I Paesi dei Balcani occidentali si preparano ad entrare nell’Unione europea
“Andare riformando” è stata la massima cara ai padri fondatori dell’Unione Europea nel lento cammino che prevedeva un’Europa unita e solidale. Invece le tappe di questo progetto europeo – suggestivo se fosse veramente riuscito a creare l’unione politica degli Stati europei – è naufragato, creando solamente una grande area di libero scambio in cui persone, capitali e merci… (e criminalità), circolano ormai senza regole né sicurezze, subiscono ciclicamente accelerate senza senso con una sola logica: ampliare un mercato che si vuole sempre più grande e senza frontiere.
Sicuramente prima di allargare questa Unione europea a Paesi economicamente poco omogenei, forse sarebbe stato più logico cercare una maggiore coesione tra gli Stati già membri, proprio per dare un senso a quell’andare riformando di cui dicevamo sopra. Ma gli attuali padri fondatori, non più eminenti politici ma burocrati senza scrupoli, hanno fatto del dogma liberista la loro filosofia e sembrano impegnati soltanto a poter offrire sempre più spazio vitale alle logiche del mercato aperto.
La logica svelata dallo stesso commissario europeo Hahn, è quella di integrare rapidamente i Balcani nell’Unione europea in modo da allargare ulteriormente il grande mercato unico, con buona pace degli Stati membri e dei loro cittadini che avevano pensato al processo di Berlino come ad un fine e non ad un mezzo. Al momento, in verità, solo la Croazia è membro effettivo dell’Unione perché ha raggiunto gli standard stabiliti da Bruxelles, che già si vede impegnata ad abbassare i criteri di ammissibilità, proprio per permettere l’arrivo di quegli Stati usciti dall’atomizzazione sanguinosa della ex-Iugolsavia, come aveva già fatto nel caso dell’adesione di Bulgaria, Romania e di Cipro, stato membro occupato da una potenza straniera senza che peraltro scattasse quella solidarietà dei Paesi membri in caso di aggressione, già prevista dai Trattati.
A questo punto sarebbe legittimo chiedersi quali vantaggi potrebbe portare l’allargamento ai Paesi dei Balcani occidentali ad un’Unione già lacerata dalle decisioni verticistiche lontane dalla gente e messa in discussione politicamente in molti dei suoi Stati membri. Sicuramente nessun vantaggio, anzi molte criticità, rese ancor più chiare dalle dichiarazioni di media schierati, come il think tank OBC Transeuropa che non si oppone ed anzi sentenzia che i Balcani debbano essere integrati rapidamente, non perché ci sia stato un progresso della democrazia, della legalità e dello stato di diritto, ma perché – udite, udite – bisogna assolutamente salvarli dalle loro industrie liquefatte e in stato di abbandono, dal delirante debito interno ed esterno, dalla disoccupazione galoppante, dalla mancanza di investimenti, da un’amministrazione statale pletorica e autoreferente.
A questi problemi già gravissimi, aggiungiamo anche quelli che passano sotto il silenzio dei censori compiacenti, come i gravi problemi delle istituzioni pubbliche, della legislazione molto al di sotto degli standard europei, della corruzione endemica che colpisce ogni strato del vivere civile, del non rispetto dei diritti dell’uomo, e delle tensioni sempre latenti tra Kossovo e Serbia.
Gravi criticità volutamente trascurate che non sarebbero complete se si sottacesse la difficoltà che creerebbe la presenza di un islam dadaista in Kossovo e in Bosnia ed in molte frange della popolazione albanese, tre paesi, in fin dei conti, che rispondono direttamente agli ordini dei grandi Fratelli musulmani del Medio Oriente, e soprattutto al paternalismo della Turchia di Erdogan per il quale queste regioni, vere e proprie enclave ottomane nel cuore del continente europeo, sono destinate a ritornare presto nel loro alveo naturale: l’influenza di Istanbul.
L’Unione europea però sembra fingere di non capire e accetta quasi all’ unanimità ogni proposta di integrazione sempre più spinta, di popoli ancora in difetto di democrazia, e questo solo per obbedire all’ideale liberista dell’estensione senza limiti del grande mercato unico. Lo stesso presidente dell’esecutivo europeo, Juncker, sembra essere un convinto fautore di un’Europa allargata a 32 Stati proprio per superare quel fossato che si è creato tra l’Europa dell’Ovest e l’Europa centrale che oggi rischia di allargarsi ulteriormente. Così, i Soloni di Bruxelles ritengono che solo l’adesione dei paesi dei Balcani possa essere percepita oggi come un‘ipotesi positiva e salvifica, una specie di ponte gettato tra due culture.
Differenti e poco affini: “Bridge over troubled water”, diremmo noi, parafrasando Simon & Garfunkel. Secondo il sentire di questa Europa dei tecnocrati, incapace di interpretare le esigenze dei cittadini, tutti i paesi dell’Unione (che oggi versano in uno stato di grave crisi economica e politica) sognerebbero l’adesione di Stati in difetto di democrazia e di economia ed avrebbero una sola aspirazione da attuare, più o meno a breve termine: quella di rafforzare l’euro, consolidare l’unione bancaria, stabilire lo spazio Schengen, creare la difesa comune e la cooperazione giudiziaria…
Noi lo diciamo da tempo: questa Europa ha bisogno di fermarsi ed essere rifondata seriamente. Non dite poi di non essere stati avvisati.
Eugenio Preta
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