UNA STRADA DI PALERMO DEDICATA AD UN ASSASSINO
Palermo, 13 settembre 2006
Una “tipicità” tutta siciliana è quella di dedicare la propria toponomastica a chi ci ha fatto del male. Evidentemente per chi ha dominato la Sicilia “eroe” non è chi ha amato la Sicilia ed ha lottato per la sua libertà, bensì chi ha ucciso, chi ha rubato, etc.
Questa volta non vogliamo parlarvi né di quel palermitano Corso Alberto Amedeo, dedicato ad un fratello di Carlo Alberto di Savoia che ebbe il “merito” di rifiutare la corona che gli veniva offerta nel 1848 dal Parlamento di Sicilia, né di quelle vie del “Plebiscito” (che sono una pagina nera nella storia della democrazia e delle libere consultazioni)…..
né di quel Ferdinando II di Borbone, il re “bomba”, al quale a Messina è dedicata una statua per ringraziarlo dei bombardamenti ricevuti, e nemmeno di quel “macellaio” di siciliani che fu Francesco Crispi, al quale sono dedicate le migliori vie e statue qua e là nell’Isola.
Gli esempi non mancano, ma questa volta ci vogliamo concentrare su una centralissima via di Palermo, traversa del “Cassaro” (oggi via Vittorio Emanuele) all’altezza della Cattedrale: la via “Matteo Bonello”.
Chi era Matteo Bonello?
Era un assassino!
Ai tempi di Guglielmo I (chiamato “il Malo” né più né meno che per il fatto di voler far rispettare la legge) che regnò in Sicilia dal 1154 al 1166 organizzò una cospirazione di baroni che non volevano pagare i giusti tributi per fare fuori niente meno che il capo dell’esecutivo, il “Gran Cancelliere” Maione di Bari, integerrimo uomo di stato.
La rivolta riuscì nell’efferato delitto, compiuto dallo stesso Matteo, signore di Caccamo, e nell’obiettivo di prendere d’assalto il Palazzo Reale per bruciare i registri catastali. Re Guglielmo venne infine a capo della rivolta, punendone i colpevoli, e riportò l’ordine ma l’omicidio ormai era compiuto.
La mafia – l’abbiamo detto – come intreccio tra malaffare e politica, nasce non prima del 1860 ed è in “gestazione” nel cinquantennio precedente sotto la sferza della polizia borbonica.
Non siamo così miopi, però, da ignorare che “prima” della mafia esisteva da lungo tempo in Sicilia un ingrediente locale che poi sarebbe stato determinante alla sua nascita: l’arroganza e l’anarchia baronale.
Ingrediente questo comune a tutta Europa e che in Sicilia ha avuto possibilità di diventare quel che è diventato solo per dinamiche tutte interne al mondo contemporaneo che qui non possiamo che evocare e richiamare, in sostanza, alla dominazione italiana ed ai suoi complici “locali”.
Ecco! Se andiamo a cercare un atto di nascita di questo ingrediente tutto siciliano “pre-“mafioso lo troviamo proprio nella torbida cospirazione di Matteo Bonello. Mai prima d’allora, sotto i due Ruggero o sotto lo stesso Guglielmo, l’ordine del Re (o del Gran Conte) era stato turbato in maniera così vistosa e anche se, per lungo tempo, questa “anarchia” sarebbe stata tenuta a freno da monarchi capaci (almeno fino alla metà del Trecento), in seguito sarebbe esplosa ed infine degenerata in assenza di re propri.
Ecco chi era Matteo Bonello! Il fondatore della criminalità organizzata siciliana! Che dire?! Un vero eroe. Tanto eroe che persino la Chiesa Cattolica si piegò al compromesso ed appese l’elsa del pugnale che uccise il cancelliere alla porta dell’arcivescovado… ed è ancora lì, in quella che oggi si chiama via Matteo Bonello e che dovrebbe chiamarsi “Via del Gran Cancelliere Maione”!!
Sarebbe un bel gesto di recupero della legalità se la Chiesa di Palermo schiodasse quel monumento alla violenza – proprio nella casa del Signore – e lo riponesse in qualche museo. E’ come se oggi conservassimo e proponessimo alla folla come cimeli da venerare i resti degli ordigni che fecero saltare in aria Falcone e
Borsellino!
Qualcuno dirà: “Roba vecchia! A che serve rivangare?…”. Per noi de L’Altra Sicilia – Antudo serve eccome! Serve almeno sintantoché i nomi delle vie ed i simboli della violenza regnano ancora incontrastati in Sicilia.
Quando l’elsa sparirà e il nome cambierà, lasceremo agli storici queste amenità… ma oggi sono ancora vive e vegete.
Finché dedicheremo vie ai delinquenti anziché agli eroi che hanno resistito loro non saremo mai un paese normale.
L’Altra Sicilia-Antudo – Ufficio stampa