L’Ungheria dimostra che la normalità è possibile
Quando si pensa all’Ungheria viene in mente un quadro curioso di vecchi imperi mitteleuropei, di folclore tzigano, di balconi fioriti e di tram che sferragliano nella grisaglia della giornata.
Nell’immaginario collettivo europeo nessuno poteva immaginare che, dopo l’elezione di Viktor Orban, l’Ungheria – uno Stato nazione con una lingua niente affatto indo-europea, un Paese sconvolto dal furore comunista, sempre in bilico tra la vecchia Europa e la furia slava – potesse essere la rappresentazione della difesa dell’occidente.
Succede che nel corso del match di football che oppone la squadra nazionale ungherese a quella irlandese, secondo la liturgia consolidata dal mondo sportivo anglosassone che prevede il minuto obbligatorio del Black Matter Lives prima di ogni incontro, gli irlandesi si siano inginocchiati come prevede il copione di sottomissione alla propaganda del pensiero unico. A quel punto gli ungheresi sono rimasti fieramente in piedi nella bolgia dello stadio, con i tifosi magiari che fischiavano i calciatori ospiti.
Ovviamente i media del pensiero unico hanno subito chiesto spiegazioni al premier Orban, pronti alla abituale sua crocefissione. Il premier, con calma olimpica, ha semplicemente sottolineato che gli ungheresi si inginocchiano soltanto davanti a Dio, la madre Patria e quando si sposano, lasciando intendere che l’inginocchiarsi nel corso di una competizione sportiva è soltanto un business, ma lo sport è altra cosa e gli atleti gareggiano sempre in piedi.
Grande sorpresa: l’antico blocco dell’est che ha conosciuto la dittatura, oggi la rifiuta in tutte le sue forme.
La sottomissione, in questo caso arriva stranamente da un antico popolo celtico, ormai orfano di Micheal Collins e dei guerrieri di Dio (Fianna fail, partito scomparso nelle beghe del potere), una volta noto per la sua combattività, per la salvaguardia feroce della sua identità, per un’indipendenza non ancora conquistata che si completerà solo con il ritorno delle sue province del nord, ancora occupate dalla Gran Bretagna.
Oggi sembra che solo in Ungheria si preferisca vivere in piedi piuttosto che morire in ginocchio e in maniera autolesionista; si preferisca riflettere piuttosto che emozionarsi a comando.
Mettersi in ginocchio davanti a Dio, la Patria e la famiglia rientra nell’ordine delle cose naturali e non un atto rivoluzionario.
Negli USA e oggi anche in Europa, tutto quello che era considerato normale è diventato anormale, ma anche viceversa: inginocchiarsi vuol essere una forma di rispetto ed una sottomissione volontaria, come nel caso della preghiera a Dio, della fedeltà alla Patria e dell’atto d’amore del matrimonio.
Orban e i suoi ungheresi non hanno fatto alcunché di straordinario: hanno semplicemente voluto ricordare che a casa loro le cose normali restano normali. Quindi un grazie ad Orban e a tutti gli ungheresi, da parte di chi si oppone al pensiero unico e difende la propria identità occidentale.
Eugenio Preta