Si avvicina il crac finanziario ma non c’è pietà per chi predica l’Euroexit
“Europa evoca pochi fantasmi belli”, diceva Malraux nella “Tentazione dell’Occidente”, una corrispondenza epistolare con un immaginario amico orientale per convincerlo della realtà effettiva dell’Europa…
Oggi si discutono e si votano risoluzioni che diventano leggi europee sulla teoria di genere, sui matrimoni omosessuali, sull’accoglienza dei poveretti che arrivano in Europa – meglio in Sicilia – preda di curie, misericordie e cooperative rosse, ma non si concede perdono a chi predica l’uscita dall’Euro o peggio dall’Unione europea.
Per l’Europa unita (nelle banche e nelle lobby) uscire dall’euro sarebbe come innescare un’apocalisse: la rovina dei risparmiatori, dei pensionati, degli impiegati e anche degli assistiti. Significherebbe distruggere le nostre economie, aumentare il costo della vita e fare esplodere il numero dei disoccupati. Tutto questo, però, senza tenere conto che è proprio l’Unione, così come è stata costruita per i finanzieri e per la finanza, la nostra principale rovina e, senza considerare che per riaggiustare le nostre economie si dovrebbe pensare ad un’altra Europa che possa uscire dalla tutela di Bruxelles, come ci sta dimostrando con tanto clamore e tante difficoltà la Gran Bretagna.
Nel 2008, in piena crisi finanziaria, la stessa regina d’Inghilterra intervenendo davanti ad una platea di prestigiosi economisti della London School of Economics si racconta abbia esclamato: “Come abbiamo potuto lasciar succedere tutto questo? Come mai nessuno ha visto niente?”. Una domanda che rimane d’attualità e rilancia la questione dell’euro.
In definitiva euro o non euro? Frutto della passione o della ragione? Con un piccolo particolare da tenere sempre presente: la rovina dei popoli europei non sarà domani, ma è in corso, è già oggi.
Perché il problema nascosto è il debito pubblico degli Stati europei. Un debito colossale: 2.150miliardi di euro, quasi 37mila euro per ogni europeo e per ogni nucleo familiare, tanto che la sopravvivenza del continente è legata semplicemente all’aumento dei tassi. L’economia mondiale vive uno stato di “finanziarizzazione” estrema e l’attività speculativa vince su quella da intraprendere. Le banche mascherano la realtà dei loro capitali, con la complicità dei media che ne affermano la solidità, tacendo sul problema del super-indebitamento che porterà all’esplosione, inevitabilmente al crac.
Un crac è come una bomba a scoppio ritardato: si sa che esploderà, ma nessuno sa quando. Nell’attesa il sistema dei Media passa il suo tempo a mentire, rassicurando i cittadini.
La maggioranza degli europei non si rende ancora conto che il livello delle loro pensioni, dei loro salari, le loro finanze resta nelle mani di finanzieri internazionali, dei fondi pensione e delle Borse che non hanno stati d’animo e che non hanno assolutamente priorità sociali. Non è possibile mettere al rogo i nostri creditori internazionali per annullare i nostri debiti; se domani i tassi impenneranno, i nostri creditori non resteranno inermi, e non saranno le manifestazioni di piazza, e statue bruciate davanti ai parlamenti o black bloc mascherati che potranno fermarli.
Così ci si offrono due soluzioni: mettere la testa sotto la sabbia come lo struzzo e continuare a vivere su di un vulcano come se niente fosse, oppure affrontare un pandemonio come potrebbe rivelarsi la proposta di un Euro-exit. Più avremo aspettato, però, e più sarà drammatica la conseguenza: a scelta, guerra o rivoluzione.
Del resto ci chiediamo: perché questo famoso debito continua ad aumentare? Se non esistesse, il problema dell’euro o dell’Euroexit non avrebbe ragione di esistere. Ma chi è pronto a fare sacrifici per risanare i debiti di banche, governi imprese e Stati sovrani?
Eugenio Preta