QUANDO LA LEGGE STATALE VANIFICA L’AUTONOMIA
Bruxelles, 29 gennaio 2003
La potestà legislativa della Regione Siciliana è regolata dagli artt. 14 e 17 dello Statuto.
Nel primo dei detti articoli si legge che l’Assemblea “nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato… Ha legislazione esclusiva su alcune materie specificatamente indicate nello stesso articolo (agricoltura e foreste, bonifica, urbanistica ecc…).
Nel secondo articolo si legge, invece, che l’Assemblea Regionale “può emanare leggi entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato” sopra altre materie specificate nello stesso articolo (comunicazioni e trasporti, igiene e sanità ecc..).
La differenza tra le due disposizioni dovrebbe essere chiarissima e senza possibilità di equivoci: nella prima il limite è posto soltanto dalle leggi costituzionali, nella seconda dai principi di interessi generali fissati dalla legislazione statale. Le espressioni, poi, “ha legislazione esclusiva” e “può emanare leggi” sono alquanto significative in proposito.
Da tali disposizioni costituzionali, essendo lo Statuto convertito in legge costituzionale con la legge del 26-02-1948 n. 2, secondo il disposto dell’art. 116 della costituzione, discende come conseguenza logica che nelle materie elencate nell’art. 14 dello Statuto Siciliano, l’assemblea, rispettando i soli limiti delle leggi costituzionali, può adottare leggi che siano difformi da quelle dello Stato ed ispirantesi anche a principi diversi dai principi ed interessi generali cui si ispira la legislazione dello Stato nella restante parte del Territorio.
Quindi in tale materie non solo ci può essere una legislazione del tutto diversa da quella vigente nel restante territorio dello Stato, ma è anche eclusa l’invadenza degli organi legislativi statali. Nella lingua italiana le parole “legislazione esclusiva” riservata ad un determinato organo su certe materie non può non significare che a quael tale organo è riservata la potestà di emanare norme con l’esclusione dell’invadenza di norme provenienti da altri organi legislativi, nonché di regolarsi nel settore di competenza esclusiva come meglio crede, mantenendo per esempio la legislazione in vigore preesistente senza bisogno di una esplicita dichiarazione in tal senso. Competenza esclusiva, per essere veramente tale, importa, perciò, l’esclusione della competenza altrui; se non fosse così non sarebbe più competenza esclusiva, ma competenza concorrente, anche questa prevista e regolata a parte dall’art. 17 dello Statuto.
Le cose, però, non procedono in questo modo logico e perfettamente aderente alla lettera e allo spirito della norma statutaria, ma secondo la logica della politica costituzionale, da tempo prevalente, di contenimento, di mortificazione e di svuotamento delle disposizioni dello Statuto, assecondata tacitamente e talvolta esplicitamente dai partiti, che solo a parole si dichiarano autonomisti (leggi Nuova Sicilia & Co.), mentre di fatto nulla hanno mai operato per l’applicazione sincera e leale dello Statuto.
Si verifica, infatti, che la legislazione statale avente ad oggetto materie riservate alla competenza escusiva della Regione Siciliana trova immediata applicazione anche in Sicilia come se l’art. 14 dello Statuto non esistesse.
Si è sostenuto che le leggi della Repubblica hanno vigore in tutto il territorio dello Stato per forza propria cioé in quanto espressione della sovranità del popolo italiano e per esso dal Parlamento, ma non si tiene conto che con il patto costituzionale espresso dallo Statuto e dalla Costituzione il popolo italiano ha autolimitato la validità di certe leggi statali ad una parte del suo territorio.
La tesi secondo cui le leggi emanate dal Parlamento Nazaionale nelle materie riservate alla competenza legislativa esclusiva della Regione Siciliana si estendono per forza propria ed automaticamente anche nel territorio della Sicilia, qualora la Regione non abbia già legiferato al riguardo e vengono meno quando la Regione legifera successivamente è veramente una tesi abnorme e fonte inesauribile di incertezze.
Essendo invalso l’uso di legiferare in modo parziale ed incompleto su singole materie, quando si può dire che una delle parti ha legiferato per escludere la legge statale o quella regionale ?
Non è una frittata di cattivo gusto la commistione di leggi statali e di leggi regionali su una stessa materia con conseguenze paradossali per i Siciliani? (Vedi per esempio la materia urbanistica).
Ma vi è anche un argomento che a parere dello scrivente appare decisivo. Negli Statuti della Sardegna (Art. 57), della Val d’Aosta (Art. 51), del Trentino Alto Adige (Art. 92) e del Friuli Venezia Giulia (Art. 64) vi è una disposizione comune molto significativa in proposito, che stabilisce espressamente che “nelle materie attribuite alla competenza della regione, fino a quando non sia diversamente disposto con leggi regionali, si applicano le leggi dello Stato”.
Tale disposizione non esiste nello Statuto Siciliano. Da ciò appare evidente che il legislatore costituzionale ha voluto che le leggi future dello Stato riguardanti le materie attribuite alla competenza esclusiva dell’Assemblea Regionale Siciliana non si estendessero in nessun casdo alla Sicilia, tanto è vero che quando ha voluto tale estensione lo ha esplicitamente detto.
Va al riguardo rilevato che gli Statuti delle prime tre Regioni anzidette vennero emanati lo stesso giorno in cui lo Statuto Siciliano venne convertito in legge costituzionale (26 /02/1948) senza la modifica o l’aggiunta di alcunché.
Sostanzialmente avviene, invece, con il beneplacito dei politicanti locali appartenenti ai parti aventi sedi ed interessi al di là dello Stretto, che la legislazione viene esercitata dal Parlamento Statale anche nelle materie attribuite alla competenza esclusiva della Regione riservandosi al “Parlamentino Siciliano” soltanto la legislazione su materie di interesse clientelare locale.
Nel clima antiautonomistico ed antisiciliano, tuttora imperante anche sotto altre forme più subdole, va vista la sentenza del 06_09_1952 n. 2855 emessa dalla Cassazione a Sezioni Unite la quale ha avuto la capacità di affermare, contro la chiara dizione dello Statuto, che le norme emanate dall’Assemblea Siciliana non sono norme legislative, ma regolamentari sulle quali debbono prevalere sempre ed in ogni caso le leggi dello Stato.
È bene che i Siciliani sappiano queste cose e giudichino i partiti italiani ai quali affidano col voto la loro fiducia.
Il Siculissimo
N.B.: La tesi favorevole al presente scritto è stata ampiamente trattata e sostenuta dal Pretore di Caltanissetta con sentenza del 05-11-1969, pubblicata per esteso sulla “Rivista Penale” n° 3-4 del 1970 con nota favorevole dell’avvocato Rosario Li Vecchi, nonché dalla Corte d’appello di Palermo con sentenza del 31-03-1953, pubblicata dalla “Giurisprudenza Siciliana” del 1953 col. 87 e dal Consiglio di Giustizia Amministrativa Siciliana con decisione del 27-04-1950, pubblicata in “Giurisprudenza Siciliana” del 1950 parte IV col. 48
“Negli uomini non si teme il vizio, perché li rende schiavi; la virtù si, perché li rende padroni.”
“Nt’ all’omini non è ‘u viziu ca fa scantari, picchì ‘i fa divintari schiavi; ‘a virtù inveci sì, picchì ‘i fa divintari padruni.”