Il significato implicito del voto Brexit
Alla fine degli anni 90 sir Karl Popper, riferendosi ai mezzi di comunicazione di massa avvertiva sul loro uso incontrollato tanto che, addirittura, prevedeva per gli operatori del settore una specie di patentino e, riferendosi particolarmente alla televisione la trattava di “cattiva maestra”.
Oggi che sono misura di tutto, i media agiscono sulla società per educare ed indirizzarne i gusti e le mode, più grave quando intervengono per orientare il dibattito politico, peggio quando pretendono di aver orientare il voto al cittadino.
Pubblicati dal Guardian gli ultimi sondaggi (telefonici) sul Brexit – il prossimo referendum che chiederà ai britannici di restare o uscire dall’Unione europea – mentre il ministro delle Finanze, uno dei personaggi più impegnati per il si’, si premurava a prefigurare i possibili contraccolpi economici che un eventuale abbandono dell’Unione avrebbe causato alla Gran Bretagna, quantificando in 4.300 sterline annuali (circa 5.400 euro) il danno che ogni famiglia di sua maestà verrebbe a soffrire dal Brexit.
Secondo le risposte (telefoniche sempre) al sondaggio, il prossimo 23 giugno il 54% dei britannici voterebbe per confermare l’adesione della Gran Bretagna all’Unione europea, mentre se il 46% ha manifestato la sua intenzione di votare per l’abbandono, il sondaggio, molto autorevole a detta di fonti governative, non si è preoccupato di contare chi invece si è dichiarato ancora indeciso.
Cameron, dopo le gaffes di Obama, dimostra sempre più di essersi incartato tra promesse elettorali e agi del potere mentre questo Brexit esce finalmente dai giochi di società virtuali e diventa una realtà che affigge il tanto deprecato “out” come opzione vincente. Se Cameron immaginava di aver recuperato qualche vantaggio elettorale dalle concessioni ottenute dai Soloni dell’Unione nei lunghi negoziati in avvicinamento al voto, si è sbagliato di grosso perché in realtà il fronte dell’OUT avanza senza tentennamenti.
Nella vita politica britannica l’euro-scetticismo ha rappresentato sempre una costate storica, tanto a destra quanto a sinistra degli schieramenti. Entrata in ritardo nella Comunità degli Stati membri, nonostante l’opposizione feroce fatta dal generale De Gaulle, la Gran Bretagna é riuscita a ritagliarsi sempre uno status speciale, giustificato, in parte, dal suo essere isola continente.
Da qualche tempo l’UKIP di Nigel Farage si è conquistato la leadership della contestazione anti-europea e questo refendum, alla fine riviene merito proprio del deputato europeo, presidente del gruppo delle libertà e delle democrazie, gruppo che in Europa comprende anche Grillo e i 19 deputati del movimento 5 stelle.
Oggi allo schieramento per il Brexit vanno aggiunti anche i dissidenti del partito conservatore, capeggiati dal focoso sindaco di Londra, Boris Johnson, vero battitore libero dei tories che difende pero’ con intelligenza politica il Brexit, alimentando il fiero sentimento nazionale britannico ma identificando anche un contro-modello di sovranità nazionale, slegato da vecchie logiche nazionaliste e proiettato verso il futuro.
Il fronte Brexit può contare pure del sostegno di alcuni ministri di Cameron, come il ministro della giustizia , Michel Gove ma anche di alcune insospettabili star del pop, primo fra tutti lo stones Mick Jagger, da tempo segnalato a sinistra pur se mai troppo impegnato politicamente, oggi una novità mediatica molto interessante ma volutamente passata sotto silenzio da media e tivù.
Il partito laburista appare schierato molto timidamente a favore del mantenimento britannico nell’Europa; un sostegno non molto chiaro dal momento che il rosso James Corbyn, da poco eletto a sorpresa capo del partito, già nel corso del referendum del 1975 per l’entrata nella Unione euroea, aveva votato decisamente NO.
Ufficialmente oggi, obbligato dal partito, Corbyn si è impegnato per il si’, come fanno del resto pure deputati conservatori, in controtendenza alle direttive del loro gruppo di appartenenza..
I giochi restano aperti a poche settimane dall’apppuntamento che rappresenta una tappa importante per i popoli che hanno deciso orgogliosamente di opporsi ad istituzioni sovranazionali, nominate a dispetto del voto dei cittadini.
L’opposizione ad un’Europa che continua senza sosta la sua opera di omogenizzazione cancellando le singole sovranità specifiche degli Stati Nazione, rimane molto presente in Gran Bretagna.
I britannici, attraversati da una migrazione ormai consolidata che cercano di bloccare con la forza a Calais, rifiutano di autorizzare attraverso l’asse franco-tedesca l’effettiva invasione del Continente e per di più contestano i piani di questa Unione che sta negoziando il suo allargamento progressivo, come fosse territorio europeo, anche alla Turchia, che i libri di scuola riportano ancora come Asia minore.
Il “perfido Albione” di dannunziana memoria, potrebbe finalmente suonare l’allarme e contribuire a risvegliare la coscienza degli europei e convincerli finalmente a recuperare la sovranità caratteristica peculiare dei loro Stati nazione ceduta oggi ad istituzioni in debito di democrazia.
Aperta una breccia nel grande mercato senza controlli che è diventata questa Unione europea, domani forse la Gran Bretagna celebrerà la sua Brexit seguita poi, come in un grande gioco di scatole cinesi, chissà da quale altro insospettabile Paese membro.
Eugenio Preta