Demografia e inquinamento del Mediterraneo
L’inquinamento del Mediterraneo torna periodicamente a prendersi la scena e l’informazione mediatica è sempre più impegnata a biasimare il ricco consumatore, soprattutto europeo, incosciente e incapace di mettere fine ai disastri che lui stesso determina.
Nella colpevolizzazione dell’opulenza occidentale, una grande influenza la esercita il comportamento di alcuni specialisti ambientali, anche se una parte di essi, da qualche tempo sembra contestare quello che il politicamente corretto, attivo in ogni settore, vorrebbe invece dimostrarci.
I mille mediterranei di Braudel, i paesi delle sponde del “Mare nostrum” attraversati nel corso dei secoli scambiandosi guerra e pace, occupazioni, invenzioni e commercio, pur in un clima di guerre e di rivoluzioni ancora vivo, ritornano a confrontarsi sull’inquinamento marino.
Tornano i mille mediterranei e purtroppo la Sicilia, invece di dettare i tempi della transizione verso la democrazia, resta ancorata nell’anonimato di una perduta identità e, alla fine, rimane ancora senza Mediterraneo, rubatole prima dagli inglesi – come era successo quando questi avevano sostenuto il “traditore dei due mondi”, proprio per poter rompere l’egemonia della flotta duo-siciliana nel mediterraneo – poi dai francesi, sempre ambigui nel proteggere i tiranni, ma lesti a scappare quando la situazione precipita (Vespri siciliani, ndr).
Ma oggi che tutto cambia diventa importante creare relazioni di cause ed effetto, senza lasciarsi deviare da conclusioni già preconfezionate. Attorno a questo mare la demografia dell’insieme dei Paesi che costituiscono le sponde nord e sud è aumentata sensibilmente di oltre il 50% negli ultimi quaranta anni. Una demografia aumentata del 14% sulla rive nord e raddoppiata sulle rive opposte. Un fenomeno che ha comportato la costruzione di opere di nuova urbanizzazione per questi nuovi abitanti, con un disequilibrio nord-sud pari al 20% del nord e quasi all’85% del sud.
Considerando che i fenomeni di urbanizzazione, ritenuti oggi tra le principali fonti di inquinamento, sono meglio controllati al nord, al sud, di contro, si assiste ad un utilizzo quasi selvaggio di interi settori rivieraschi, proprio là dove si costruiscono grandi centri urbani maggiori di 3-4 volte a quelli del bacino Nord, con l’inevitabile equazione che all’aumento degli spazi urbani corrisponde la crescita esponenziale di un inquinamento più importante.
Se al nord si registrano solo poche megalopoli di dimensione europea come Marsiglia, Genova, Barcellona, Roma o Napoli e Atene, al sud ritroviamo megalopoli come il Cairo o Istanbul, oggi situate al 10° posto della scala planetaria della densità per abitante. A est poi, nella sola Turchia, troviamo ben dodici città con una popolazione che supera il milione di abitanti.
L’utilizzazione di pesticidi, poi scaricati a mare, appare maggiore nel bacino sud del mediterraneo e l’inquinamento – dovuto anche ai metalli pesanti, residui di miniere dismesse o ancora in attività – risulta superiore sempre in questa sponda sud dove il record appartiene all’Albania che registra la presenza di 6O grammi di mercurio per ogni litro di acqua di mare.
Gli apporti delle industrie europee nei tre grandi fiumi dell’emisfero nord – Po, Ebro e Rodano – con le loro discariche industriali di idrocarburi, sono senza alcun dubbio fonti di inquinamento pesante, ma non possono certo paragonarsi alle 10.000 tonnellate annue riversate dalle raffinerie di Algeri dove gli idrocarburi rappresentano più del 95% delle esportazioni, una voce importante di un’economia arrivata al limite del fallimento.
Tutto questo fa del Mare Nostrum un mare sicuramente inquinato ed identifica nella riva sud del bacino il suo principale inquinatore. A questo dobbiamo aggiungere lo stato delle stazioni di epurazione, obsolete e con una forte percentuale di servizi in cattivo stato e la considerazione che il 60/80% del totale degli abitanti di questa riva sud, non possiede alcun collegamento alla propria rete fognaria.
L’Unione europea, misura e chiave di tutto, è intervenuta con un certa solerzia creando, già nel 1976, il piano d’azione per il mediterraneo, una specie di libro bianco, nel senso proprio di vuoto completo, costituito da dieci protocolli di lotta contro l’inquinamento contro-firmato dai 21 paesi rivieraschi e, come al solito, i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
“Acqua azzurra, acqua chiara“ cantava Lucio Battisti, anche se non sembra proprio il caso di dirlo alla sua maniera: questo povero Mediterraneo sprofonda verso un inquinamento senza limiti e senza controlli, perché dalla maggior parte degli Stati delle riva sud-est, appare oltremodo difficile ottenere informazioni affidabili e anche perché, quaggiù, la vera democrazia… beh, quella appare solo nelle chiacchiere di qualcuno.
Eugenio Preta