La bandiera della pace
Nell’epoca della grande manipolazione universale e degli imbrogli mediatici preconfezionati, la notizia dell’assegnazione all’Unione europea del Nobel per la Pace appare una scelta debole nelle motivazioni, aperta alle critiche, discutibile e certamente non unanime.
Se poi teniamo conto della parabola ormai discendente del premio che il “signore della dinamite” aveva creato prestigioso, la scelta di innalzare l’unione europea proprio agli altari della Pace la dice tutta sulla profonda crisi di autorevolezza e di legittimità di questo premio Nobel.
Sembra che la giuria svedese abbia operato una vera forzatura, prendendo in considerazione solo la fine delle lotte militari tra gli europei, ma ignorando volutamente che ormai le guerre non si fanno più solo con le armi, anzi le più sanguinose, in tutti i sensi, sono quelle economiche condotte con la finanza e dalla finanza mondiale.
Oggi infatti il confronto è passato dalle trincee alle finanze e qui, questa Unione europea, si è rivelata incapace di far fronte e arginare la crisi economica che, partita con la bolla dei mutui-subprime americani, ha contagiato i Paesi dell’Eurozona fino alla recessione che sta portando la disoccupazione a livelli record e le imprese al fallimento: la guerra più lunga in assoluto che si sta conducendo proprio nella celebrata UE dove migliaia di persone muoiono tutti i giorni di fame per pura scelta di multinazionali e burocrati a loro collegati.
Dopo aver volutamente temporeggiato, incapace di prendere decisioni forti per troncare ogni possibilità di aggravamento della crisi, l’Unione europea – divisa in una vera lotta tra i Paesi a maggiore rischio di fallimento e il blocco calvinista guidato dalla Germania – ha trascinato la Grecia nel baratro e esposto pericolosamente la Spagna al rischio default ed anche all’Italia, affidata alla scure di un fedele alleato delle Banche, fa pagare le conseguenze di questo tergiversare e del suo immobilismo, dimostrando di essere unicamente un’unione economica, tutt’altro che solidale.
Perciò l’assegnazione di un premio per la Pace avrebbe dovuto tenere conto dei comportamenti del sistema finanziario europeo di fronte alla crisi che attanaglia gli Stati, delle risposte che l’Unione ha saputo dare alle sfide finanziarie americane, queste si’, nuove guerre mondiali. L’incapacità dimostrata di fronte alla crisi è, implicitamente, il contrario delle motivazioni che presiedono all’assegnazione del premio.
Infatti questa Unione resta ancora un’entità vaga, distante dai cittadini, identificata nei grandi edifici che ospitano le sue attività, nei lauti e incontrollati guadagni riservati ai suoi rappresentanti, negli sprechi in tempo di recessione, nella legislazione decisa dalla sua Assemblea, ormai “primato” sugli ordinamenti nazionali. Decisioni che, sul piano interno, hanno complicato la vita del cittadino comune invece di semplificarla e che hanno creato tali laccioli e clausole alle produzioni nazionali, (liberalizzando e autorizzando invece ogni manufatto extra-comunitario in una malintesa estrinsecazione di solidarietà verso i paesi più’ poveri). da costringere alla delocalizzazione e ai licenziamenti molte imprese europee
Decisioni che in definitiva hanno sempre premiato le Banche e le lobby finanziarie e che non hanno saputo (o voluto) intervenire per tempo nella crisi dei subprime , nelle interferenze americane delle agenzie di rating – promosse controllori finanziari degli Stati nazionali – nell’istituzione di una moneta comune creata artificialmente dalla BCE e venduta agli Stati cui viene oggi proibito di stamparsi la carta moneta.
Ma anche le decisioni nella sfera delle relazioni esterne, dove l’aspirazione alla Pace dovrebbe maggiormente potersi valutare , purtroppo non danno ragione dell’assegnazione.
Se pensiamo ad esempio ai bombardamenti della Serbia e di Sarajevo, si’ compiuti dalla Nato, ma decisi dalla Troika europea; se osserviamo, più recentemente e sempre nella logica di “promuovere la Pace e bandire la guerra”, alla vergogna degli interventi militari voluti dagli europei in Libia o al presente atteggiamento dell’Unione europea sempre in attesa, colpevole, dell’evolversi della situazione Siriana; se, ancora peggio, pensiamo che questo Nobel della Pace i sapienti svedesi sono stati capaci di assegnarlo, seppur in “condominio”, persino ad un terrorista assassino come Arafat, beh allora l’assegnazione del premio anche all’Unione europea pensiamo si ascriva ad una “boutade”, una battuta di spirito paradossale ma tragica che, alla fine, la dice lunga sull’autorevolezza dei “decisori” scandinavi, ma soprattutto sullo stato di un continente sempre più vecchio, logoro e disunito.
eugenio preta