Sicilia madre ingrata, parola d’emigrato

Articolo di Michele Guccione pubblicato sull’edizione di martedì 19 ottobre 2010 de La Sicilia.

La crisi economica mondiale che costrinse tanti siciliani ad emigrare all’estero spinge oggi molti nostri conterranei a tentare di tornare nell’Isola. Il costo della vita è assai elevato per chi riceve solo un sussidio statale. Un dramma che sta interessando soprattutto anziani siciliani del Nord Europa, ex lavoratori delle miniere o addetti alla ristorazione ormai pensionati.


Abbiamo modo di incontrare a Bruxelles i loro rappresentanti, in occasione dell’inaugurazione, presso l’Istituto italiano di cultura, della mostra “Scrittori siciliani del Novecento. Un secolo di letteratura italiana”, organizzata dalla Biblioteca dell’Ars.

La responsabile belga dell’Unione italiani nel mondo, Santina Murru, lancia l’allarme: “Qui la pensione è di soli 700 euro al mese. Una coppia con 1.400 euro al mese non può sopravvivere, se ci sono esigenze di salute. Questi anziani desiderano solo tornare nei loro piccoli paesi in Sicilia, dove i costi sono più bassi. Ma – sottolinea – il rientro è proibitivo: i soldi sono pochi e nell’Isola non c’è possibilità di farsi una casa”.

Sarina Dio Puiarello, componente del Comitato italiani all’estero, aggiunge: “Con la crisi le pubbliche amministrazioni licenziano dirigenti e funzionari, le fabbriche mandano via tecnici e quadri, le università fanno a meno di docenti e ricercatori. Molti di questi sono siciliani di seconda generazione. Una coppia spesso deve sfamarsi con un’indennità di disoccupazione di mille euro. Anche loro vorrebbero tornare”. Futuro in salita per i giovani, come confermano Annalisa Cerimele della Uim a Tubize e Laurie Lobaerts, responsabile dei Giovani siciliani di Tubize: “Hanno bisogno di scambi culturali e scientifici con l’Italia per approfondire le conoscenze e avere più opportunità di lavoro. Purtroppo le porte sono chiuse. Ad esempio, chi si specializza in ostetricia non può fare stage in Italia perché il loro titolo non è riconosciuto”.

La Sicilia può riagganciare i suoi emigrati? Ci proverà il deputato Pino Apprendi, promotore della mostra a Bruxelles quale componente della commissione di vigilanza della Biblioteca dell’Ars. Incontrando le rappresentanti dei siciliani all’estero indossa le vesti di vicepresidente della commissione Attività produttive: “La legge regionale sull’emigrazione prevedeva la costruzione di alloggi per gli emigrati di ritorno, ma sono mancati i fondi. Chiederò agli assessori alle Autonomie locali e all’Emigrazione di mettere a loro disposizione le tante case inutilizzate dei centri storici svuotati dall’emigrazione. Spesso sono anche ristrutturate o passate al demanio dei Comuni. Occorre censire questi alloggi e integrare la legge con procedure snelle”.

La Regione ha chiuso frettolosamente i canali con gli emigrati quando sono finite le risorse. I nostri connazionali si sentono abbandonati, non hanno a chi comunicare i loro disagi. In Belgio si stanno chiudendo alcuni consolati. L’Ufficio di rappresentanza della Regione siciliana a Bruxelles, retto da poco da Maria Cristina Stimolo, si occupa, fra l’altro, del raccordo fra istituzioni siciliane ed europee, ma non di emigrati. Le associazioni di siciliani all’estero, come L’Altra Sicilia-Antudo presieduta da Francesco Paolo Catania, chiedono aiuto attraverso periodici, siti web, cercando l’incontro con i nostri politici, anche in maniera un po’ irruenta, per avere sostegno in un Paese straniero. Catania da anni si batte invano, ad esempio, per la ratifica da parte dell’Italia dell’accordo europeo che riconosce il siciliano come lingua ufficiale: “La lingua sarda è stata riconosciuta, la nostra è calpestata“.

Fino ad un decennio fa in Belgio c’erano persino locali che impedivano l’accesso ai siciliani. Eppure il loro senso di appartenenza all’Isola è più saldo del nostro, attraverso la cultura, unico canale aperto grazie al personale dell’Istituto italiano di cultura. In circa duecento hanno affollato l’inaugurazione della mostra, hanno ammirato e si sono riconosciuti nelle 260 prime edizioni degli scrittori siciliani esposte, nelle 20 locandine di film della collezione di Masino Di Salvo.

Alfonso Castronovo, importatore e ristoratore originario di Racalmuto, ricorda quando Sciascia gli passava davanti al Circolo Unione: per molti è stato il maestro di scuola e di vita, un caro amico. Tutti commossi alla proiezione delle interviste Rai in cui Sciascia parla di mafia e definisce l’allora Coordinamento antimafia “un’associazione di metronotte”. Alto il loro senso culturale: hanno seguito fino all’ultima parola le analisi letterarie di Antonino Buttitta, Salvo Ferlita e Mario Fusco, gli aneddoti di Silvano Nigro, soprattutto quello sull’incontro mai avvenuto tra Sciascia e Bufalino. Ma sono il romanzo “La miniera occupata” di Angelo Petix che narra di minatori che perdono il lavoro e il romanzo di Nino Di Maria “Cuori negli abissi”, da cui è stato tratto il film “Il cammino della speranza” di Pietro Germi, che descrive il viaggio dei minatori siciliani verso Grenoble, a riaccendere i ricordi di tante tragedie personali che ora rischiano di riproporsi nel difficile cammino di ritorno verso una Sicilia cara quanto crudele.

Michele Guccione

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