Marchionne: le provocazioni antioperaie di un contrabbandiere di sigarette
Mentre continuano le aggressioni ed i comportamenti teppistici di Marchionne nei confronti della FIOM, colpevole a questo punto di non si sa più bene cosa (forse di esistere), continua anche la discussione sulla delocalizzazione in Serbia di altre produzioni FIAT. Qualche riferimento in più potrebbe risultare utile alla comprensione del problema.
Secondo i dati ufficiali, da dieci anni i maggiori beneficiari delle privatizzazioni in Serbia risultano essere le multinazionali statunitensi, quindi i milioni di tonnellate di bombe seminati nel 1999 sulla Serbia dalla U.S. Air Force, hanno dato i loro frutti. Prima tra tutte queste multinazionali statunitensi è la Philip Morris, presente per oltre il 50% degli “investimenti” americani sia nella stessa Serbia che nell’attiguo Montenegro, il quale è uno Stato indipendente dal 2006.
“Investimenti” ovviamente è un eufemismo, dato che le multinazionali entrano in possesso dei beni locali grazie ai sussidi del Fondo Monetario Internazionale (super-banca privata che utilizza i fondi pubblici dei Paesi membri) ed al regime di sgravi fiscali che lo stesso FMI impone ai governi del posto. La Philip Morris, oltre a rappresentare la maggiore multinazionale del tabacco, risulta essere anche una delle prime del settore alimentare, dato che possiede la Kraft ed anche molti marchi minori, come la Invernizzi; infatti la Philip Morris ha rilevato in Serbia non soltanto le aziende di tabacchi, ma si è inserita in ogni genere di affari, compreso l’immobiliare.
Sergio Marchionne, Amministratore delegato della FIAT, guarda la coincidenza, fa parte anche del Consiglio di Amministrazione della Philip Morris, perciò il motivo di questo feeling fra lui e la Serbia, oggi feudo della Philip Morris, può risultare un tantino più chiaro.
Come è riuscita la Philip Morris a piazzare il suo uomo Marchionne a capo della FIAT? L’esca è consistita nella sponsorizzazione della Ferrari con il marchio Marlboro. Per incassare i denari della sponsorizzazione, Luca Cordero di Montezemolo ha accondisceso a cedere il potere aziendale a Marchionne, e così il Montezemolo è stato pian piano costretto ad avviarsi mestamente al rifugio di quelli che non contano più nulla, cioè la politica.
L’acquisizione della Chrysler da parte della FIAT è stata presentata dai media come un trionfo del genio italico di Marchionne, il quale peraltro ha una doppia cittadinanza, è infatti svizzero e canadese. In molti si erano chiesti come fosse stato possibile che si spalancassero le porte degli Stati Uniti ad una azienda italiana; ed infatti l’azienda non era più italiana, dato che era un uomo della Philip Morris a gestire i finanziamenti che lo Stato italiano versa alla FIAT, usandoli per rilevare un’azienda statunitense.
Il quotidiano confindustriale “Il Sole 24 ore” pare abbia rimosso dal suo sito la biografia ufficiale di Marchionne, da cui risultava la sua appartenenza alla Philip Morris. La scelta non può avere il senso di nascondere un’informazione che risulta facilmente reperibile per altre vie, dato che il nome di Sergio Marchionne si può leggere nell’organigramma del sito della Philip Morris, e l’informazione a riguardo si trova oggi persino su Wikipedia. Il significato di questa “censura” è semplicemente di ammonimento agli altri giornalisti, una sorta di direttiva generale a non tirare fuori un dettaglio che potrebbe screditare il mito mediatico di Marchionne come “eroe italiano”. Se si facesse il confronto tra il gigante Philip Morris – una delle più grandi multinazionali del mondo – e la pulce FIAT, si capirebbe immediatamente a chi vada davvero la fedeltà di Marchionne, collegandone inoltre il nome a losche vicende di illegalità e di contrabbando.
La Philip Morris può infatti vantare una storia interessante, un vero romanzo criminale. Il 3 novembre del 2000 è stata denunciata davanti alla Corte Distrettuale USA Distretto Orientale di New York, insieme con un’altra multinazionale del tabacco, la Reynolds Nabisco. L’accusa contro le due multinazionali era quella di essere a capo del contrabbando mondiale di sigarette, quindi di costituire la cupola di tutte le organizzazioni criminali che operano nel settore. Chi ha sporto questa denuncia? Qualche banda di “teorici della cospirazione”? No, a sporgere la denuncia è stata la Commissione Europea, a nome della Unione Europea.
Non sul sito di Luogocomune, ma sul sito del Parlamento italiano, è reperibile la relazione della Commissione Antimafia del marzo 2001, (http://www.publicintegrity.org/investigations/tobacco/assets/pdf/Antimafia%20Tobacco%20final%20report%20Mantovano%20March%2001.pdf) in cui sono documentate tutte le accuse alla organizzazione malavitosa denominata Philip Morris, e che porta in allegato anche il testo della denuncia della UE. Dal testo della relazione si apprendono anche i nomi di tutti i maggiori trafficanti di sigarette, che all’epoca avevano il loro domicilio in Svizzera, dove si trova, per pura combinazione, anche la sede della Philip Morris, ed è dislocata persino la maggior parte della sua produzione di sigarette.
Chi ha vinto questo epico scontro tra la UE e la Philip Morris? Ovviamente la Philip Morris, dato che la denuncia è stata insabbiata e le evasioni fiscali plurimiliardarie delle multinazionali del tabacco sono state condonate in cambio della promessa di cifre irrisorie e dilazionate nel tempo; l’anno dopo la stessa Philip Morris è riuscita addirittura ad ottenere una Direttiva Europea a proprio favore, quella famosa direttiva in cui si concedeva di produrre cioccolata senza metterci il cacao.
La succitata relazione della Commissione Antimafia conteneva anche altre notizie interessanti. La base in Europa del contrabbando di sigarette della Philip Morris veniva individuata in Montenegro, e ciò da prima dell’aggressione alla Serbia da parte della NATO nel 1999. Quindi la Philip Morris, in collaborazione con la CIA, aveva fatto, per molti anni prima, da battistrada per l’aggressione della NATO alla Serbia del 1999.
La Commissione Antimafia, con molta ingenuità, prevedeva che, dopo l’abbattimento del regime serbo di Svobodan Milosevic, sarebbe cessata la “realpolitik” della NATO e della CIA tendente a fomentare l’eversione in Jugoslavia con quei traffici illegali. In realtà, ancora nel 2007 e nel 2008, le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari individuavano sempre in Montenegro, e addirittura nel governo montenegrino, la centrale del traffico illegale di sigarette. Che il Montenegro sia diventato nel frattempo un feudo della Philip Morris, ovviamente è solo una coincidenza.
Delle notizie giudiziarie sul coinvolgimento del Montenegro nel contrabbando di sigarette si occuparono a suo tempo anche alcuni articoli de “La Repubblica”, articoli in cui però si riusciva – senza alcun riscontro negli atti giudiziari – a gettare la colpa di tutto dapprima sulla corruzione del regime di Milosevic, e poi su presunti collegamenti tra le FARC colombiane (sic!) ed alti esponenti del regime montenegrino.
“La Repubblica” lanciava menzogne e calunnie sulla resistenza anticoloniale colombiana solo per creare confusione nella mente dei lettori; ed oggi il gaglioffo Vittorio Feltri dimostra di aver preso lezioni a riguardo dal gentleman Ezio Mauro, dato che appena qualche giorno fa il “Giornale” ha affrontato allo stesso modo la questione delle denunce del governo iraniano contro la Philip Morris e la CIA per il contrabbando di sigarette in Iran.
Secondo la banda Feltri, la colpa del contrabbando andrebbe tutta ai corrotti Pasdaran, mentre la CIA e la Philip Morris sarebbero pure e innocenti, e ciò nonostante vi sia contro di esse il precedente della Jugoslavia documentato negli atti parlamentari. Sarebbero inventate, secondo la banda Feltri, anche le denunce del governo iraniano circa le sostanze chimiche tossiche contenute nel tabacco delle Marlboro, anche se questi dati il governo iraniano li ha presi dai documenti ufficiali delle agenzie americane per la lotta al tabacco.
L’asse storico CIA-Philip Morris-criminalità organizzata cerca oggi di destabilizzare l’Iran infiltrandosi nella società attraverso la corruzione generata dal business del contrabbando, così come ha già fatto in Jugoslavia (e in Italia). Chi mai è riuscito a farci credere che il contrabbando di sigarette fosse il business dei poveri?
Alla Philip Morris infatti Marchionne non ha imparato solo a contrabbandare sigarette, ma anche a contrabbandare cazzate, dato che ci sono ancora in giro quelli che riescono a prendere sul serio il suo “Piano FIAT”.
Fonte: http://www.comidad.org/