Presentato il nuovo progetto di Bilancio dell’Unione europea per il 2021-2027
La Commissione dell’Unione ha presentato al Parlamento europeo il suo progetto di bilancio 2021-2027, caratterizzato dalla conclusione della procedura Brexit finalizzata al marzo 2019.
Cosi’ il nuovo bilancio Ue, il primo senza la Gran Bretagna, prevede tagli di circa il 5% ai fondi Ue di coesione e alla politica agricola comune, ma vede più che raddoppiate o quasi le risorse per migranti (2,6 volte in più rispetto ai fondi ora disponibili), Erasmus e giovani (2,2 volte), sicurezza (1,8 volte), digitale e ricerca (1,6 volte), al fine di un funzionamento efficace e indipendente delle istituzioni.
Già, difficilmente indipendente pero’, perché la questione chiave riguarda i contributi nazionali, che molti falchi del bilancio vorrebbero vedere diminuiti dopo la Brexit (una su tutti, l’Olanda).
La Commissione ha fatto una proposta che mantiene un budget alto per una Unione più piccola, ma questo implica contributi più alti da parte degli Stati membri e, soprattutto misure controverse che prevedono riduzioni importanti specialmente nel comparto della politica agricola e di quella regionale, dove peraltro viene creato il parallelismo tra richiesta di sovvenzioni e rispetto dello Stato di diritto, mettendo nel mirino proprio Varsavia e Budapest, alunni contestatori del generale appiattimento al verbo comunitario.
Secondo il commissario al bilancio, il tedesco Oettinger, le proposte sono equilibrate e prevedono l’aumento dei fondi globali , nonostante i tagli del 6% al comparto agricolo, la famosa PAC, sin dall’origine politica basilare dei trattati, e dell’8% per i fondi di coesione di cui proprio paesi dell’est sono diretti beneficiari.
Un cocktail di economie e di nuove risorse che dovrebbe dare nuovo smalto all’Unione che, dal prossimo marzo 2019, tornerà a 27 stati senza la Gran Bretagna,ma renderà l’equazione del quadro finanziario pluriennale ancora più complicata con un buco annuale di 14 miliardi già a partire dal 2020, ultimo anno calcolato con il contributo britannico, una rottura che obbligherà i 27 a trovare risorse supplementari per finanziare nuove politiche in materia di difesa o di migrazioni, senza rinunciare alle vecchie politiche che già necessitano di fondi più importanti degli oltre 1000 miliardi già fissati nell’ultimo piano budgetario 2014-2020.
L’Esecutivo spinge per un bilancio che possa superare il limite attuale dell’1% del PIL cumulato dagli Stati membri. Secondo fonti vicine a Bruxelles la barra dovrebbe stabilizzarsi all’1,114%, con l’obbligata applicazione di tagli che colpiscono la PAC e le politiche di coesione per le regioni che presentano maggiori ritardi economici, due settori che hanno rappresentato rispettivamente il 37 e il 35% del bilancio globale UE.
Sacrifici difficili da accettare , da una parte dagli agricoltori francesi, i principali beneficiari degli aiuti diretti della PAC ,e dall’altra dai paesi dell’est, che vedrebbero i fondi di coesione ri-orientati verso paesi che conoscono una forte disoccupazione giovanile e importanti fratture territoriali .
Paesi dell’est, specialmente la Polonia e l’Ungheria , oggi ancora più sulla difensiva perché sono gli unici che si oppongono allo strapotere di Bruxelles e si sentono interessati direttamente dal progetto dell’Esecutivo che vuole legare il versamento degli aiuti europei al rispetto dello stato di diritto.
Questa contromisura viene evocata da molti paesi soprattutto per risolvere il braccio di ferro tra Bruxelles e il governo conservatore polacco, accusato di una riforma della giustizia che minaccerebbe l’indipendenza dell’intero sistema giudiziario.
Per portare a buon fine la pesante procedura lanciata dalla Commissione, l’idea è quella di ricorrere, in casi similari, alla pressione finanziaria, misura che il viceministro polacco per gli affari europei, Konrad Szymanski, già membro dell’UEN e dell’AEN ,ha rifiutato perché il meccanismo renderebbe la gestione dei fondi uno strumento arbitrario di pressione politica.
Paesi come l’Austria e i Paesi bassi si sono mobilitati contro l’aumento del contributo netto che invece altri Paesi, Francia e Germania in primis, si dicono disposte ad accettare.
Il nuovo progetto di bilancio iscrive fondi piu’ importanti per il comparto delle tecnologie e del numerico, per la ricerca, per la difesa europea ed ancora per la protezione delle frontiere esterne, con la proposta di moltiplicare per 5 la composizione degli effettivi Frontex dopo il 2020, portandoli a 6ooo unità.
Siamo quindi alle solite: il funzionamento delle Istituzioni necessita di fondi e questo dibattito che comincia sul Bilancio 2021-2027 si annuncia complicato dalle esigenze degli stati membri che, se da un lato chiedono maggiori risorse, dall’altro si dimostrano restii a concedere a Bruxelles sovvenzioni supplementari dai loro bilanci nazionali già ridotti da una recessione economica che non vuole diminuire e dalle nuove sfide che si delineano all’orizzonte. Unica strada percorribile resterebbe quella di ricorrere alla creazione di nuove risorse proprie per ovviare alle difficoltà. Ma il dibattito è difficile ed è reso ancor più difficoltoso dalla necessita’ di dover trovare l’unanimità in seno al Consiglio. Allora Winston Churchill aveva annunciato “blood, sweat &tears”, oggi l’Unione fa lo stesso, anche se poi, alla fine, ci sarà sempre qualcuno che riuscirà a trarre vantaggio dai sacrifici (degli altri).
Eugenio Preta