abbassato la guardia. Poi ritornerà davanti agli impavidi dirigenti europei ancora una volta con le sue minacce ed i suoi ricatti migratori.
Eugenio Preta