L’INGHILTERRA SI E’ SALVATA, MA L’ITALIA DIFENDE ANCORA UN’UNIONE EUROPEA CHE L’HA RESA POVERA E FALLITA
L’Italia si conferma un Paese a perdere. Dopo aver fatto terrorismo contro l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, dopo aver utilizzato i sondaggi non per raccontare come stavano le cose, ma per cercare di orientare gli elettori inglesi (un’operazione mediatica penosa fatta all’unisono da tutta l’informazione dell’Unione Europea), il nostro Paese, o meglio, chi lo governa, prova adesso a sminuire un risultato storico: gli inglesi, popolo di grande civiltà e di grande cultura (con storici che scrivono la storia per quella che è e non sotto dettatura dai potenti di turno, come fanno in buona parte in Italia) hanno detto NO alla finta Unione Europea governata dalle banche e dalla finanza mafiosa a trazione tedesca.
Il giocattolo si è rotto. L’Euro – vera e propria teratologia monetaria – diventerà, con il passare del tempo, sempre più insostenibile. Ci sarà un effetto domino, tant’è vero che gli ‘europeisti’ pensano già di abolire i referendum nei Paesi europei che non sono sotto diretto controllo delle mafie finanziarie e delle banche (l’Italia, purtroppo, non è tra questi).
Il vero problema è l’Italia. Negli anni ’70 del secolo passato lo scrittore Carlo Cassola lanciava una provocazione: una sorta di sfida alla “Cultura italiana compromessa”. Cassola avvertiva che il male oscuro che controllava i meccanismi che portavano a selezionare solo di certi romanzi e di certi scrittori a scapito di altri rischiava di permeare tutto il Belpaese. E così è stato. Negli anni ’80 la letteratura italiana non ha scoperto grandi scrittori. Leonardo Sciascia, che verrà a mancare proprio alla fine degli anni ’80, resterà quasi isolato e attaccato dalle massonerie e consorterie di varia natura.
Nel frattempo il cancro della “cultura compromessa” ha invaso le università, il sindacato e molti dei luoghi di rappresentanza democratica.
La massoneria europeista – che aveva iniziato il ‘lavoro sporco’1980 con il ‘divorzio’ tra Tesoro e Banca d’Italia – ha fatto il resto, in un Paese che, come mi spiegò una decina di anni fa il professore Carlo Dominici, non considera l’economia come formazione di base per la cultura del nostro tempo.
Così, senza riflettere sugli aspetti keynesiani della nostra Costituzione, grazie all’europeista Napolitano piazzato, non a caso, alla presidenza della repubblica, abbiamo vulnerato la nostra Carta fondamentale introducendo l’equilibrio di bilancio, negazione del keynesismo economico.
Non contenti di questo, non riusciamo a guardare a come l’Euro ha impoverito il nostro Paese che, ancora a fine anni ’80, aveva le partecipazioni statali tra le più importanti al mondo.
Oggi ci ritroviamo con 8 milioni di poveri integrali e con gli sbarchi di disperati gestiti da una cricca di speculatori. Spendiamo per gli immigrati una valanga di soldi. Facendo finta di non sapere che, su ogni 10 Euro dirottati per gli immigrati, appena 3 Euro vengono spesi per questi disgraziati, mentre 7 Euro vanno nelle tasche degli speculatori. Se aggiungiamo gli appalti dei Cara e altri ‘ammennicoli’ vari – come hanno osservato i protagonisti di Mafia Capitale – con gli immigrati si guadagna più che con la droga.
Siamo diventati un Paese povero, con gli stipendi dei pubblici dipendenti tra i più bassi d’Europa, riempiti di tasse fino al midollo. Con un debito pubblico truffaldino che, nonostante i sacrifici imposti agl’italiani, è passato da poco più di mille e 800 miliardi di Euro del 2011 a quasi 2 mila e 300 miliardi di Euro attuali.
Ci stanno massacrando. E cosa fanno i politici italiani? Attaccano gli inglesi che, con lungimiranza, non sono entrati nell’Euro e che, con altrettanta lungimiranza, sono usciti da una finta Unione Europea dove dettano legge le banche e la finanza mafiosa.
Il nostro è un Paese che fa veramente pena.
Giulio Ambrosetti