La Sicilia è diventata meno italiana? Ma quando lo è stata veramente?

Palermo, 23 ottobre 2006

L’Altra Sicilia – Antudo ha ricevuto l’interessante segnalazione di un fondo di Salvatore Butera, valente intellettuale siciliano, pubblicato ieri, domenica 22 ottobre, su La Repubblica, edizione di Palermo dal titolo “La Sicilia è diventata meno italiana”.

Abbiamo letto l’articolo, lo riprodurremo di seguito con i nostri commenti quasi per intero, lo abbiamo trovato interessante, sia per la tribuna che lo ha ospitato, tradizionalmente ostile a qualunque forma di rivendicazione d’identità siciliana, sia soprattutto per quello che non dice, che non può dire, ma che è il necessario corollario di quelle idee.


Ci ricorda la storiografia ufficiale sulla Sicilia di qualche decennio fa: di fatto una storia nazionale ma non si poteva dire apertamente, non si poteva parlare male di Garibaldi ma lo si poteva dell’Unità d’Italia (per come “era stata fatta”), quanto poi all’Autonomia avrebbe segnato la sconfitta della mafia, del Separatismo, dei complotti americani per togliere l’isola all’Italia, nel segno di una collaborazione catto-comunista che avrebbe consegnato l’isola a sicuro progresso. Era manichea questa attribuzione di tutto il male ai poveri separatisti e di tutto il bene agli altri, persino la conquista dell’Autonomia Speciale; era assurdo non cogliere il legame tra la classe politica che vinse quello scontro e la mafia ma tant’era… Era una storiografia che mirava a confondere i semplici ed a lanciare dubbi in chi semplice non era…

Anche Butera dice e non dice. Il suo articolo può essere letto, per i sempliciotti, come la necessità di farla finita con questa ingombrante identità siciliana, ma – ad una lettura meno “sempliciotta” – può leggersi come l’ineluttabilità di questa identità.

Lasciamo a lui la parola con qualche omissione non essenziale e qualche nostro commento tra parentesi quadra.

« La domanda è questa: ma la Sicilia è in Italia? La più grande regione del paese per estensione ne fa ancora parte o non sta diventando piuttosto un’isola del Mediterraneo alla ricerca di una nuova identità [nazionale] in un mondo percorso dalla globalizzazione? E dire che l’Isola diede un contributo decisivo all’Unità italiana dapprima con i moti del ’20 e del ’48, allorquando il 12 gennaio … in quell’anno circa di governo provvisorio si trovò una classe dirigente che contribuì poi col fuoriscitismo alla saldatura del processo risorgimentale…
[E qui il fine Butera paga il suo tributo alla storiografia ufficiale. Non può non sapere che i moti del ’20 erano solo per l’indipendenza e così pure quelli del ’48, sia pure legati alla causa italiana dall’obiettivo confederale. La costituzione di Ruggero Settimo, poi citato nella parte da noi omessa, recitava “La Sicilia sarà sempre stato indipendente”. Le idee di Francesco Ferrara, pure citato nella parte da noi omessa, furono apertamente confederaliste fin oltre il 1860. Però c’è del vero in quelle sue parole: la classe dirigente aprí le porte ai Savoia sperando che questi avrebbero dato spazio alle idee di sovranità siciliana, magari sotto protezione italiana, e in questo furono traditi e delusi subito dopo lo sbarco di Garibaldi. Non ebbero la forza di organizzare una vera resistenza, si limitarono ad un “mugugno” che fu definito, quasi spregiativamente, “regionista”.
È vero che “saldarono” il processo risorgimentale, ma come tutte le saldature, attaccarono malamente con un po’ di stagno fuso due storie diverse, quella siciliana fino al 1860 e quella italiana poi. In ogni caso il “contributo all’Unità d’Italia” della Sicilia non fu totalitario e fu tutto limitato al 1860, il più grande equivoco tragico della nostra storia, equivoco definitivamente seppellito sotto i fucili italiani del 1866 nella rivolta del “Sette e Mezzo”.]
…L’impresa di Garibaldi non solo unì la grande Sicilia al resto del Paese ma in qualche misura suggellò il grande moto risorgimentale svoltosi tuttavia in tempi tanto brevi quanto lunghe le erano state l’utopia e la preparazione e l’utopia. Non era per forza detto che la Sicilia si unisse all’Italia… Ma è dopo l’unità che cominciano i guai; fin dall’inizio il Paese non sa che fare dell’intero Mezzogiorno e a maggior ragione della grande isola che ne chiudeva il perimetro verso Sud… In Sicilia convivono confusi e sovrapposti movimenti di segno opposto che possiamo per comodità definire di destra e di sinistra… [in breve un movimentismo anti-italiano ora neo-borbonico ora post-garibaldino, etc.] Lo Stato dal canto suo non trova di meglio che adottare la politica dei poteri straordinari: prodittatori, prefetti, generali, una logica della specialità e dell’“a parte” che è proseguita fino ai giorni nostri [il semplice pensa a questo punto: ma perché questo diavolo di specialità? il furbo o il colto ne coglie l’ineluttabilità se essa parte niente meno che dallo stesso Stato italiano] Basti pensare al generale Dalla Chiesa. Nel frattempo non mancano gli episodi inquietanti a cominciare dai “pugnalatori” di Palermo del 1862… [insomma, in breve, in pochi anni la Sicilia italiana diventa quello che non era mai stata, la terra della mafia, e si logora per sempre il rapporto con l’Italia] e nel ’94 scoppia puntuale la rivolta dei Fasci Siciliani duramente repressa dallo stesso Crispi. Troppo grande e troppo lontana la Sicilia, con troppa identità, troppa storia, troppo paesaggio [a parte il paesaggio, sembra un riassunto efficacissimo dell’Introduzione della Carta de L’Altra Sicilia]. Da qui nascerà la battaglia del secondo ‘900, dopo la parentesi del fascismo e della guerra . Nella lotta tra separatismo e autonomia vince come è noto l’utopia sturziana che non riesce a fare a meno di ammalarsi di sicilianismo facendo dello Statuto un’arma spuntata che nel tempo … [passaggio contraddittorio: l’identità genera l’autonomia, ma questa non dovrebbe essere “sicilianista”, perché il sicilianismo sarebbe niente di meno che la causa del fallimento dell’Autonomia, e non come è ovvio il fatto che l’Autonomia sia stata consegnata agli “italianisti” che ne hanno fatto scempio; poi il separatismo viene contrapposto all’autonomismo, come se l’Italia avesse voluto concedere l’Autonomia alla Sicilia se non ci fossero stati i separatisti. Qui l’Autore omaggia di nuovo lo storiografia di regime di cui dicevamo in apertura, ma – per chi vuole capire – ci dice che dall’Autonomia in poi l’alternativa Sicilia autonoma vincente – Sicilia omologata perdente, è sempre più evidente] ..lo stesso concetto di autonomia. Più quest’ultima si accentua e più si colgono le differenze dal resto del Paese; più si sottolinea la diversità e più la Sicilia si allontana dall’Italia fino alla crisi odierna…
La crisi siciliana non era mai probabilmente arrivata a tanto…Il Paese è sostanzialmente percorribile fino a Napoli, fino a Bari e perfino la stessa Calabria appare in qualche misura più unita. Quei tre chilometri dello Stretto di Messina sembrano divenuti un valico insuperabile, quasi un muro tra il Paese e la Sicilia. Quest’ultima annovera ormai nella propria storia personaggi, leggi, istituzioni diverse che finiscono per farla rinchiudere sempre più in sé stessa. [E qui dà contro la specialità che isolerebbe… no comment!] L’Isola dunque è più isola che mai e sembra non volersi integrare col resto di Italia il quale da canto suo la conosce solo per qualche puntata del Commissario Montalbano, qualche etichetta di vino e qualche breve viaggio…[controcanto alla precedente affermazione: se siamo estranei, e percepiti come tali, se ci viene riservato sempre il ruolo di “addetti alle pulizie”, se nessuno rispetta la nostra identità, perché dovremmo avere tutta questa smania di integrarci? Perché legarci ad un paese che non vuole che interagiamo direttamente con l’esterno ma solo con esso, come un geloso Barbablù che ci ha sequestrato al mondo? Altro che isolamento!]».

Fin qui il Butera. Che dire?

Se dal 1860 siamo sempre piú alieni all’Italia perché farne un dramma? Non può essere che è questo il nostro destino naturale e che tutte le nostre sventure nascono dal non averlo capito?


Se vogliamo proprio salvare qualcosa di quel 1860, come pensiamo a lui e ad altri intellettuali stia a cuore, non sarebbe giusto riconoscere che la Storia di Sicilia è la storia di un Popolo, di una Nazione, profondamente legato alla vicina Italia, ma con una storia a sé? Che anche prima del 1860 italiani non eravamo se non per lingua ufficiale?

Ufficio stampa

L’Altra Sicilia – Antudo


Movimento politico dei Siciliani “al di qua e al di là del Faro”