Chagall a Catania: un appuntamento da non perdere
Non vi è dubbio alcuno che nel XX Secolo le Avanguardie siano state delle spinte rivoluzionarie nell’arte; così come Marc Chagall fu una delle figure più dirompenti nell’interpretazione dell’Espressionismo. Cosa che fece con assoluta maestria miscelando i mondi onirici che la sua immaginazione creava, partendo sempre e comunque dall’esistente, dal reale, con una sagacia ineguagliabile nell’uso dei colori. Soprattutto, come nel celebre dipinto che raffigura l’interno di una sinagoga (opera esposta), quando ai colori l’artista affidava non già solo il compito di riempire, ma soprattutto quello di “illuminare” l’opera. Tal che sembra che usasse per dipingere colori speciali, con effetto ottico molto luminescente.
A Marc Chagall, nato in Russia e poi migrato prima negli USA e infine in Francia, è dedicata la mostra dal tema “Love and Life”: curata da Ronit Sorek e allestita presso il Castello Ursino di Catania con il patrocinio del Comune etneo. La produzione e l’organizzazione sono state dell’Arthemisia Group che si è avvalso della collaborazione dell’Israel Museum.
Di sicuro non poteva essere più azzeccato il titolo, dal momento che il connubio tra amore e vita attraversa come una ideale linea rossa la produzione esposta. “Tutto il nostro mondo interiore è realtà, forse persino più reale del mondo esterno. Chiamare tutto ciò che sembra illogico fantasia o favola in realtà significa ammettere che non si capisce la natura”. Partendo da questa sua visione fantastica del reale, che permea tutta la sua produzione, egli esprime un grande amore per la vita che celebra nei dipinti dove la natura si appalesa con continue presenze di animali (soprattutto capre e galli). Ma la mostra celebra soprattutto il grande amore che Chagall provò verso la moglie, Bella Rosenfeld. “Nei primi anni di matrimonio, il pittore riversò la gioia dell’evento in una serie di dipinti di grande freschezza e intenso lirismo” (AA.VV., L’arte di vedere, Ed. Scolastiche Bruno Mondadori, vol. 5, pag. 1091); come “La passeggiata” (ivi esposto), dove egli miscela alcuni soggetti cari alla sua poetica come il volo, gli innamorati e la città natale. Bella, che era scrittrice, non fu solo il suo grande amore (quando morì, Chagall entrò in uno stato di depressione e non toccò pennelli per dieci mesi), ma anche la musa ispiratrice di tanti capolavori e dei disegni (alcuni esposti) che realizzò a corredo dei suoi libri: “Burning Lights”, “First Encounter” e “From My Notebook”.
Sorretto da una grande fede verso l’ebraismo, dovette assistere al sistematico annientamento del suo popolo che, partito dalla Russia di Stalin, aveva trovato l’acme nella Germania di Hitler. Dall’antisemitismo “di classe” dei bolscevichi comunisti a quello biologico degli ariani nazisti. È in uno dei quadri esposti, una “processione” di crocifissioni lungo una strada innevata del sua città natale, Vitebsk, che si sublima il suo attaccamento alla fede religiosa: davanti alla morte (tre crocefissi, due uomini per terra dilaniati e una donna mezza svestita – probabilmente violentata – che tiene in braccio un bambino), svetta, sul tetto di una casa, un uomo, vestito con le sembianze di un profeta, che tiene stretta a sé, arrotolata, la Torà: il libro sacro degli ebrei. Quasi come a voler dire che la morte può colpire ovunque e chiunque, ma la speranza, come un’ultima dea, è sempre lì pronta affinché la vita possa riprendere il cammino.
Una speranza che oggi si riverbera anche sui Siciliani: anch’essi stretti in una morsa impietosa tra infinite potenzialità di crescita e sviluppo e il macigno di una classe politica e burocratica che ne mortifica le aspettative. Anche per questo, dunque, è oltremodo utile non perdere assolutamente l’appuntamento con Chagall che durerà fino al 14 febbraio: partiamo dalla Cultura per cercare quel definitivo rilancio che ci porti verso un futuro migliore. Per continuare a scrivere la favola di un’Isola impareggiabile i cui colori e la cui luce nulla hanno da invidiare all’arte straordinaria di questo straordinario artista.
Giovanni Cappello