La scoperta dell’America e l’attuale fenomeno dell’immigrazione
La fine del Medio Evo e l’inizio dell’Era Moderna è, per gli storici di tutto il mondo, il giorno in cui un navigatore genovese, convinto di inaugurare una nuova via verso l’India, passando non da est, ma da ovest “buscar el levante por el poniente” – diceva – scopre l’esistenza del continente americano.
Forse era l’11 o il 12 ottobre del 1492 quando Cristoforo Colombo, dopo un viaggio avventuroso di sei settimane, prese possesso, in nome dei Re Cattolici, di una piccola isola delle Bahamas che, in onore del Cristo, volle chiamare San Salvador.
Così facendo, metteva in contatto l’occidente cristiano con una comunità indigena, che là si era sviluppata in maniera autonoma da migliaia di anni. In effetti, quello sarebbe stato il primo vero incontro del mondo occidentale con un altro mondo, un incontro fatto inizialmente di fascino, e poi di repulsione.
Dalla bellezza dei luoghi incontaminati e dall’entusiasmo con cui venne accolto, Colombo credette di aver scoperto davvero il paradiso terrestre, e il resoconto entusiasta che ne fece, fu all’origine del mito del mondo nuovo e del dogma che compenetrò, nel tempo, gli illuminati e i progressisti secondo i quali l’uomo nasce buono, ma la religione giudaico-cristiana lo trasforma.
A poco a poco si è venuta insinuando la convinzione che il cristianesimo, identificato come un peccato originale, sia stato la causa di ogni squilibrio psicologico, politico ed esistenziale, mentre le altre culture straniere, siano state percepite sistematicamente come positive e seducenti.
Continuando ad esplorare quelle isole, la sensazione del paradiso ritrovato si insinuò nel racconto dell’esploratore, anche se, mano a mano che si spingeva verso sud, si rendeva conto di quanto poco c’era di paradisiaco, quando si accorse dei massacri, delle lotte tribali e dei sacrifici umani quotidiani, offerti a divinità improbabili. Il presidio di uomini, lasciato da Colombo nelle Antille quando ritornò in Spagna, si scontrò con questo mondo ostile e non riuscì a sopravviverne.
I successori di Colombo, i conquistadores, gente spietata e assetata delle ricchezze di quei continenti, in nome di un loro Dio, si macchiarono dei delitti più efferati, anche se rimasero essi stessi scioccati dalle pratiche correnti di molte di quelle culture americane che poi, gioco forza, servirono da modello anche ai più smaliziati conquistatori.
Il parametro della Storia è scandito anche da musiche che abbiamo fatto nostre… ricordo un pezzo di Neil Young che parla delle sabbie e di Montezuma e del suo oro, e di Cortez definito giustamente “Cortez the Killer”.
Ora, più il contatto con le culture del terzo mondo si faceva intenso, più era sempre più chiaro che non si poteva affermare che tutte le civilizzazioni dovevano ritenersi equivalenti. Alcune civilizzazioni trasmettevano ai loro membri, pratiche, valori e precetti oggettivamente tanto abietti, che di per se stessi, rigettavano l’idea di dover essere rispettate in nome di un universalismo e di un relativismo dogmatico.
Restiamo convinti che ogni civiltà detenga, “in nuce” , valori e dignità proprie, ma non possiamo accettare l’idea di un relativismo imperante che le pone tutte sullo stesso piano. La civiltà occidentale ha creato sì lotte, guerre, crociate, olocausti ed inquisizioni, ma ha creato soprattutto valori universali riconosciuti, come le Istituzioni, la Democrazia, la Giustizia, lo Stato, il Diritto, l’Arte, la Legge, per tutto ciò riteniamo doveroso sostenere un ordine gerarchico, in cui la nostra civiltà occidentale occupi, giocoforza, un assoluto primo piano.
Nel momento in cui in molti territori del continente europeo, oggi, si stanno ricostituendo culture tribali ultra-violente, nel momento in cui i Soloni progressisti e ultraliberali riescono a minare l’Europa dal suo stesso interno, imponendo flussi migratori indiscriminati e senza regole, sarebbe bene ricordarci che se l’arrivo di profughi cristiani d’oriente o di yazidi perseguitati in Siria o in Iraq in un qualsiasi quartiere delle nostre città europee, può determinare un momento di aggregazione e di comune ritrovarsi, ma, l’accoglienza indiscriminata anche dei loro carnefici rischia di farci tornare indietro nei secoli e di farci ripiombare nello stesso terrore che ebbero a vivere, lontano nel tempo, i primi 39 colonizzatori lasciati da Colombo nelle Americhe.
Eugenio Preta