Il crollo dell’euro e il delirio del Corriere della Sera
Lo so che ancora non osano dirvelo apertamente ma ci vuole qualcuno che prima o poi dica che il re è nudo. Ebbene ve lo dico io, apertamente: l’avventura dell’euro è finita, o comunque volge al termine.
La libertà da questo cappio la pagheremo, la pagheremo carissima, ma si avvicina inesorabilmente, nella disperazione dei banksters che non sanno più cosa inventarsi per dilazionare la loro fine di qualche settimana.
Ho già detto altre volte perché questo accadrà. Ho già detto che senza uno stato unico europeo che tassa le regioni più ricche per ridistribuire risorse alle più povere il giocattolo si rompe prima o poi.
Pensavo di essere un aziendalista di provincia, un povero ragionerista periferico. Ora che le stesse cose le dice Krugman, premio Nobel per l’Economia, o la nostra Napoleoni mi sono un po’ rivalutato.
Ma non è di questo che voglio parlare oggi ai lettori. Voglio rompere un altro muro di omertà giornalistica, quello della guerra psicologica sull’eventualità di uscita dall’Eurozona. È ovvio che non sarà una passeggiata, ma i giornalisti pagati per spargere terrorismo a piene mani non sanno più cosa inventarsi per confonderci le idee.
E in effetti pensate, dopo il genocidio imposto inutilmente ai greci in questi anni, cosa accadrebbe se, fuori dall’euro, cominciassero lentamente a riprendersi. Orrore! Si scoprirebbe il trucco. Così si teorizza, niente di meno, una barriera doganale “punitiva” (avete letto bene, proprio così, “punitiva”) per “castigare” i greci. Insomma violare tutti i trattati internazionale, persino quelli del WTO, applicare alla Grecia sanzioni peggiori di quelle per l’Iran, così “s’imparano”. E soprattutto si intimidiscono quelli ancora dentro il carcere. A questo punto perché non una bella gragnuola di bombe?
Ma non basta, bisogna giocare qualche atout più forte.
Ed ecco che da due giorni il nostro Corrierone esce con articoli a dir poco deliranti sugli effetti dell’uscita di un paese dall’euro, tutti e due rigorosamente senza la possibilità di inviare commenti.
Cosa dicono i nostri soloni dal salotto buono della finanza italiana?
Ieri sostenevano una cosa graziosissima, una chicca impensata. Pensate un po’! Se si torna alla lira tutto si ridefinisce in lire: il vostro stipendio che si svaluta in un weekend del 30 % (ma sì, perché no, anche del 40 %), i vostri BOT (se ne avete), tutto. Tutto, tutto tranne una cosa che – magia… -resterebbe chissà perché definita in euro, mandando in rovina milioni di famiglie e facendo sequestrare alle banche altrettante abitazioni.
Ma sì, avete indovinato, sono proprio i mutui immobiliari. Vi chiederete perché, se tutte le obbligazioni, da un venerdì al sabato, sono ridefinite in lire, queste dovrebbero restare definite in euro. Persino i debiti dello Stato sarebbero ridefiniti in lire (mandando in rovina i risparmiatori che ci avevano creduto), meno i debiti delle famiglie, i quali – per qualche arcano principio giuridico – resterebbero nella valuta europea.
Non so se ridere o piangere. Certo, da questo governo c’è anche da aspettarsi un codicillo di questo genere nel decreto che, in fretta e furia, detterà il change over generalizzato. Del tipo: “Tutte le obbligazioni, tranne quelle relative ai mutui bancari ipotecari, sono ridefinite in valuta nazionale” Ve lo immaginate? E così, nel giro di pochi mesi i mutui diventerebbero impagabili come quei vecchi mutui in ECU (ve li ricordate?) che banche disoneste “impaccarono” a povere famiglie prima del terremoto finanziario del 1992.
A me sembra un’opzione semplicemente pazzesca, irrazionale, direi quasi criminale.
Avvedendosi poi dell’enormità di averla sparata grossa, tornano oggi sull’argomento. E un po’ aggiustano il tiro, un po’ ci provano ancora. Beh, ora non sono più tanto sicuri che questo accada. Potrebbe essere che no, e in tal caso le banche fallirebbero e il governo dovrebbe intervenire per nazionalizzarle. Ragione giuridica questa assolutamente ineccepibile per cui è opportuno che a fallire (senza intervento dello Stato) siano gli italiani tutti. Ma, argomentano ancora i soloni, se si passa alla lira che ne sarà dei mutui variabili ancorati all’Euribor?
Ma sì, è ovvio, saranno AUTOMATICAMENTE ridefiniti nel corrispondente tasso interbancario nazionale, che salirà alle stelle e manderà comunque in rovina i mutuatari. Ma, davvero, non c’è nessuno al Corriere con una laurea in giurisprudenza? Ma ci sono o ci fanno? Ci fanno, ci fanno.
Se io stipulo un mutuo a tasso variabile, il tasso posso ancorarlo al prezzo del mais in Perù o all’andamento dell’oro in Sudafrica. Ma che caspita c’entra il cambio di valuta con i criteri contrattuali di determinazione del tasso? Mistero.
Solo un intervento legislativo dello Stato, ancora una volta, può alterare quella che è stata la volontà delle parti stabilita davanti a un notaio. Se le parti hanno ancorato il variabile all’Euribor, non ci sono santi che tengano, finché esiste l’Euribor non si può cambiare il contratto. A meno che il vostro amico Mario Monti, more solito, non scriva esplicitamente nel “decretino” una norma così sbilanciata a favore degli istituti mutuanti. Ma c’è di più. Se l’intera Europa esplodesse (questo oggettivamente non credo, ma chissà…) e l’Euribor non esistesse più, non c’è storia, l’ultimo euribor disponibile resta come tasso fisso. Le altre alternative sono pura fantasia bancaria, puri sogni da strozzini senza il minimo ancoraggio giuridico. Altre soluzioni vanno decise per sentenza, come minimo, o, più realisticamente, per legge
Ovviamente invece i giuristi del Corriere (non interessati alla faccenda, nooo….) sostengono la concomitanza assurda delle due ipotesi sfavorevoli ai cittadini e favorevoli alle banche: i mutui sono mantenuti in euro (perché l’euro esiste ancora, dicono loro) però il tasso di riferimento deve essere quello nazionale e non più l’Euribor (qui il perché mi sfugge del tutto, forse per fare male alla gente e basta, mica danno “caramelle”…).
E quindi se avete un mutuo, secondo loro, è come se, anziché averlo stipulato a Palermo o Milano, secondo il diritto interno, è come se l’aveste stipulato nel Granducato di Lussemburgo.
Secondo me sono disperati e non sanno più che fare o che dire.
Un’altra spintarella e facciamo crollare tutto.
Massimo Costa
(docente universitario alla Facoltà di Economia e Commercio di Palermo)
17 maggio 2012