La politica europea svolta a destra
L’Unione europea dopo Maastricht è fallita. Da qualche tempo le crisi si susseguono senza tregua: Si contesta da più parti l’euro, una moneta solo prestata dalla Banca centrale europea agli Stati sovrani; la Gran Bretagna ha votato per abbandonare l’Unione nonostante i privilegi ottenuti; la Grecia soccombe ai creditori; le industrie europee si svalutano, la disoccupazione in Italia galoppa; i flussi migratori continuano senza pausa e le città europee rimangono preda degli attentati dei fanatici islamici. Per i dirigenti europei però esiste un solo problema: la crescita di movimenti, superficialmente e vigliaccamente, apostrofati come populisti.
La costruzione di questa Europa che ha impegnato i “padri fondatori” e che è continuata nel tempo caparbiamente nel primato del grande mercato aperto e della finanza, oggi vive un momento di grave crisi ed è sbalorditivo constatare come tutti ritengano, solo adesso, che questa Unione di Stati debba essere riformata profondamente, arrivando persino a ipotizzare diversi livelli di integrazione, sconfessando la base dello stare insieme costitutivo e, implicitamente, rimettendo in discussione trattati e accordi già stipulati che, alla fine, svelano l’impotenza politica e strategica di questa Unione.
Per lunghi anni, i dirigenti europei hanno ritenuto che l’ombrello della Nato li avrebbe protetti sufficientemente ed hanno trascurato gli eserciti nazionali e la cooperazione militare. D’altronde come avrebbero potuto fare altrimenti? Distratti dall’economia e obbligati dai movimenti pacifisti prevalenti e dal relativismo colpevole che hanno messo ai margini delle politiche europee, come attenzionare le esigenze reali dei cittadini, le loro richieste di sicurezza e solidarietà?
E’ così che i partiti di governo hanno abbandonato le periferie, lo stato sociale, la classe media, il bisogno di welfare, e si sono gettati sui massimi sistemi, sul terzo e quarto-mondismo, sul garantismo eccessivo, sul relativismo dei valori, sul pacifismo e sull’accoglienza dei disperati, costi quel che costi, giustificando il tutto con il buonismo tipico ormai di questa società in lenta agonia.
Permetteteci di dire, parafrasando il famoso Manifesto “che uno spettro si aggira per l’Europa” (C. Marx) – ma aggiungeremmo anche che “una civiltà muore della morte dei suoi istinti” (P. Valery). Non si tratta più di lotta alla borghesia, che chissà dove sta rintanata, quanto piuttosto del pericolo che “avvertiti” commentatori mediatici, allarmati dai segnali che colgono nell’opinione pubblica, definiscono populismo o deriva verso destra della società contemporanea.
Guai a dire che l’origine di questa crisi risiede proprio nel dogma di questa società occidentale, costituito da quel liberalismo che ormai ha abbandonato il piano teorico di dottrina politica, un piano per distruggere la sovranità degli Stati e creare un nuovo potere mondiale, una vera e propria prassi di potere, un sistema senza ideologia con il fine ultimo di instaurare quella “rete di intrighi estesa sul mondo” di cui parlava il filosofo Moeller nel 1923.
La gente questo l’ha capito e cerca di sostituire la classe auto-referente con nuovi movimenti, nuove tendenze che, proprio perché in antitesi al liberalismo imperante, vengono definiti populisti. In verità, la socialdemocrazia mondiale, incarnata ancora oggi da stanchi paladini in apnea, appare arrivata alla sua agonia finale. Si tratta della fine di un lungo ciclo storico o solo di una crisi transitoria? Indubbiamente le conseguenze della Grande crisi del 2008 hanno concorso a determinare la parabola discendente di questa sinistra riformista.
Ma senza nasconderci ancora dietro un dito, vogliamo sottolineare due fattori che, secondo noi, più di ogni discorso esegetico costituiscono le cause scatenanti di questa reazione “populista“ da parte dell’opinione pubblica: L’ostinata gestione dei flussi ininterrotti di migranti, a cui non si vuole porre rimedio, e la crisi morale della classe politica, ogni giorno in primo piano su tutte le cronache giudiziarie per tangenti, mazzette, collusioni malavitose, spartizioni e nepotismi vari.
Ormai i giochi sono sul tavolo e la destra, e l’estrema destra, che si credeva fossero state bannate per sempre dalla scena politica europea, ritornano oggi, con grande clamore, nel dibattito.
Eugenio Preta