Lussemburgo e il paradosso dei Paesi piu’ ricchi: rallentare la crescita economica
Una tematica molto sentita, soprattutto alla vigilia di tanti confronti elettorali, vivacizza il dibattito politico: la crescita delle economie.Certamente in controtendenza rispetto ai cliché di molti governi, il problema che si pongono i Paesi più ricchi sembra essere proprio quello di limitare la loro crescita economica.
Ma quali sono i paesi più ricchi del mondo, le nazioni che registrano una costante crescita economica e che vivono in pieno benessere, molto più che negli altri Stati?
Ci ha pensato l’FMI che, analizzando il loro PIL pro capite, su dati del 2018, ha stilato una speciale classifica dei 25 Paesi più ricchi: la Gran Bretagna al 25° posto, dietro Francia e Germania; il Belgio al 20° posto; l’Irlanda al 9°posto precede addirittura gli USA (10°) e a seguire la Svizzera (8°). L’Italia, al 31° posto, rimane fuori da questa classifica guidata rispettivamente dal Qatar, lo Stato più ricco del mondo e dal Lussemburgo, il più piccolo Stato europeo. Il Granducato di Lussemburgo è un Paese in vertiginosa crescita che se da una parte ne determina l’aumento costante del prodotto interno lordo, dall’altra crea sempre nuove entrate per il fisco.
L’ingresso nel paese di nuovi residenti, così come il numero dei lavoratori transfrontalieri sempre in aumento, contribuiscono a far crescere le spese per la sicurezza sociale, le cui prestazioni – molto generose rispetto a quelle elargite da altri paesi – costituiscono il fiore all’occhiello dello Stato. La crescita economica costante, permette allo Stato di finanziare una politica sociale apprezzabile, senza dover aumentare le tasse e garantendo pensioni abbastanza agiate.
Una crescita economica che comporta però una serie di inconvenienti per il cittadino: gli ingorghi ormai endemici del traffico nelle ore di punta, il rialzo dei prezzi del mercato immobiliare, la necessità di rallentare l’incidenza ambientale e il bisogno impellente di nuove strutture pubbliche che diventano sempre più care.
Dall’analisi di questa situazione nasce una proposta, attualmente in discussione, di combattere queste criticità, che creano disagi ai cittadini, risalendo alla loro origine: la crescita smisurata definita “indomabile”. Ma limitare la crescita di un paese come il Lussemburgo potrebbe avere un senso? La risposta, doverosamente negativa, appare scontata perché nessuno di quelli che auspicano il rallentamento della crescita sarebbero disponibili a cancellare le “provvidenze” dello stato sociale.
Il quesito potrebbe essere risolto con una soluzione miracolo: una forma di sviluppo quantitativo rispettoso dell’ambiente e a coefficiente di manodopera ridotto. Certo diventerebbe difficile per il Lussemburgo abbandonare l’attuale modello di sviluppo, anche se molte statistiche confermano la diminuzione della produttività individuale e l’aumento di specializzazioni tra gli attuali salariati.
Sicuramente impensabile continuare la crescita economica con l’attuale modello lineare di consumo. L’unica soluzione per limitare la crescita potrebbe essere quella di aumentare in maniera considerevole le tasse, che certamente renderebbe meno attrattivo il Paese e scoraggerebbe le imprese a trasferirsi in loco. Si potrebbero chiudere addirittura le frontiere, contravvenendo anche alle regole europee, seguite come vangelo dai rappresentanti del Paese.
Alla fine, questo sviluppo ritenuto ”indomabile” che – sfortunatamente per noi – tocca solo pochi Paesi considerati ricchi ed in crescente sviluppo, rimane confinato ad una “Città Ideale” dove spese, servizi e benessere del cittadino dovrebbero essere garantiti da una sana amministrazione statale, pronta ad obbedire ad un fenomeno naturale, strettamente legato ad ogni forma di crescita economica che oggi sarebbe opportuno finalmente programmare e canalizzare per renderla fruibile a tutti: il progresso.
Eugenio Preta