I giornali italiani si sono accorti della recessione.
Titoloni: “Petrolio alle stelle”, e “Euro a 1,51”, si sprecano.
Non c’è prova più evidente della inutilità e falsità della carta stampata, i lettori di blog ne sanno di più dei lettori del Corriere.
E nella tragedia globale che incombe, i media continuano a dar voce ad «ottimisti» che, in questi frangenti, sono criminali.
Tanti si buttano ad annunciare che Bernanke ci salverà perché farà nuovi tagli ai tassi primari (in pratica inondando di altri dollari il mondo che vi affoga, accelerando l’inflazione e mettendo nei guai l’Europa ancor più): senza dire che l’abbassamento dei tassi americani è oggi inutile anzi dannoso: la speculazione, con quei dollari che riceve in regalo, non compra – come spera Bernanke – azioni e obbligazioni e junk bond, ma «cose reali»: grano, petrolio, metalli (1).
E’ ovvio, quando una moneta si squaglia come un gelato, tutti accorrono a comprare «cose», liberandosi della carta monetata o rappresentativa di debiti: è il meccanismo che innesca l’iper-inflazione.
Le misure di Bernanke mostrano una sola cosa: che le Banche Centrali hanno perso il controllo, che il timone non risponde più, e che ad andare alla deriva è anche la grande speculazione che hanno favorito de-regolando e inflazionando.
Non c’è più nessuno al volante, nessuno che sappia cosa fare.
C’è un articolo di Ciampi che inneggia, con la retorica stantia del linguaggio massonico, al «successo dell’euro».
Nulla di ciò che dice il venerato maestro ha un senso in economia: per Ciampi, l’euro è il coronamento del progetto europide, di impedire guerre fra europei (un rischio che non esiste dal 1945).
Pura e semplice ideologia, ed in gravissimo ritardo.
Ciampi invita ad approvare il trattato di Lisbona, disapprovato dagli abitanti europei.
Come Napolitano qualche giorno fa: è la Massoneria che ancora dà le sue direttive a noi sudditi.
Ciampi è un portavoce di questa Massoneria che non ha voluto la fortezza-Europa: se fossimo un solo mercato chiuso ai venti speculativi e alle merci sottocosto esterne, oggi l’Europa sarebbe più forte e più unita, nella crisi che avanza.
Non per ideologia massonica, ma per evidente interesse comune.
C’è un economista che spiega come l’Italia, «per tornare a crescere», deve «attrarre capitali stranieri».
Apparentemente ignaro del fatto che i capitali esteri si stanno volatilizzando a trilioni negli immensi buchi delle perdite bancarie, confessate e inconfessabili; presto non ci sarà capitale per nessuno, già è in corso la restrizione globale del credito.
Perché poi quei pochi speculatori non in bancarotta, ancora liquidi, dovrebbero mettere soldi in un Paese dove la burocrazia (Casta) si è data come missione quello di punire le imprese; dove la scuola sforna ignoranti inoccupabili; dove mancano brevetti e, più in generale, intelligenza, il suddetto economista non lo spiega.
Sta solo ripetendo una lezioncina imparata in qualche modo anni fa, quando il globalismo trionfava. Ora è finito, ma lui non lo sa. O non lo dice.
Non si dice, bisogna mantenere fermi i dogmi dell’ideologia terminale del capitalismo, quel capitalismo che ha creato «classi dirigenti» irresponsabili, deliberatamente distruttive del lavoro e dell’impresa – come le nostre banche che rifilano tutt’ora «derivati» ad aziende sane, o a malsani Comuni e Regioni, e le fanno fallire a forza di perdite finanziarie, perché loro guadagnano belle «commissioni» occulte.
Come i nostri politicanti, divenuti irresponsabili perché tanto all’economia ci pensano «gli altri», la grande finanza, l’America, la Federal Reserve, il «mercato globale».
Non occorre più governare, basta scremarsi gli emolumenti enormi del far-niente, lasciando che la cittadinanza tartassata se la veda coi rincari e la disoccupazione.
Disoccupazione: con l’euro a 1,51 dollari, già la BMW annuncia il taglio di 5.600 posti di lavoro e minaccia «misure più drastiche» se l’apprezzamento della euromoneta si aggrava (2).
Per la Dassault francese parla il suo capo, Charles Edelstenne: «Non ce la facciamo più a produrre nella zona euro, a questo tasso di cambio. Il passo naturale prossimo sarà trasferire le fabbriche nella zona dollaro o nelle aree a basso costo» come la Cina.
«Ciò riguarda anche la ricerca, non solo le fabbriche», precisa.
Airbus dice la stessa cosa: logico, produce in euro ma vende i suoi aerei in dollari.
Quindi o deve rincarare i prezzi (perdendo quote di mercato), oppure trasferire le lavorazioni in India e Cina.
Ma la Banca Centrale Europea, dura, annuncia che i tassi non li ribasserà.
Questa è l’Europa cui inneggia Ciampi, il Mass-calzone.
Un’Europa che si dissangua delle sue industrie superiori e delle sue competenze più preziose.
E a cui avevano promesso, i Massoni-scalzacani, «prezzi bassi» grazie alla globalizzazione: andate al mercato rionale e alla pompa di benzina e vedrete.
Nelle economie chiuse la disoccupazione faceva almeno calare i prezzi, nell’economia aperta ai venti pestilenziali globali, nemmeno questo: disoccupazione più rincari, ecco il vero paradiso per Ciampi.
I giornali italiani, ora che si sono risolti a parlare di «recessione» (mentre già si profila la grande depressione), naturalmente non spiegano che questa crisi ha dei responsabili, che non avviene per disgrazia naturale.
La BCE mantiene il tasso al 4% (la FED ha abbassato dal 5,25% al 3%, almeno ha reso concorrenziale l’industria esportatrice USA).
La BCE dice: per contrastare l’inflazione. Ma l’inflazione non l’ha contrastata, in Europa si aggira sul 3,2% ufficiale (triplicate la percentuale per avere la cifra reale), e allora l’intera politica della BCE è fallimentare: quelli meritano il licenziamento, non i lavoratori – che invece saranno licenziati.
L’Europa di Ciampi è quella dove i grand commis, i massoni non eletti da nessuno, gli sprezzanti irresponsabili autori dei disastri, non pagano mai.
Il solo risultato raggiunto dalla BCE è che un fiume di moneta «rovente» si è precipitata in Europa al solo scopo di lucrare sul differenziale.
Nessun altro scopo utile, nessun investimento reale in beni reali.
Difatti, chi prova a chiedere un fido constata che il credito è ridotto, difficile.
Nonostante i fiumi di moneta calda e pseudo – capitali in arrivo.
Abbiamo insieme una euro moneta «fortissima» ed un’alta inflazione, moneta forte e de-industrializzazione.
Solo il governo francese sta cercando di attivare l’articolo 104 di Maastricht, che dà ai governi europei la facoltà di prendere il timone della politica dei cambi, sottraendolo alla Banca Centrale Massonica.
Ma per riuscirci, deve avere al suo fianco altri governi europei.
Per adesso, Parigi è stata lasciata sola.
Cosa volete che importi a Veltroni, Berlusconi, il governo vero.
Cosa volete che importi a Mastella o Bertinotti.
Da noi il «governo» è occupare posti nelle ASL con propri clienti.
Un’Europa più unita, dice Ciampi.
Se avesse mai letto un manuale di economia e finanza (non aveva tempo: dove far carriera in Loggia, è così che si diventa governatori di Bankitalia e Venerati Maestri), capirebbe che l’euro unico in economie plurali a diverse velocità sarà l’imminente causa dell’esplosione dell’Unione.
Per comprare i Buoni del Tesoro italiani in euro, la speculazione vuole 0,43% d’interesse in più che per acquistare i Buoni del Tesoro tedeschi a dieci anni.
Per comprare il debito greco, i «capitalisti» terminali vogliono 45 punti in più.
Per quello spagnolo vogliono 28 punti più che per il debito tedesco.
Questa divaricazione diverrà fatale. Anzitutto per l’Italia, Grecia e Spagna, ma anche per l’euro, la presunta moneta «fortissima», anzi troppo forte.
L’ufficio cambi di BNP Paribas ha smesso di comprare titoli di debito della zona euro, prevedendo una caduta della moneta «forte», aggravata dall’allegro Club Med, noi greci e spagnoli, che dobbiamo il nostro «benessere» precedente non ad attività utili e vendibili, bensì al boom dei mutui grazie a tassi d’interesse ridicoli.
Invece di studiare in università all’altezza dei tempi e sfornatrici di brevetti, ci siamo comprati le seconde case; invece di lavorare, abbiamo venduto case e accresciuto i consumi. Finche è durata.
«L’economia europea si indebolirà dalla periferia al centro», dicono a Paribas: prima Italia Spagna e Grecia, e Irlanda, chi si è esposto troppo sui mercati immobiliari, chi ha vissuto da cicala. La recessione comincerà da qui.
La Germania resisterà di più: la sua manodopera ha accettato tagli draconiani delle paghe, e i suoi capitalisti hanno messo quei risparmi in nuove tecnologie, che aumentano la produttività pro capite. Ha così acquisito il 30% di produttività in più rispetto al lavoro italiano.
Ma con l’euro a 1,51, anche la Germania comincia a perdere colpi nell’export.
Viene il momento in cui gli speculatori che si buttano sull’euro solo perché rende di più del dollaro, cominciano a guardare oltre il rendimento immediato finanziario; che cosa stiamo comprando? Titoli di Paesi che non esportano più, le cui industrie vengono spostate in Cina… addio euro forte.
E i colpevoli non pagheranno. Non Ciampi, non Draghi, non Goldman Sachs.
Non i nostri politicanti che si sono staccati dal destino nazionale, a loro non mancheranno mai i miliardi, anche se a noi mancheranno i centesimi.
Il globalismo ha creato dirigenti assolutamente irresponsabili, privi di scrupoli e incapaci di vedere oltre il loro naso: e i giornali li ascoltano come venerati maestri.
Maurizio Blondet
www.effedieffe.org – (28 febbraio 2008)
1) «Di fronte al collasso del ricco mercato dei derivati e alle difficoltà delle Borse, la finanza d’assalto si è riversata in massa, a caccia di guadagni facili, sui listini del greggio, del grano, dei metalli, come mostrano le impennate dei prezzi di queste settimane. Pronta a qualsiasi scommessa, almeno sulla carta. L’ipotesi del greggio a 200 dollari al barile è, ad esempio, piuttosto remota.
A novembre c’erano in atto 500 contratti di opzione, che davano cioè diritto a comprare greggio a quel prezzo il mese successivo. A gennaio, le opzioni per il greggio a 200 dollari erano diventate oltre 5.500. Speculare sul greggio è più facile e meno costoso che speculare sulle azioni. Quelle opzioni per il greggio a 200 dollari, costavano 30 centesimi al barile. Se poi il greggio, come è avvenuto, non raggiunge quel prezzo, si possono buttare nel cestino, senza altri costi o obblighi di comprare»; così Maurizio Ricci («Petrolio, così la speculazione affonda la nostra economia», Repubblica 28 febbraio). Repubblica è uno dei pochi giornali che non indorano la pillola.
2) Ambrose Evans Pritchard, «Soaring euro threatens european jobs exodus», Telegraph, 28 febbraio 2008.