La democrazia senza “demos”
L’Europa tecnocratica di Bruxelles, lontana dai popoli e vicina alle banche, è riuscita a banalizzare il modello di una delle più antiche e solide democrazie del pianeta che è stata capace di creare i presupposti del vivere insieme: lo Stato di diritto.
L’Unione europea, i cui successi sono ancora tutti da verificare, oggi è riuscita a moltiplicare gli ostacoli alla Brexit, un abbandono da parte britannico pur sancito e legittimato da un refendum popolare. E lo ha fatto dipingendo l’attuale primo ministro come un terrorista antidemocratico solo perché ha chiesto – in conformità del resto ai principi della stessa Costituzione di Sua maestà britannica – di poter sospendere i lavori del parlamento per cinque settimane, il tempo necessario per concludere le procedure Brexit. Boris Johnson ha chiesto di eseguire la volontà del popolo britannico e di poter preparare un programma condivisibile, scatenando polemiche dei media di regime che lo descrivono come un dittatore che ha istigato il popolo contro il suo Parlamento, caratteristica del tanto deprecato populismo.
I Media europeisti e progressisti hanno ormai trovato in quella opposizione tutto ciò che va contro gli interessi delle élite amiche, uno slogan gradito all’oligarchia. In questo modo tentano di castrare la democrazia privandola del “demos”, mettendo a tacere questo popolo insignificante che cerca di intromettersi nei loro affari. La politica, e ancora di più l’economia, sono cose serie che non sono accessibili alla plebe, è necessario che se ne occupino gli specialisti, così il “demos” della democrazia è degradato al popolino del populismo.
Boris Johnson non rispetta il Parlamento e trasgredisce disattendendo una legge che gli imporrebbe di rinegoziare la Brexit e, nelle loro speranze, di ritardare ancora una volta la sua effettiva applicazione. Del resto quegli stessi parlamentari oltraggiati dal loro Primo ministro, sarebbero in pieno diritto di rifiutare elezioni anticipate, vale a dire il ricorso al popolo per rifondare la legittimità del potere.
In questo affare tanto ingarbugliato, la trasparenza sembra essere però dalla parte del Primo ministro, anche se il pensiero unico europeo sta tentando di metterlo in ridicolo. In verità, analizzando la storia, all’origine di questo problema sta un altro primo ministro conservatore, professionista della politica passato da una grande scuola ad un gabinetto ministeriale: David Cameron. Conservatore, ma moderno e compassionevole, temendo la forza degli euroscettici in seno al suo stesso partito, Cameron aveva pensato di essere più furbo degli altri proponendo un referendum sul mantenimento del regno Britannico nell’Unione europea, convinto di un risultato filo europeo che avrebbe seppellito per sempre le velleità dei suoi oppositori.
Una costruzione della mente (la sua) che, se gli aveva fatto vincere le elezioni legislative perché tanti voti popolari si erano riversati sui conservatori – come il pastorello bugiardo che incontra veramente il lupo – alla fine gli ha fatto poi perdere il referendum per cui era stato costretto alle dimissioni. La situazione oggi peggiora perché gli avversari della Brexit, con l’aggiunta degli stessi conservatori filo-europei, dell’opposizione laburista e dei liberali, ai quali si sono accodati gli eletti scozzesi e quelli irlandesi, hanno obbligato il governo britannico ad imboccare una strada piena di insidie, nella recondita speranza di de-legttimare il voto degli inglesi pur bypassando gli interessi superiori dell’intero Regno britannico.
Ma la democrazia consiste principalmente nell’obbedire alle richieste formulate dal popolo sovrano che si è espresso per referendum e lo Stato di diritto si fonda proprio sul rispetto delle norme vigenti. Il voto popolare si pone quindi su di un gradino più alto rispetto alla volontà degli eletti: eseguire la scelta operata dal popolo è quindi un dovere del governo, prioritario e legittimo.
L’assenza di un accordo con Bruxelles, specialmente dal momento che le clausole imposte dalla Commissione sono inaccettabili per la Gran Bretagna, specialmente in riferimento alla frontiera tra le due Irlande, non dovrebbe però impedire una separazione pur legittima.
I deputati britannici, dal momento che ne impediscono in ogni modo l’attuazione hanno praticamente dimostrato che la democrazia non può riassumersi soltanto in un dibattito parlamentare. La Storia del resto non ci dà esempi affidabili di un’efficienza particolare del sistema, né della specifica competenza del fattore umano che si agita nel suo interno. Solo la democrazia diretta può costituire la base portante della legittimità e della legalità, momenti fondamentali della costruzione di uno Stato di diritto.
Eugenio Preta