Ancora Termini Imerese
Il nemico della Sicilia, secondo noi, si chiama sempre Marchionne che, dopo aver ricevuto tanti soldi e tanti incentivi per auto che non si vendono perché poco concorrenziali, checché ne dica l’idro Montezemolo, ha il dovere di non abbandonare Termini Imerese, cosi’ come Scajola ha il diritto di pretendere ragioni inconfutabili all’abbandono e il dovere e la coerenza di lottare fino all’ultimo per salvaguardare il sito industriale siciliano.Su Lombardo stendiamo un velo… pietoso ma sempre fiducioso, però!
Siamo convinti oggi che la chiusura dello stabilimento sia certamente capriccio di Marchionne, della sua scarsa sensibilità etica, del suo disconoscere il dovere morale nei confronti di 1400 lavoratori più quelli dell’indotto, piu’ le relative famiglie, ma siamo pure convinti che noi siciliani non possiamo additare la responsabilità del fallimento soltanto a Marchionne, ma dobbiamo prendercene la nostra (grossa) parte.
E quando parliamo di siciliani ci mettiamo dentro politici, gente comune e criticoni “magara”, proprio tutti, perché non è possibile dismettere un sito industriale unico , che già incombe su tutta un’aerea protetta che avrebbe dovuto essere tutelata e difesa perché ad alto impatto turistico ed ecologico e, dopo aver spremuto il territorio e averne deturpato le bellezze con la costruzione di un grasso sito industriale, poi scappare e dire che non è redditizio.
L’Altra Sicilia, convinta che se ci sono in essere, come sono in essere i contratti d’area e i contratti di programma Fiat, almeno fino al 2011 a termini Imerese, non si possa dismettere lo stabilimento e questi contratti devono farsi valere finanche in ambito penale, se le autorità politiche vogliono dimostrare rispetto verso l’Isola e i siciliani.
Ci chiediamo tra l’altro perché non sia stata riqualificata quell’area e di chi sia la responsabilità di tale mancanza. E se poi le motivazioni sono da ritrovare, come dice “Pulloverino indecente” , nella mancanza di logistica e nella presenza di un indotto inadeguato, allora l’Altra Sicilia punta senz’altro il dito sugli stessi responsabili Fiat, il cui comportamento avvalora le tesi che avanziamo.
Se al contrario, nonostante la Fiat, non si è riuscito a mantenere un tessuto produttivo locale resistente, allora l’Altra Sicilia deve forzatamente puntare il dito sul territorio e sugli stessi siciliani.
Se poi i tanti problemi di legalità che affliggono come un cancro la nostra terra, i problemi legati alla deficiente capacità imprenditoriale dei siciliani, che sembra preferiscano non operare piuttosto che rischiare il loro sonno, la mancanza di un istituto di Credito del territorio capace di convogliare i crediti sullo stesso ed aiutarne la crescita economica, se l’ endemica mancanza di infrastrutture riveste buona fetta di corresponsabilità, allora l’Altra Sicilia deve ritenere che la dismissione dello stabilimento di Termini Imerese, sia colpa della gente siciliana e della classe politica che si è scelta.
Oggi L’Altra Sicilia chiede ufficialmente al Ministro per le attività produttive di promuovere urgentemente un’ inchiesta governativa sulle ragioni della criticità del sito industriale di Termini Imerese, non come contentino a posteriori, puro esercizio accademico, ma in modo da identificarne i presunti limiti.
L’Altra Sicilia non vuole condannare sempre e comunque Fiat , ma vuole scoprire con l’occasione, la ragione degli aumenti spropositati del costo dei prodotti in Sicilia, e non soltanto relativamente al comparto automobilistico, ma anche rispetto ad altri comparti in sofferenza come le industrie di raccolta e di trasformazione dei prodotti agricoli, il comparto turistico alberghiero, il comparto dei beni culturali ed architettonici, convinta ad esempio, della competitività che presentano altre aree dell’est europeo, certamente piu’ affidabili.
L’Altra Sicilia, chiede pertanto l’inchiesta governativa seria e puntuale piuttosto che voler barattare con nuovi incentivi un eventuale accordo Fiat e del sindacato per la dismissione definitiva di Termini Imerese.
Sarebbero i soliti palliativi che non sono serviti a risolvere il problema di termini quanto piuttosto a diluirne l’agonia nel tempo grazie alla cassa integrazione , ai contratti a termine ed al lavoro interinale.
Noi altrosiciliani difenderemo costi quel che costi il sito industriale siciliano e ci opporremo sempre alla politica Fiat del prendere e scappare, ma anche alla politica del governo filonordista e antisiciliano,e, soprattutto, all’ignavia dei nostri fratelli illusi e addormentati.
L’Altra Sicilia
Ufficio Stampa