L’opinione: Statuto Siciliano e la sua possibile attuazione
Sono convinto che il quadro che offre la Sicilia di oggi sia quello della più tetra desolazione: imprese che fuggono, ragazzi disoccupati a vita, declino demografico, ma – forse ancor peggio – degrado ambientale e sociale, sfiducia profonda in se stessi. C’è chi vorrebbe ritorcere contro di noi ogni responsabilità, additando in un generico malgoverno, o in una generica inciviltà dei Siciliani l’origine di tutti i mali.
Troppo comodo! Il malgoverno è figlio di un sistema che non lascia speranza, che non dà offerte politiche realmente alternative e che piega la schiena ad un popolo trasformato in massa di schiavi, costretto a vendere il proprio voto per la sopravvivenza o a evitare le urne, messe lì da uno stato visto come una dominazione qualunque.
L’inciviltà, vera o presunta, nasce poi dall’abiezione e dal degrado stesso in un circuito vizioso apparentemente senza fine. La schiavitù ha invece radici e catene ben visibili a chi le voglia vedere.
La Sicilia è oggi colonia non dichiarata dello Stivale e del Continente. Essa esporta (o regala) tutto ciò di cui dispone (risorse naturali, umane, etc.) in cambio di un piatto di pasta o di prebende per gli intermediari locali, veri parassiti e sanguisughe, che poi servono anche da schermo per pilotare l’atavico malcontento dei Siciliani. E invece – va detto con coraggio – è proprio l’abbraccio con l’Italia e con l’Europa che, così come è stato concepito, porta la nostra società ad una lenta asfissia mortale. Essa poi deve importare tutto ciò che le serve, e anche ciò che non le serve, proprio dai suoi aguzzini che così la impoveriscono e la avviliscono giorno dopo giorno.
Noi abbiamo però l’antidoto. Questo sta in quella Costituzione Regionale che i nostri padri conquistarono con l’intelligenza e con il sangue nella primavera del 1946 e che ancora aspettiamo invano che venga attuata. Abbiamo la soluzione a tutti i nostri problemi, abbiamo il diritto di sognare e ci ostiniamo a negarlo a noi stessi.
L’idea di fondo è così quella riprendere la lettera dello Statuto siciliano, ancora inattuato dopo 65 anni circa, e questa volta attuarlo per davvero, adattandolo soltanto qua e là ai cambiamenti politici e istituzionali nel frattempo sopravvenuti, ma anche blindandolo dai sotterfugi istituzionali attraverso i quali i poteri forti italiani lo hanno nel tempo completamente eluso. Non vogliamo dare un articolato di legge; a questo penseranno i politici quando sarà il momento. Vogliamo costruire una bandiera nella quale si possano riconoscere tutti i Siciliani che non ci stanno a morire poco per volta, che credono in questa Terra, che la amano, e che razionalmente vogliono avere un obiettivo sul quale coagulare tutte le proprie forze.
Per questa ragione si condensano le rivendicazioni del Popolo Siciliano in una piattaforma politica di quindici punti fondamentali. Ci limitiamo all’economia. Gli altri comparti dell’Autonomia verranno con naturalezza subito dopo. Attraverso questi, ad esempio, si potranno defiscalizzare gli idrocarburi, o irrobustire stipendi e pensioni, o creare la fiscalità di vantaggio, o accorciare la filiera remunerando produttori e consumatori a danno dei soli intermediari parassitari, o neutralizzare ogni forma di speculazione internazionale ai danni della nostra piccola Patria. Solo così questa potrà essere un vero laboratorio di civiltà, benessere e libertà da esportare in tutta Italia e in tutta Europa.
La Sicilia costituisce un ordinamento economico, monetario, doganale e finanziario autonomo rispetto all’Italia ed all’Unione Europea, conformemente al Trattato sul funzionamento dell’Unione che riconosce condizioni particolari alle regioni transfrontaliere e insulari e conformemente alla lettera e allo spirito del suo ordinamento costituzionale speciale. Ai trattati europei va aggiunto quindi un protocollo per regolare le condizioni particolari della Sicilia.
È ricostituita immediatamente l’Alta Corte per la Regione Siciliana con le competenze originarie a suo tempo istituite: controllo generale di legittimità costituzionale sulla legislazione regionale, controllo speciale di applicabilità al territorio della Regione delle normative statali (di legge o altra fonte), giurisdizione penale sui reati compiuti da Presidente e Assessori nell’esercizio delle loro funzioni.
L’intero patrimonio e demanio statale in Sicilia sono devoluti alla Regione con decorrenza immediata, senza bisogno di alcun altro provvedimento, se non quello autonomo di ricognizione da parte della Regione, e con la sola eccezione di demanio e patrimonio militare. La smilitarizzazione di questo attrarrà immediatamente ogni bene alla competenza regionale. Lo Stato potrà, se lo vorrà, e con il consenso della Regione, ricostituire nel tempo patrimonio disponibile in Sicilia ma a titolo oneroso.
La legislazione tributaria e quella relativa a qualunque tipo di entrata dello Stato o pubblica è assoggettata alla competenza esclusiva della Regione senza alcuna eccezione. La Regione ha diritto di regolare il proprio ordinamento tributario alla stregua di uno stato sovrano. Tutte le entrate pubbliche riscosse in Sicilia o che in Sicilia maturano il loro presupposto sono di competenza e sono accertate e riscosse da organi della Regione.
La Sicilia si fa carico di ogni spesa pubblica relativa al proprio territorio ed alla propria cittadinanza, compreso l’onere di rendere finanziariamente autonomi i propri enti locali ed i propri enti pubblici, con la sola eccezione della Difesa, della Rappresentanza internazionale e del servizio del Debito pubblico, per i quali servizi la Sicilia riverserà all’Italia il 5 % delle proprie imposte di produzione. Parallelamente lo Stato devolve alla Sicilia tutta la propria amministrazione periferica nell’Isola, ivi compresi gli Interni e la Polizia.
Anche l’amministrazione finanziaria dell’Isola, ivi compresa la polizia tributaria, è completamente delegata alla Regione.
La Sicilia rinuncia ad ogni trasferimento o compensazione da parte dell’amministrazione statale italiana con la sola eccezione di un fondo, obbligatoriamente destinato a spese in conto capitale per investimenti pubblici, pari alla metà del mancato gettito di imposte personali sui redditi dovute al differenziale di reddito pro capite tra Sicilia e Italia; in caso tale differenziale dovesse essere a favore della Sicilia sarà la Sicilia a versare all’Italia il 5 % del proprio surplus di gettito per spese di analogo tipo a favore delle regioni a maggiore ritardo infrastrutturale.
La Sicilia rinuncia ai fondi strutturali europei, a favore di fondi per la cooperazione negoziati di volta in volta tra Sicilia e UE; essa è costituita in Zona Economica Speciale, e in quanto tale mantiene le proprie competenze legislative esclusive e concorrenti anche sulle materie devolute a competenza europea, ad eccezione di quelle riguardanti lo Spazio Economico Europeo (cioè attinenti alle quattro libertà di circolazione: di merci, servizi, persone e capitali), ma non della materia tributaria che resta di competenza esclusiva siciliana. Su queste ultime materie in Consiglio dei Ministri europeo il rappresentante italiano avrà l’obbligo preventivo di consultazione con un rappresentante siciliano, con diritto di veto sulle materie di competenza legislativa siciliana.
La Sicilia avrà autorità amministrative di vigilanza sui settori economici autonomi rispetto a quelli italiani: energia, assicurazioni, mercati finanziari, etc.
La Sicilia si dota di enti previdenziali obbligatori propri ai quali saranno iscritti tutti i nuovi lavoratori a partire da data determinata. I lavoratori in essere e i pensionati restano ad esaurimento nella gestione previdenziale nazionale.
La Sicilia è posta fuori dalla linea doganale europea e sottoposta ad un regime doganale proprio. In ogni caso le transazioni di beni e servizi siciliani (non di quelli importati, per evitare triangolazioni) non possono avere barriere doganali di nessun tipo da e verso l’Unione Europea. Messina e il distretto adiacente sono costituite in Zona Franca.
La moneta legale della Sicilia sarà la stessa dell’Italia, ma con istituto di emissione e di vigilanza sul settore del credito proprio che avrà, per il territorio siciliano, le funzioni che i trattati europei prevedono per la Banca Centrale Nazionale.
La Banca Centrale Regionale sarà totalmente pubblica, con un capitale diviso a metà tra la Regione e i Comuni, con diritto di voto proporzionale al numero degli abitanti ed al prodotto interno lordo, ed emetterà la totalità della moneta spettante alla Sicilia, sia metallica, sia cartacea, sia bancaria. Tutti i proventi dell’emissione monetaria, fissata nei limiti decisi dalle autorità monetarie italiane e, pertanto, ad oggi europee, sono attribuiti direttamente alla Regione, così come le eventuali eccedenze di riserve auree e valutarie. Una quota delle eventuali eccedenze potrà essere riservata ad emissioni monetarie di pregio con funzioni specifiche di riserva di valore, ad alto valore numismatico. La moneta bancaria è emessa integralmente dalla Banca Centrale e poi prestata, anche a interesse puramente simbolico, alle banche private (la riserva frazionaria è dunque posta pari al 100 %) o accreditata direttamente alla Regione, tolte le spese della Banca Centrale ed una congrua quota di accantonamento. Anche la moneta cartacea non è “prestata” alla Regione ma direttamente accreditata alla stessa come sopra.
La Banca Centrale Regionale emetterà, sotto forma di prestito interno infruttifero, anche una moneta complementare regionale avente valore legale solo per le transazioni interne all’isola, accreditando i relativi benefici al 50 % alla Regione ed al 50 % alle persone in condizione non lavorativa quale “reddito di cittadinanza” (minori, studenti universitari, casalinghe, disoccupati, pensionati).
La Regione costituirà al suo interno un mercato finanziario non speculativo, orientato realmente alla produzione: non saranno permesse transazioni anonime o allo scoperto, né commercio di prodotti derivati che non servano realmente alla copertura di rischi. Gli enti e le imprese che quoteranno valori, sia rappresentativi di capitale sia rappresentativi di debito, saranno sottoposti a revisione e certificazione di bilancio da parte di revisori persone fisiche sorteggiati pubblicamente e non nominati dagli stessi enti e imprese. A un sistema simile saranno soggetti tutti i controlli di istituzioni pubbliche e private di rilievo. Saranno istituiti anche i “prestiti biblici” o “islamici” con obbligo di restituzione del solo capitale e interesse proporzionale ai redditi conseguiti. Esso sarà il luogo dove i nostri risparmiatori e i “nostri” investitori istituzionali potranno tranquillamente investire i loro risparmi, senza bolle e ribassi speculativi, al sicuro dai banditi globali !
Luigi Tagliaferri