Lettera di Massimo Costa ai rappresentanti RSU
Gent.mi rappresentanti RSU,
gradirei – se lo riterrete opportuno – rispondere di persona alle
domande da Voi poste, perchè la risposta non può essere affrettata.
Ve lo dico da candidato sindaco ma anche da ex dipendente della
Ragioneria generale di Palermo che aveva quotidianamente rapporti con la Sispi e che ne conosce i problemi da vicino.
Qualche riflessione generale voglio però inviarvela sin d’ora. Secondo
me non basta che un candidato sindaco dica “cosa voglia fare”; non si
può dare una “terapia” se non si è fatta prima una “diagnosi”.
Cos’è la SISPI? Non giuridicamente, ma nella sostanza, economicamente
parlando?
Nella sostanza la SISPI non è una società che ha avuto in appalto la
gestione informatica del Comune; essa è un “pezzo” dell’amministrazione
comunale, una ripartizione non dichiarata come tale… Quello che ci si deve chiedere è: le realtà analoghe in Europa (non solo in Italia, per favore) come si regolano? Hanno una società o una funzione dedicata con tecnologie hardware e software e, soprattutto, patrimonio dati, “proprietari” o si regolano sul mercato? Io – sebbene guarda caso docente universitario di “sistemi informativi” – non ho la risposta pronta. Non sono il politico che sa sempre tutto.
Bisogna fare uno studio preliminare per sapere quali sono le soluzioni
organizzative più efficaci ed efficienti che si usano nei paesi civili.
Istintivamente sono portato a dire che la delicatezza dei dati e delle
procedure pubbliche in gioco dovrebbe farci optare per una soluzione
“internalizzata”, ma non voglio essere così drastico: siamo in epoca di
outsourcing e di mercato globale e non vorrei fare scelte antistoriche.
Ripeto: ci vuole uno studio preliminare, un vero libro bianco.
Aggiungo che una società nata con capitale pubblico, in ambito
pubblico, con un unico cliente pubblico, non mi pare sia geneticamente pronta
per affrontare il mercato da sola, almeno in blocco.
Peraltro ritengo che il Comune di Palermo debba adottare una soluzione mista tra burocrazia e mercato nella propria informatizzazione: tenere all’interno una “qualificatissima” (e ben pagata e “snella” come organico) funzione sistemi informativi, per la gestione dell’hardware, per la custodia dei dati, per la manutenzione di procedure proprietarie, per la supervisione sugli acquisti da fare sul mercato, etc.., ma acquistare sul mercato tutto ciò che il mercato può offrire a condizioni migliori della produzione interna. In tal senso la SISPI è una finzione che va superata: una finta società esterna che finge di vendere al Comune i propri servizi.
Forse – ma si dovrebbe studiare con attenzione la soluzione- la società andrebbe scissa in 2 rami: Sispi per il mercato, Sispi per il Comune.
La prima dovrebbe trattenere solo risorse estremamente qualificate,
dovrebbe essere ricapitalizzata dal Comune, lanciata sul mercato aperto
con un piano strategico e poi venduta nell’arco di un decennio a capitale
privato, solo se questo garantisce prospettive di sviluppo per
l’azienda: meglio se straniero, se di quello siciliano non ce n’è a
sufficienza, perché di solito gli italiani comprano le aziende siciliane solo per
farle chiudere e limitare la concorrenza.
La Sispi “per il Comune” dovrebbe essere totalmente incorporata
nell’amministrazione comunale, al di là della forma giuridica da valutare,
facendo salvi i migliori diritti acquisiti per i suoi dipendenti,
introducendo – come in tutta la macchina comunale – sistemi di certificazione
di qualità dei servizi erogati, con retribuzione parametrata ai
risultati operativi raggiunti.
Se l’organico per la funzione dovesse risultare sovraddimensionato, si
bloccherà il turn-over fino al raggiungimento della dimensione ottimale
e, se sarà necessario, si favorirà la mobilità; blocco, però, cum grano
salis, perché le figure professionali indispensabili devono comunque
essere garantite.
In ogni caso sarà necessario un vero screening aziendale che dia il
reale quadro della situazione.
Come vedete non dico solo “cose comode”, soprattutto per un potenziale
movimento d’opposizione, ma mi candido al governo della città con
politiche in cui gli interessi legittimi dei lavoratori siano coordinati con
gli interessi pubblici della collettività ed a questi subordinati.
L’alternativa, peraltro, non sarà se non quella del “carrozzone”
mantenuto dal Comune, con un’inaccettabile mortificazione di professionalità
validissime che ho avuto il piacere di apprezzare quando ero
funzionario pubblico.
Massimo Costa
Candidato sindaco – elezioni comunali di Palermo 2007
L’Altra Sicilia – Antudo