Un mondo dominato dalle macchine
In epoca “gloriosa”, la conoscenza era un valore indiscusso.Ulisse viene descritto da Dante come l’uomo capace di abbandonare patria e famiglia per cercare di sapere, per conoscere il mondo al di là’ “delle colonne di Ercole”. Dalla esigenza della conoscenza empirica, nel corso di secoli, all’era dei bisogni e alla necessità’ di saziare questi bisogni.
Esplorare nuovi orizzonti, ma non solo metaforicamente , divenne il messaggio, e lo scibile umano aguzzo’ la mente e si diresse verso le attività’ che costituivano la preoccupazione maggiore per provvedere sviluppo e avvenire ed alleviare le fatiche quotidiane.
Il mercato del lavoro nel corso dei secoli si è’ visto confrontato con le esigenze di un’efficienza produttiva che doveva essere sempre maggiore per adeguarsi al mercato del grande consumismo mondiale.
Un conflitto storico tra necessita’ e possibilità’ scatenato già’ dalla prima rivoluzione industriale, ossia dall’introduzione di quella macchina a vapore che ha originato le fobie dei lavoratori ,minacciati da cotanta novita’
Proprio in questo secolo si sviluppava in Inghilterra un movimento di protesta contro la meccanizzazione dei cicli della tessitura, che dal suo fondatore Ned Ludd prese il nome di luddismo.
La reazione luddista si sviluppava in opposizione alla meccanizzazione della tessitura nello specifico, più’ in generale alla meccanizzazione del lavoro che rischiava di mandare a a casa molte persone.
Oggi non è’ l’automazione a creare disoccupazione, ma il vecchio luddismo non sembra scomparso perché’ anche nella nostra società contemporanea, certo in forme più compassate, m possiamo comunque scorgere una ricorrente paura della macchina e del lavoro che essa svolge al posto dell’umano.
Pensiamo alle critiche luddiste rivolte al computer, ; pensiamo al luddismo che vuole emancipare la produzione agricola da un efficientismo artificiale e velenoso; pensiamo al luddismo ecologista che propone il bando cittadino delle automobili; pensiamo all’artigiano luddista che si batte per sottolineare la differenza fra il prodotto fatto in serie e quello artigiano
L’uomo sostituito dalle macchine quindi, un’idea che ha attraversato le epoche e gli spiriti, dalla letteratura al cinema ?L ‘arte è’ piena di opere che rappresentano l’uomo in un mondo dominato dai robot, contro i quali si ribella e combatte.
L’avvento dell’eletticita’ e del numerico furono delle rivoluzioni, come l’avvento delle nanotecnologie e di altre scienze che riguardavano la robotica.
Ora ogni rivoluzione ha avuto come suo corollario la distruzione del lavoro. Cosi’, nell’era dell’automobile , ad esempio, i cavalli sono stati meno impiegati per il trasporto ,cosa che ha costretto alla pensione cocchieri e fabbricanti di diligenze .
La robotizzazione del mondo sarà’ una rivoluzione dalle conseguenze equivalenti alla scoperta dell’elettricità, e la realtà’ rischia di oltrepassare i limiti della finzione.
Un primo rapporto dell’istituto Nomura nel 2013, effettuato in collaborazione con l’Università’ di Oxford , calcola che il 49% degli impieghi in Giappone entro il 2035 sarà’ occupato interamente da robot.
Secondo questo rapporto gli Usa arriverebbero al 47% e la Gran Bretagna al 35%. Si tratta di occupazioni ripetitive nel settore industriale.
Lo scorso anno uno studio condotto in Francia riportava che la robotizzazione avrebbe minacciato entro il 2025 ben 3 milioni di impieghi.
Settori importanti e svariati come la finanza, il turismo o l’agricoltura , sarebbero i più’ minacciati e oltre il 20% dell’occupazione potrebbe essere sostituita da robot o da macchine automatiche.
La disumanizzazione sarebbe la deriva conseguente alla paventata sostituzione, una sorta di esaurimento fisiologico dell’essere umano, che è’ talmente stanco di se stesso , da accettare la cessione di una vasta parte di sua umanità’ a vantaggio dei robot.
L’isteria è’ tale che la Bbc propone addirittura un simulatore che serve a calcolare le probabilità’ esistenti perché’ un mestiere possa venire toccato dalla robotizzazione .
E sei commentatori telefonici o i gestori di conti o dei call center arrivano in testa alla classifica con il 98 % delle probabilità’ di cancellazione, i giornalisti da parte loro,con il solo 8% statistico , sembrano poter conservare la loro attività’ benché’ esistano attualmente sistemi logiciel capaci di redigere articoli nel settore del giornalismo economico finanziario che mettono nell’angolo pure le penne più’ argute.
Si spera solo che i giornalisti , alla fine, non cadano nella trappola del gossip ad ogni costo , non si lascino manipolare e possano essere più’ obiettivi dei nostri attuali media.
Eugenio Preta