In difesa dello Statuto Siciliano. Meno deputati?
I risparmi non c’entrano, la verità è un’altra…
E’ molto grave che l’unica riforma dello Statuto che passa (o rischia di passare) sia quella che, abbassando il numero dei Deputati, va solo nel segno nella riduzione dell’Autonomia Speciale siciliana e della sua omologazione alle autonomie ordinarie.
E’ molto grave che questo avvenga con il consenso di una maggioranza che si è attribuita (giustamente, in linea di massima) un profilo di garanzia per l’Autonomia siciliana e con il voto di un Movimento Per le Autonomie che di questa Carta dovrebbe essere il massimo custode.
Passi che lo chiedano le opposizioni, anche se l’Autonomia dovrebbe essere patrimonio di tutti e non ci dovrebbero essere quinte colonne siciliane che lavorano per rafforzare i poteri romani contro i nostri stessi interessi.
Sgombriamo subito il campo da equivoci e demagogie: i risparmi non c’entrano proprio niente. Non l’ha prescritto né la Costituzione, né il medico che i 90 debbano avere “almeno” la stessa retribuzione dei Senatori, né possiamo chiudere gli occhi – lo dice l’articolo che sottoscrivo – su una gestione finanziaria dell’Assemblea quanto meno riformabile, per non dir altro. Dico sempre che la Costituzione Siciliana del 1848, con più di 200 tra Deputati e Senatori, dava loro soltanto il rimborso spese per trasporto, vitto e alloggio per i parlamentari non residenti a Palermo. Cito l’art. 15 di quello Statuto che dovremmo insegnare nelle scuole ai ragazzi (o anche ai nostri deputati?) per il suo valore storico:
Art. 15 – Potranno i comuni concedere ai rappresentanti, pel periodo delle sessioni, una indennità non eccedente tarì venti al giorno, tranne a coloro che risiedono nella capitale.
Dunque una somma che, rapportata ad oggi, sarebbe circa 75 euro al giorno per i giorni in cui effettivamente si fossero recati alle sessioni parlamentari e non ai palermitani. Così i nostri padri si permettevano addirittura il bicameralismo.
C’è un certo dilettantismo nell’aria e va denunciato.
Lo Statuto del 1946 è stato scritto da giganti e non può essere modificato da nani!
Cerchiamo di spiegarlo meglio.
I 90 sono a numero fisso e non legato alla Popolazione come negli altri Consigli Regionali perché l’Assemblea … non è un Consiglio Regionale, bensì un vero e proprio Parlamento, ciò che resta del Parlamento più antico del mondo, frutto comunque di una tradizione plurisecolare di rappresentanza della “Nazione siciliana” e non graziosa concessione dello Stato italiano. Portarne il numero a 70 significa intanto dire che la Sicilia è una regione d’Italia qualunque, priva di una propria individualità politica, e quindi negare le ragioni stesse dell’Autonomia speciale.
Il numero poi deve essere rapportato tanto alla popolazione quanto alla natura giuridica dell’ente.
Se è vero che la Lombardia, massima regione a statuto ordinario, ha 80 consiglieri, è anche vero che lo stesso numero è quello dei consiglieri sardi, la seconda, per dimensioni, delle regioni a statuto speciale. Sommando il fatto che la Sicilia è comunque una delle più grandi regioni in assoluto (la quarta o la quinta se non ricordo male) al fatto che è certamente la più grande tra quelle a statuto speciale, il numero di 90 appare assolutamente congruo.
Ancora, il numero va rapportato non all’attività effettiva (altrimenti meriterebbero di essere ridotti a 5!) ma a tutto ciò che potrebbero e dovrebbero fare. Ora, se combiniamo gli artt. 14 e 17, che disciplinano le materie esclusive e concorrenti, con le nuove competenze esclusive e concorrenti attribuite dal 117 della Costituzione a partire dal 2001, già troviamo che il campo della legislazione dell’ARS è praticamente pari a quello del Parlamento nazionale che di parlamentari ne ha mille! Poi si aggiungano tre campi di intervento che spesso, troppo spesso, dimentichiamo:
1. la delegificazione. Bene ha detto il Presidente Lombardo qualche tempo fa. La legislazione della Regione ad oggi è così frammentaria e stratificata che avrebbe bisogno di un ingente lavoro di semplificazione, delegificazione, razionalizzazione, raccolta in Testi Unici.
2. Le materie di legislazione derivata dalle Direttive europee in gran parte spetta all’Assemblea direttamente, non al Parlamento. E l’Europa sforna legislazione in continuazione.
3. Anche sulle poche materie che spettano allo Stato (difesa, politica estera, ordinamento civile e penale, giustizia, principi generali su materie di legislazione concorrente come sanità e lavoro o università…) la Sicilia ha potere di emanare leggi-voto (art. 18). In pratica si riconosce alla Sicilia implicitamente dignità di Stato-Regione confederato che, in quanto tale, può esprimere il proprio parere su qualunque materia attinente alla sovranità e poi sottoporre i propri deliberati al Parlamento dello Stato che avrebbe l’obbligo di proseguire ogni iniziativa di legge nata in Sicilia. Insomma il lavoro c’è, e non lo fanno – a quanto pare – in 90. Perché dovrebbero farlo meglio in 70??
Non è che (il sospetto è legittimo) c’è qualcuno che vuole che questo lavoro non sia proprio fatto e mai.
Non è che c’è qualcuno, nelle centrali nazionali dei partiti, che vuole che la Sicilia abbia l’Autonomia solo per ornamento, ma che per il resto si limiti al passivo “recepimento” di ogni normativa che viene da fuori?
La riforma in effetti va proprio in questa direzione.
E poi c’è una gravissima distorsione democratica che questa riforma comporta. I 90, purtroppo, sono eletti con una pessima legge elettorale che fa perdere i resti dei collegi provinciali alle liste minori.
Lo sbarramento introdotto recentemente del 5 %, sommato a questo antico vizio elettorale che risale alla II legislatura (1951) porta di fatto, nelle province minori lo sbarramento a soglie del 10 % circa. In pratica vieta il ricambio elettorale. E i risultati si vedono. Nelle piccole province per l’elettore è inutile votare per un partito che non sia dei primi due o tre. Quindi la scelta è obbligata, e quindi, dopo decenni, le opposizioni e le maggioranze sono diventate indistinguibili nella cultura politica, nei programmi, nella prassi (a chi alludo? fate voi).
Per superare questo sbarramento formidabile bisogna quindi avere nelle province maggiori una percentuale così alta da vincere lo “scoraggiamento” delle liste minori nelle piccole province (in pratica anche lì circa il 10 %).
Con la riforma paventata questo sbarramento si alza ancora trasformando l’Assemblea in una roccaforte oligarchica inespugnabile. E’ questo che vogliamo? E’ questo che serve alla Sicilia?
Mettano da parte i “nostri” deputati la demagogia e si mettano a lavorare, visto che il lavoro – come ho detto e mi pare dimostrato – non manca certo. E se proprio sono preoccupati dei costi dell’Assemblea, diminuiscano del 50 % le indennità, magari a partire dalla prossima legislatura per essere realistici. E nel frattempo speriamo che l’aula bocci questo passo indietro dell’Autonomia.
Lo Statuto va applicato non cambiato! Lo meritano i siciliani che hanno pazientato 65 anni e che, quando cominciano a svegliarsi, trovano queste cattive sorprese e imboscate. Si ricordino i Deputati che sono i rappresentanti del Popolo Siciliano e non dei partiti “nazionali”.
Massimo Costa