Lettera di Renato Meli al Presidente della Repubblica
L’ingegnere palermitano Renato Meli, componente del Circolo Metropolitano di Palermo de “L’Altra Sicilia – Antudo”, che da qualche anno vive e lavora a Roma, dopo la tragedia dello Stretto ha sentito di dover scrivere una lettera al Presidente della Repubblica. Questo il testo della sua missiva:
Al Presidente della Repubblica Italiana
Giorgio Napolitano
Palazzo del Quirinale
Roma, 17 gennaio 2007
Signor Presidente,
sono un emigrato siciliano che vive e lavora a Roma; uno dei tantissimi. Dopo quello che è successo il 15 gennaio (l’incidente nelle acque dello stretto di Messina), non mi sono potuto esimere dallo scriverLe la presente lettera, perché amo tantissimo la mia terra, la Sicilia, e sono molto contrariato.
La tragedia era ‘annunciata’, come sempre si suole dire in questi casi; anche questa volta i giornalisti hanno usato questo termine. Per quale motivo era ‘annunciata’? Perché ormai il traffico navale nello stretto, soprattutto con lo sviluppo del porto di Gioia Tauro, è diventato insostenibile. Ma è davvero così? È questo il vero motivo? No. Questa è una spiegazione troppo semplicistica, che porta alle seguenti conclusioni errate: che bisogna bloccare le infrastrutture portuali del sud e che escludere la Sicilia, centro del Mediterraneo, dalla rete delle cosiddette “autostrade del mare”, a favore di Genova, è stata una scelta saggia. In realtà, lo scandalo è che nel 2007 nello stretto di Messina non esista la copertura radar. Lo scandalo ancora maggiore è che centinaia di Siciliani debbano fare i pendolari e spostarsi ogni giorno da Messina a Reggio Calabria per portare a casa il pane per i propri figli; lo scandalo vero è che migliaia di Siciliani siano stati costretti a lasciare la loro terra, per andare a lavorare un po’ più su, verso il nord. Lo scandalo è che adesso l’emigrazione coinvolga soprattutto i laureati ed i professionisti, coloro, cioè, che dovrebbero costituire la futura classe dirigente siciliana.
La tragedia era, effettivamente, stata annunciata. Mi chiederà: quando? Io Le rispondo: è stata annunciata in un momento preciso della storia italiana e siciliana; momento ricordato, per incredibile coincidenza, proprio il giorno 15 da RAIUNO, che ha mandato in onda lo sceneggiato su Garibaldi e sulla spedizione dei mille. Lei, a questo punto, mi vorrà certamente domandare quale sia il nesso tra le due cose. Ebbene, c’è: la tragedia dello stretto è figlia diretta e legittima dell’unità d’Italia, ovvero, chiamandola con il suo vero nome, che per decenza non viene mai utilizzato, della ‘conquista della Sicilia da parte del Piemonte’. Ebbene, da allora la Sicilia non ha fatto passi avanti, perché è stata sempre svilita e sfruttata dall’Italia; la chiara e palese conseguenza di ciò è che in Sicilia ci sono gravissime carenze strutturali ed infrastrutturali e l’emigrazione raggiunge livelli inauditi per un Paese europeo. Quali benefici ha portato la conquista piemontese in quasi 150 anni? Ben pochi. Quali danni? Tantissimi. Per riconoscerlo, basta semplicemente avere un minimo di onestà morale, basta leggere la storia vera, non quella ufficiale, scritta dai vincitori.
Appena appresa la notizia dell’impatto delle due navi, Lei ha inviato immediatamente un messaggio di cordoglio. Mi scusi la malizia, ma vorrei raccontarLe cosa mi è venuto spontaneo pensare: ho pensato che un Presidente che voglia essere davvero il Presidente di un Paese unito dovrebbe assumersi l’onere e sobbarcarsi la fatica di andare sul luogo della tragedia, per mostrare la presenza viva e reale dello Stato. Ma lo Stato non era presente, perché in Sicilia lo Stato si fa vedere solo quando deve chiedere i soldi delle tasse, quando chiama i Siciliani ai sacrifici; non c’è quando la Sicilia ha bisogno. Lei ha mandato un messaggio, come avrebbe potuto fare Chirac o il Re Juan Carlos: è apparso come il messaggio di un qualunque altro capo di Stato, di un qualunque Stato straniero; Lei ha mostrato chiaramente di non essere il Presidente dei Siciliani, ha mostrato che la Sicilia non è Italia, ma è altra cosa. Lei non si è degnato di varcare il “confine” dello stretto per venire a dare conforto ai cittadini dello Stato di cui Lei dovrebbe essere il Presidente. Lei ricopre una carica istituzionale importantissima, ma non sente il dovere di attivarsi in prima persona per fare sì che vengano risolti realmente i problemi della Sicilia. Il suo dovere nei confronti dei cittadini Siciliani non può considerarsi assolto semplicemente emettendo un comunicato di cordoglio: spero che Lei se ne renda conto. Come il Re d’Italia scappò da una Roma bombardata, lasciando i cittadini abbandonati a se stessi, così adesso la Repubblica pretende di lasciare la Sicilia al proprio destino. Ebbene, la Repubblica sappia che la Sicilia è fatta anche di gente tenace, che vuole fare valere i propri diritti, che ha quegli ideali di libertà che Lei attribuisce ad un tricolore che in Sicilia ha portato principalmente schiavitù e povertà: i Siciliani sapranno fare valere i diritti che sono loro attribuiti dallo Statuto della Sicilia e che sono stati vilmente calpestati dalla Repubblica nel corso degli anni.
Tutto ciò ai suoi occhi potrebbe apparire come una bestemmia. Ebbene, Le dimostro immediatamente che ho ragione io. Ieri mattina, giorno 16 gennaio, ho visto il TG5 delle 8.00; hanno mandato in onda un servizio su un rapimento avvenuto a Borgetto, un piccolo centro in provincia di Palermo; la giornalista ha spiegato che gli inquirenti (lo Stato) definiscono ‘anomalo’ tale rapimento, in quanto le famiglie mafiose della zona hanno sempre avuto un controllo del territorio tale da mantenere l’ordine in maniera impeccabile; la stessa giornalista ha aggiunto, per dimostrare ciò, che l’ultimo rapimento a scopo di estorsione era avvenuto nel 1971. Ciò vuol dire che le cosche mafiose hanno mantenuto l’ordine per ben 35 anni… Ma non dovrebbe essere lo Stato a garantire l’ordine e la sicurezza? No, perché lo Stato italiano ha abbandonato la Sicilia a se stessa.
Come ho già scritto sopra, lo Stato è presente solamente nel momento in cui deve chiedere ai cittadini Siciliani di pagare le tasse. Non lo dico io, ma il Presidente della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro, come si legge nel seguente comunicato stampa del 3 ottobre 2006, tratto da “Sito Regione Siciliana – Ufficio Stampa”:
“Lancio un grido d’allarme forte e spero di essere ascoltato da tutti i parlamentari siciliani anche dell’Ulivo perché si ribellino ad un articolo della finanziaria dello Stato che non esito a definire iniquo e vergognoso”.
E’ duro il Presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro nel commentare l’art. 101 della Finanziaria nazionale che aumenta la quota di compartecipazione della Sicilia alla spesa sanitaria di 2,5 punti percentuali l’anno dal 2007 fino a portarla al complessivo 50% nel 2009.
“E’ un articolo vergognoso perché scritto con evidente intento punitivo nei confronti della Sicilia e dei siciliani. Nessuna altra regione si vede colpire in modo diretto, con una norma capestro scritta appositamente”.
“Si tratta di una evidente quanto inaccettabile provocazione da parte di un governo che vuole far pagare ai siciliani il peccato originale ovvero di avere eletto governo di segno politico diverso rispetto a quello nazionale”.
Cuffaro fa poi i conti con gli effetti di questo articolo della finanziaria nazionale: “La Sicilia pagava già, per effetto di una norma approvata da un precedente governo di centro sinistra, dall’allora ministro della sanità Rosi Bindi, la percentuale di compartecipazione alla spesa sanitaria più alta in assoluto in Italia. Oggi si mette in campo una nuova scelta immotivata e catastrofica che comporta un ulteriore aumento di circa 250 milioni di euro l’anno per la spesa sanitaria regionale per i prossimi 3 anni, quindi un aumento per complessivi 750 milioni di euro a regime nel 2009, rendendo insostenibile l’intera situazione finanziaria”.
“Lancio un appello – conclude Cuffaro – a tutti i parlamentari siciliani perché si oppongano con forza a questa ennesima norma scandalo e ne impediscano l’approvazione nei due rami del parlamento, nell’interesse primo dei siciliani che li hanno eletti”.
(http://82.187.202.146/ufficiostampa/2006/ottobre/cuffaro_finanziaria.htm)
In fondo forse noi Siciliani siamo davvero stranieri. E probabilmente Lei è troppo impegnato in onorificenze (come alla Nazionale Italiana), ricorrenze e cerimonie varie; Lei non può perdere tempo per venire a rendere l’omaggio dello Stato a quattro padri di famiglia che hanno perso la vita mentre svolgevano il proprio onesto lavoro.
RingraziandoLa per la Sua attenzione, resto in attesa di una Sua certamente pronta risposta.
Distinti saluti
Ing. Renato Meli