Sulla richiesta dei savoia
Il 20 novembre 2007 è una data certamente da ricordare. Il sito del Corriere della Sera così titolava: “I Savoia chiedono 260 milioni allo Stato” e sottotitolava che questi personaggi “Pretendono anche la restituzione dei beni confiscati quando nacque la Repubblica”.
In pratica, i rimasugli indigesti della real casa savoia (scritto rigorosamente e volutamente minuscolo, proprio come la loro importanza e la storia della loro famiglia richiede e merita), “Vittorio Emanuele di savoia e suo figlio, Emanuele Filiberto, hanno chiesto ufficialmente allo Stato italiano il riconoscimento di danni morali per un valore complessivo di 260 milioni di euro, senza contare gli interessi…”. Basterebbero solo queste farneticazioni per invocare hic et nunc la riapertura dei manicomi.
Riferiva ancora il Corriere che a rivelarlo erano stati gli stessi Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto i quali, in una intervista che andò in onda la sera su Rai Tre a Ballarò, “spiegano di avere inoltrato la richiesta di danni circa 20 giorni fa con una lettera di sette pagine al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e al presidente del Consiglio, Romano Prodi, tramite i propri legali, Calvetti e Murgia. Tra i motivi della richiesta di risarcimento illustrati nella lettera e spiegati da Emanuele Filiberto ci sarebbero i danni morali dovuti alla violazione dei diritti fondamentali dell’uomo stabiliti dalla Convenzione Europea per i 54 anni di esilio dei savoia sanciti dalla Costituzione Italiana”.
È tutto vero, attenzione!! Questi individui da sceneggiata napoletana credono di potere riportare l’orologio della storia indietro di parecchi decenni. In più, non si rendono conto di dovere, al contrario, ringraziare il popolo italiano che, SBAGLIANDO DECISAMENTE A VOTARE, ad un certo momento mandò in Parlamento personaggi che permisero ai cosiddetti savoia di ritornare in Italia.
Fu, questa, certamente una pochezza politica degna della classe cosiddetta dirigente che sta facendo rimpiangere agli italiani il CAF; e fu anche il sintomo di una malattia ancor più grave del male stesso (i savoia): l’incapacità, da parte dei politici meridionali, di guardare in faccia la propria storia senza le distorsioni costruite ad arte dai cosiddetti vincitori.
Non ci stancheremo mai di ripeterlo: per il Sud l’invasione barbarica dei savoia, al soldo dei massoni britannici, fu l’inizio della fine. La tanto, ancora oggi, sbandierata “unità” è stata consumata con una aggressione di una violenza superiore a quella perpetrata da Milosevic nei Balcani. Ma che non si dica, perché la Verità, in Italia, è stata ridotta allo stato di una puttana: è di tutti, sta nella bocca di tutti e tutti se ne servono come vogliono.
Ci piacerebbe che, almeno, i politicanti che li hanno re-importati mettessero le mani nelle proprie tasche ed esaudissero questo accorato desiderio di padre e figlio; anche perché il governicchio di Prodi, tra le cui fila siedono importatori di queste due salamandre imbalsamate dalla storia, ha detto nisba alla delirante richiesta. Anzi, riportava il Corriere, replicava “attraverso il segretario generale della presidenza del Consiglio, Carlo Malinconico, che spiega che il governo non solo non ritiene di dover pagare nulla ai savoia ma che pensa di chiedere a sua volta i danni all’ex famiglia reale per le responsabilità legate alle note vicende storiche”.
Ci piacerebbe che qualcuno ci spiegasse a chiare lettere di quali “responsabilità legate alle note vicende storiche” si parla. Se, cioè, solo quelle legate alla firma delle leggi razziali, o anche alle ferite – non ancora rimarginatesi – inferte al Sud d’Italia per allargare la propria zona di potere e rimettere in piedi l’economia totalmente disastrata del Piemonte.
Aspettiamo, senza tuttavia farci soverchie illusioni, che il signor Malinconico ci fornisca una risposta esauriente. E non la chiediamo solo in nome e per conto de “L’Altra Sicilia”, ma soprattutto dei popoli del Sud Italia. Ivi compresi quegli utili idioti che hanno riportato in Italia queste scorie del passato, il cui smaltimento necessita tempi rapidi.
Giovanni Cappello
L’Altra Sicilia – Ragusa
PS: Il periodo sabaudo è ricordato dal popolo siciliano come un periodo nero della sua storia ed ancora oggi i contadini siciliani, dinanzi a uno spettacolo di desolazione e di miseria, esclamano “Pari ca cci passo’ casa savoia”.