Povera Europa
Parafrasando “povero Belgio!” l’esclamazione di Baudelaire quando , trasferitosi a Bruxelles, pubblicò Lettere dal Belgio, una serie di ferocissime satire sull’intera nazione, oggi anche noi osiamo dire: “povera Europa” .
Novelli Baudelaire, ci interroghiamo oggi su cosa sia divenuto questo Paese improbabile che, già lacerato nel suo interno dalle rivendicazioni linguistiche e identitarie, si è rivelato oggi come il simbolo della stessa Europa, vittima di relativismo errante, con una dignità fragile e approssimata.
Questa nuova Europa, ironia della sorte, ha fatto di questo paese dove tutto sembra provvisorio, improbabile, il centro nevralgico da dove partono le decisioni in materia economica, sociale, di sicurezza e di regolamentazione dei flussi migratori che dovrebbero servire ad oltre 400 milioni di europei che oggi, improvvisamente, si accorgono che c’è del marcio in Danimarca..nel centro dell’Unione.
Quando la testa versa in questo triste stato, attraversata da crisi identitarie, irredentiste e multiculturali diventa difficile vedere le minacce che si addensano sul continente fidandosi solo delle decisioni che, nelle torri di vetro, funzionari anonimi fingono di inventarsi a nome dei cittadini.
La storia si morde sempre la coda e ci offre la terribile ironia di un fine settimana che vede da un lato i capi di stato e di governo europei firmare un accordo “germano-tedesco” con la Turchia sui flussi migratori , dall’altro l’arresto del terrorista islamico ricercato da mesi e, a distanza di poche ore, l’attentato nel metro’ sSchuman, a poche centinaia di metri dal suo centro amministrativo.
L’unione europea – in caduta libera dal 1992, dopo Maastricht, con i suoi massimi dirigenti incapaci di identificare i segnali della deriva del 2005 o i segnali che giungono inequivocabili dai recenti voti espressi in Francia, nei paesi del passato est o ancora recentemente in repubblica federale di Germania – questa unione, ferita a Monaco nel 2015 con la decisione irresponsabile sulle migrazioni, al Bataclan a Parigi, a Colonia il 31 dicembre e oggi nuovamente colpita nel suo cuore nevralgico a Bruxelles , agonizza perché dimentica la sua cultura e le sue nazioni e si perde nella ricerca del bandolo di una matassa ingarbugliata dalle sue politiche migratorie.
Gli attacchi di Bruxelles hanno sottolineato le pecche dei nostri sistemi di sicurezza , la mancanza di controlli seri alle frontiere, interne o esterne. Schengen si è dimostrato un colabrodo , ed è apparso arrivato il momento di ammettere che l’Europa è sotto attacco, disintegrata all’interno , invasa da orde di migranti, disarmata militarmente, diplomaticamente insufficiente e sottomessa economicamente.
Ma una guerra ha sicuramente bisogno di guerrieri, non di dirigenti in quiescenza come Tusk, schultz, junker o Merkel; ha bisogno di politiche inventive e non prevedibili per non farsi anticipare da un nemico che sa di poter contare sul relativismo assurto a religione in questo mondo occidentale, sulla complicità politico mediatica che urla subito alla reazione, che denuncia gli amalgami, che difende la linea del politicamente corretto, dell’unione sacrale contro l’odio, che prende di mira non i terroristi e i loro complici, terzomondisti e canaglie islamiche in odio assoluto per tutto quello che rappresenta questa Europa, ma il semplice cittadino.
Gli Stati membri dell’Unione oggi sono in massima parte governati da personalità indecise, confuse, che hanno rinnegato i loro valori tradizionali, mossi solo dal pentimento per presunti mali arrecati al terzo e quarto mondo , colpevoli di aver prodotto solo ” leggi e benessere” e persino valori universali…
Ma non si costruisce avvenire solo sulla libera circolazione di beni e persone, si prepara semplicemente la propria proroga per uscire dalla Storia perché il resto del mondo rimane in attesa dell’implosione del vecchio continente e il risentimento che ci portano gli antichi colonizzati non è’ che la materializzazione tangibile del masochismo collettivo dell’Europa.
È arrivato il momento delle scelte, pure radicali, che dovranno decidere il nostro futuro sia sul piano politico sia su quello morale: fare appello al nostro spirito di sopravvivenza senza limitarsi a portare pupazzetti sui luoghi degli attentati o rimanere silenti per rispettare i lutti , ma con il coraggio di parlare , di decidere e finalmente di agire, prima che non sia ormai troppo tardi
Eugenio preta