I poteri forti all’attacco dello Statuto di Autonomia
Era chiaro che dopo gli sprechi infiniti sarebbe arrivato il momento del rendiconto. Gratta gratta, alla fine si sarebbe arrivati al fondo, e a niente possono valere oggi L’Altra Sicilia o lo stesso Massimo Costa, di fronte alla voragine di 5miliardi e 4 milioni di euro nel bilancio della Regione Siciliana con la prospettiva del definitivo fallimento economico e che, verosimilmente, espone la “terra impareggiabile” alle critiche, alle discussioni e, alla fine, scatena, come sta avvenendo, i poteri forti e i partiti centralisti soprattutto l’UDC – che con le politiche di Cuffaro in Sicilia si era tenuta a galla nel naufragio generale dei partiti tradizionali – alla demolizione del nostro Statuto di Autonomia, tanto invidiato, auspicato ma effettivamente mai messo in applicazione.
Monti ha preso carta e penna ed ha scritto a Lombardo, preoccupato per la situazione economica siciliana, sollecitando le sue dimissioni. E questo arriva dopo che il capo degli industriali siciliani, Lo Bello, ha attaccato sulle pagine del Corriere (sic, ndr) il governo Lombardo, nonostante l’assessore alle attività produttive sia espressione proprio di Confindustria.
Una manovra concentrica per attaccare il nostro Statuto di Autonomia. Tutto questo avviene nella beata incoscienza di una classe politica siciliana che, invece di affrontare la crisi, continua imperterrita nell’amministrazione spensierata della cosa pubblica, dimissionando un assessore al giorno, subito rimpiazzato da un amico più fidato che cambia poi i vertici di aziende, società , ospedali, consorzi, istituti ed enti partecipati dalla Regione, ricominciando così’ il giro degli sprechi che ci ha condotti a questa crisi finanziaria e politica.
A questo punto, il presidente Monti, senza curarsi delle prerogative dello Statuto, che pur esistono, si permette di interferire nelle vicende siciliane e, con un’intervento incostituzionale e illegittimo, di attaccare la nostra Autonomia, utilizzata in vero, fino ad oggi, soltanto per il tornaconto di una classe politica dipendente che si nasconde dietro a quelle prerogative, utilizzate a difesa della propria impunità.
Esiste, ricordiamo a Monti, uno Statuto e intervenire nelle vicende siciliane da parte dello stato centrale non è soltanto scorretto, non è solo la gaffe istituzionale di un neofita, ma è soprattutto un grave attentato alla Costituzione dell’Isola.
Non è indubbio che la lunga stagione della tragedia siciliana, basata esclusivamente sulla capillare distribuzione clientelare di risorse pubbliche, impieghi e pensioni sia giunta pero’ all’epilogo e perciò’ debba concludersi.
L’utilizzo disinvolto delle assunzioni pubbliche sotto forma di precariato, di braccianti forestali, di corsi e centri di formazione professionale fasulli ha creato soltanto un grande bacino elettorale assoldato e quindi sempre disponibile nel momento in cui, al contrario, si sarebbe dovuto girare pagina.
Così siamo arrivati al fondo non solo delle finanze, per colpa di una gestione clientelare della cosa pubblica, ma anche della nostra indipendenza istituzionale (vera o presunta), dal momento che l’iniziativa concentrica dei poteri forti chiede l’intervento e il controllo dello Stato negli affari siciliani e mette in causa l’Autonomia e l’addita come origine di tutte le disfunzioni e del malaffare imperante.
Ricordiamo pero’ a chi finge di dimenticare che c’é un pezzo di società siciliana, la Sicilia indignata dei Forconi, quella autonomista di Massimo Costa, quella di tanti altri movimenti sicilianisti che oggi opera per il rinnovamento del mondo politico e chiede l’indipendenza e l’autonomia di quello economico, dopo 150 anni di colonizzazione, e mai permetterà che lo Statuto “incompiuto”, ora che finalmente sembra che i siciliani ne abbiano compreso il valore, possa venire attaccato, criticato o peggio messo in discussione.
Eugenio Preta