La metafora del treno
Il treno, nell’immaginario collettivo rievoca il viaggio, il trasporto, la distanza, ma anche la fretta dell’arrivo, l’abulia della partenza, il raccorciamento del cammino e delle ore, la velocità, la possibilità di essere dovunque, l’allontanamento, il cambiamento.
Davanti agli occhi ci sfilano le immagini della stazione con il suo mondo variopinto, forse anche l’odore della polvere e le liti di don Camillo e di Peppone, indimenticati personaggi del buon Giovannino Guareschi, gli sbuffi di un vecchio treno che viene sempre dal nord.
E poi le arance offerte ai finestrini, quando il treno rallentava la sua rincorsa e vecchie ‘bagnarote” vendevano grossi “portualli” della Piana, quasi a ricordarti che si entrava in una dimensione piu’ umana ma piu’ indigente e poi le gallerie che si infittivano, la luce del sole che non filtrava piu’ dai finestrini ma solo si udiva il rumore sordo di quella nenia ‘tum-tum” che alla fine finiva in un botto di aria e di luce e quello stretto indispensabile si apriva come un ventaglio di meraviglie a stanchi viaggiatori, felici finalmente della vista del faro, dell’Isola, dell’approdo dei ferribot, della conclusione di un viaggio interminabile.
Sembra di rivedere quegli arrivi del treno che viene dal nord , ai tempi di quel miracolo economico che aveva rigenerato la Diaspora, perchè al sud il miracolo era dato non da chi restava, ma da chi andava via, si spaesava e poi mandava qualche soldo a casa fino a quando non richiamava presso di sé la famiglia ed allora se ne perdevano le tracce, come negli anni ’20 si erano perdute quelle di intere generazioni di siciliani che partivano per la “Merica”.
Ma è un treno di oggi quello che viaggia al sud, sempre uguale con i suoi ritardi stabilizzati e la sua sporcizia atavica, treno del sud per la gente del sud che non merita la dovuta attenzione di benemeriti lombrosiani, mentre in continente si viaggia in Tgv e persino in treno ‘ferrari’, l’Italo del figliastro dell’avvocato, padrone d’Italia come i savoia lo erano stati un secolo prima.
Ora pero’ è arrivato Grillo a ricordare a noi, gente distratta,che queste ferrovie siciliane sono da dopoguerra (la I°), che non esistono orari da rispettare – il fatto stesso che ci sia un treno é di per se stesso già un miracolo – che, democraticamente, non esistono le classi, che basta trovare uno strapuntino e poi incrociare le dita per sperare di arrivare per tempo alla coincidenza con la corriera, si’ ancora l’autostradale, perchè queste ferrovie siciliane non hanno ancora una rete capillare e ti abbandonano ad esempio a Caltanissetta invece di servire tutta la val di noto
Per andare a Catania… anche se meno economico rispetto all’autobus, il viaggio in treno ha una durata minima di 2 ore e tre quarti (distanza di 100 km), con vagoni risalenti agli anni 60,sporchi, senza riscaldamenti o aria condizionata, con il motore che spesso si surriscalda e deve rallentare la sua già lenta corsa nelle salite di Enna.
Se poi viaggi di domenica, non ci sono biglietterie aperte, eccetto quando è in funzione il bar della stazione.
Trenitalia non dimostra nessuna sensibilità per gli utenti siciliani, ad esempio non fa niente per incentivare gli studenti a viaggiare in treno con abbonamenti speciali anzi, ha ridotto il numero dei treni del servizio regionale in Sicilia: dal 29 luglio ben 38 in meno, taglio che ha comportato la riduzione di 500 posti di lavoro fra personale Trenitalia e del settori appalti.
Ma noi siamo stanchi di dire sempre le stesse cose: questo treno nella sua metafora racchiude tutta l’indifferenza politica e sociale verso la Sicilia, scarsa considerazione favorita da questa Casta che avrebbe dovuto occuparsi delle cose di Sicilia, piuttosto che di salario e di prebende
Ospedali sull’orlo della chiusura o costruiti laddove si’ ce n’era bisogno, ma poi abbandonati, comuni in ginocchio, giovani in ambascia, ferrovie allo sfascio senza che ce lo dica Grillo, viabilità da terzo mondo, famiglie affamate ed ora tutti pronti a prendere in giro i cittadini invece di cominciare a proporre soluzioni per il territorio al di là di partiti ed appartenenze. Solo per la Sicilia.
Purtroppo siamo davanti alla prova lampante di tutto quello che la nostra indifferenza ha voluto . Abbiamo sopportato con indifferenza l’annullamento di tutto il nostro sistema sociale, economico, politico e civile senza essere stati capaci di alzare la testa, di fare sentire la nostra rabbia, tanto che hanno pensato di poter fare quello che volevano della terra impareggiabile gettandoci in un vuoto assoluto, il nulla che accompagna il nostro vivere quotidiano dove non abbiamo neppure la minima idea di come iniziare a cambiare, forse perchè nella trsiste accezione gattopardesca semplicemente non vogliamo cambiare.
Cosi’ restiamo indifferenti mentre paria e furbastri già imbandiscono i loro teoremi per continuare il mangia- mangia lasciando ai margini delle decisioni la gente perbene che non sa pero’ indignarsi.
Povera Terra: forse non ci resta che scovare in cantina quella valigia di cartone che tanti anni fa ha vinto l’indifferenza e ci ha fatto fuggire. Perchè abbiamo avuto bisogno ancora una volta d’un forestiero, un altro invasore per sentire vibrare ancora la nostra dignità?
Perchè abbiamo aspettato ancora un uomo del Nord che si dice indignato per i treni lumaca – mentre al nord c’é persino Italo – che si dice sbalordito perchè ci mancano le autostrade – mentre al nord viaggiano a 4 corsie – che ci rinfaccia la mancanza di porti, noi che siamo circondati dal mare, ci ricorda i 3 soli aeroporti esistenti per un’utenza di oltre 5 milioni di abitanti.
Pensiamo sia giunto il momento di portare avanti una vera battaglia per il territorio, innanzitutto senza i lacci continentali e dopo aver sanzionato col voto i paria e che ci hanno svenduto la terra e fatto perdere l’avvenire. Riprendiamoci con questo voto la nostra Autonomia, gridiamo la nostra indignazione, risvegliamoci da questo sonno invadente, dal torpore che condanna la nostra terra e, ancora un passo in avanti, dichiariamo ormai l’Indipendenza dell’Isola.
Solo cosi’ potremo ricominciare a parlare di futuro e di lavoro, la vera chiave di volta per rendere liberi i nostri giovani, dare futuro alle nostre famiglie e finalmente vendicare la terra impareggiabile.
Eugenio Preta