Grecia: la tragedia di un voto che non c’é
Ecco, cosa fatta capo a, ma non ha risolto niente.
La Grecia è andata al voto con la speranza che qualcosa potesse andare per il verso giusto, un binario su cui incanalare una ricostruzione, l’illusione che un voto, espletato e organizzato nel modo più urgente possibile come sollecitato dai poteri forti che hanno in mano il debito greco, potesse intervenire nella vicenda come una risoluzione portentosa, e parlando di Greci sembra pure un esempio calzante, il ricorso al miracolo, al mito.
Come quando per risolvere le trame più complicate delle tragedie dei tre autori più importanti dell’antica grecia, si faceva intervenire un artifizio meccanico , un deus ex machina che metteva tutti d’accordo e risolveva le situazioni più complicate.
Purtroppo questo artifizio, che possiamo identificare oggi con il popolo, non ha risolto nulla, perché si è inceppato, anzi ha complicato le cose, se facciamo astrazione per un attimo dai titoloni dei giornali e delle tivù e guardiamo un dato allarmante che non si vuole doverosamente mettere in rilievo: l’astensionismo della maggioranza dei cittadini greci. Hanno votato poco più di 5 milioni di cittadini sugli oltre 10 milioni aventi diritto, abbassando la partecipazione a quasi il 53%, vale a dire che su due greci uno non ha ritenuto necessario andare a votare ed ha preferito restare a casa.
Quando parliamo di civilizzazioni, il nostro pensiero corre all’antica Atene, patria delle città stato che hanno inventato la sovranità popolare e la stessa democrazia, e noi siciliani, anche noi popoli della Magna Grecia, siamo molto legati , alla sua storia , ai suoi miti, ai suoi generi letterari, ed in definitiva alle sue rappresentazioni teatrali che spesso si concludono in maniera tragica ed inaspettata.
Questo Paese, culla di civiltà, di umanesimo e di scienze sociali sta avanzando sulla propria pelle la tragedia dell’intero occidente, che appare oggi, nel rimpallo di responsabilità e di incongruenze, tanto patetica da sconfinare in una tragi-commedia che parte dal fallimento dei suoi governanti e arriva alla farsa continuata di nuove elezioni.
I greci sono stati chiamati a scegliere coloro che parleranno a loro nome soprattutto nelle istanze europee, era là il fulcro della vicenda, dove ormai si gioca il destino del Paese, secondo gli schemi di un modello politico mutuato dall’antica Atene e denominato democrazia rappresentativa, nell’immaginario collettivo garanzia di quella rappresentanza che deve avere il popolo e controllo della delega per tanto concessa.
Come avviene ahimè nell’intero occidente , la realtà appare “leggermente” diversa dalle intenzioni dichiarate.
Una faccia, una razza sono soliti dire di noi italiani i greci e, mutuando oggi dai tratti somatici , caratteristiche sociali ed economiche similari, come sta avvenendo anche in Italia, la Grecia si è vista lentamente sprofondare, a causa di una classe dirigente approssimativa, in una rappresentazione economica e sociale illusoria e , indipendentemente dalle scelte elettorali operate dai fallimenti del Pasok agli inciuci di Nea Democratia, alle invenzioni di Anel o Potamos la sua commedia si è trasformata fatalmente in tragedia ora che questo popolo scopre costernato il baratro in cui l’hanno cacciato i suoi politici, tenendo pero’ in massimo conto la causa di questo che risiede nella sua ignavia e nella sua mancata indignazione, quel lasciar correre tipico delle democrazie occidentali stanche e preda di falsi consiglieri.
Così si era anche cercato di porre rimedio alla grave incapacità dei reggitori pensando di poter fare a meno della rappresentanza, inventando un modello di espressione popolare diretta cui affidare le sorti ormai compromesse del Paese. Una pia illusione che non teneva conto di una realtà immanente, la situazione politica della Grecia: i potentati economici e le oligarchie bancarie che ormai si erano impadroniti dei debiti del Paese e che, utilizzando le tecniche più sofisticate di ricatto democratico, avevano imposto a governanti, pur in difetto di democrazia, misure capestro – i lacci della belva di Seneca – da cui non si poteva scappare se non strozzandosi.
Ma riflettiamo “… nessun giogo è tanto stretto che meno non danneggi chi lo stringe che chi lo rifiuti….“
Così oggi, il voto espresso dai greci, con l’alto tasso di astensionismo registrato – si parla del voto di un cittadino su due – non lascia soluzioni. La scelta si fa ormai tra una libertà che si può acquisire solo con un atto di forza, troppo coraggioso forse, ma che porta pero’ indigenze e sofferenze, in definitiva una cura molto più grave della malattia, oppure accettando la generosità interessata ma limitata a un corrispettivo di sacrifici importanti per il popolo (blocco di salari, di pensioni, delle spese sociali e sanitarie, aumento delle tasse e dei balzelli vitali) appena sufficiente a respirare, in pratica un asservimento mortale alla UE e alla BCE
Purtroppo la vicenda della Grecia sembra poter abbracciare, in un ottica comune, molti altri popoli europei che oggi offrono in fieri la replica ineluttabile dello spettro tragico di un Paese moribondo, passato dalle risate della commedia al pianto della tragedia il cui epilogo conclusivo e definitivo sarà la morte della sua sovranità nazionale, del suo essere Stato indipendente.
Un paradosso veramente inimmaginabile fino ad oggi per un Paese che, nel corso dei secoli ,ha inventato la democrazia e dato origine al diritto e alla legge .
Eugenio Preta