”L’Altra Sicilia – per il Sud” indipendente per necessità da destra e sinistra

Bruxelles, 21 marzo 2006

In più occasioni di questa campagna elettorale ci viene chiesto quale sarà la nostra collocazione parlamentare nel rapporto con i due principali schieramenti nazionali.

Ci è stato chiesto ripetutamente in interviste e trasmissioni in cui i nostri candidati hanno preso parte.
Da ultimo tale domanda è stata posta in occasione della tribuna elettorale andata in onda domenica notte (alle 12:10 circa, questa è l’audience riservata agli italiani “stranieri”) e non è mal posta in fondo se si considera il fatto che la politica italiana di oggi è articolata su di uno schema bipolare e se si considera la radicalizzazione estrema dello scontro in atto.


L’Altra Sicilia ha deciso, nonostante ciò, di correre da indipendente in queste elezioni, insieme agli alleati di “per il Sud”, e di contribuire di volta in volta a formare maggioranze parlamentari su provvedimenti che concretamente siano a servizio degli emigrati siciliani e meridionali ovvero a servizio della Nostra Sicilia, senza il cui riscatto i Siciliani nel mondo non potranno mai esibire con orgoglio la loro identità.

Tale decisione non è dettata da valutazioni opportunistiche (che non ci appartengono e che, alla lunga, fruttano ben poco) o da atteggiamenti qualunquistici (inadatti a chi come noi, da sempre, tenta di tradurre la protesta in proposta concreta) ma si configura come una vera e propria scelta politica che, con questo comunicato, intendiamo chiarire ancora una volta e, si spera, in maniera definitiva.

Per inciso si osserva, intanto, che le “regole” per l’elezione degli italiani all’estero sono abbastanza sui generis (proporzionale puro con preferenza, senza sbarramenti e senza premio di maggioranza) per rendere tecnicamente inconsistenti gli inviti al bipolarismo ad ogni costo.
E’ come se – in altri termini – i cittadini residenti all’estero votassero con le regole che vigevano in Italia nella I Repubblica, in cui – si ricorda – i cittadini davano alle singole liste le loro preferenze e queste poi negoziavano in Parlamento il consenso ottenuto.
Diciamo “tecnicamente” perché politicamente il contesto è comunque diverso e “politicamente” diamo una risposta.

Storicamente le formazioni autonomiste, regionaliste, nazionaliste “locali”, etc. non hanno mai fatto confluire in maniera pura e semplice il consenso da loro ottenuto in uno dei due “poli” nazionali (a meno che non si trattasse di fiancheggiatori o “liste civetta”).
Così, storicamente, i nazionalisti irlandesi erano equidistanti tra whighs e tories (anche se un po’ più vicini ai primi) prima che l’Irlanda conquistasse l’indipendenza, così l’autonomismo catalano o quello scozzese e via discorrendo. Per venire in Italia, la SVP, il movimento autonomista di maggiore successo e stabilità, al cui congresso è intervenuto lo stesso Prodi, non è organicamente inserito nell’Ulivo, ma ha con questo stipulato un accordo di alleanza perché questo, meglio della Casa delle libertà, garantisce l’Autonomia Speciale del Tirolo Meridionale.

L’Altra Sicilia, formazione identitaria, di “raccolta” del Popolo Siciliano al di qua e al di là del Faro, in difesa dell’Autonomia esistente e degli interessi specifici del Popolo Siciliano e proteso alla conquista di un rapporto confederale tra Sicilia ed Italia e a un generale riscatto per una “nazione negata”, sia pure all’interno di una compagine politica statuale italiana, non può quindi delegare in bianco i consensi ricevuti presso una o un’altra delle formazioni italiane se prima queste non danno nessuna garanzia per il Popolo Siciliano.
In particolare ad oggi non esistono condizioni minime (non è detto che non ve ne saranno in futuro, ma questo è altro discorso) per una qualunque forma di accordo di legislatura con chicchessia: il Popolo Siciliano è oppresso dallo Stato italiano, umiliato nella propria identità e dignità, subordinato e sacrificato sistematicamente agli interessi strategici del Paese quasi quale una colonia interna, continuamente defraudato della propria autonomia e di quanto gli spetta, sia in termini di competenze sia in termini finanziari.

In queste condizioni un’alleanza, anche solo tattica, avrebbe solo il sapore del tradimento. Dimostriamo prima di cosa siamo capaci in termini elettorali, con i nostri veri e unici alleati, gli elettori siciliani; poi, se sarà il caso, saremo pronti a dialogare con tutti.
Nel merito poi abbiamo più volte detto che l’ostacolo principale per un accordo col centro-sinistra è la storica avversione che questo schieramento ha nei confronti di qualsiasi autonomismo siciliano (nonostante minoritarie voci in senso opposto): avversione che parte persino dai Fasci Siciliani, quando i “Socialisti Italiani” abbandonarono al loro destino gli stessi compagni siciliani in rivolta.

Per contro l’autonomismo di facciata del centro-destra appare ancora più pericoloso, perché strumentale ad inconfessabili interessi e sistematicamente di ostacolo a qualunque progetto di sviluppo della Sicilia.
Inoltre il centro-destra ha un problema in più del centro-sinistra che non possiamo nasconderci e che deve risolvere da solo: l’anomalo conflitto di interessi del suo “premier” che ha gettato le istituzioni italiane in una crisi che ormai dura da quindici anni.
Sotto questo aspetto sapremo bene schierarci a difesa dell’autonomia dei poteri di controllo della Repubblica, della pluralità dell’informazione (ma tale anche in senso geografico perché “anche” la Sicilia abbia la sua voce e non sia colonizzata culturalmente dall’Italia) e della difesa di un generale principio di legalità (di cui la Sicilia ha un bisogno estremo).

Ma nessuno cerchi di strumentalizzare questo nostro rigore morale per tirarci la giacca di qua o di là.
Noi siamo liberi e, all’indomani del voto, potremo schierarci con chi accetti, magari solo per una parte che riteniamo significativa, di tutelare la Sicilia e i Siciliani. Il nostro è peraltro un federalismo trasversale che mette insieme tradizioni politiche diverse (nazionaliste, liberali, cattoliche, socialiste), accomunate dal rispetto dei generali valori di libertà e di democrazia.

Per il resto non ha senso, a 146 anni da una c.d. Unità che ci ha lasciato divisi e che non ha avuto mai, chiunque abbia vinto le elezioni, la forza di intaccare la Questione Siciliana, richiamarsi a questo o a quel leader nazionale.

Sarà una lotta importante per l’Italia, ma per la Sicilia l’unica cosa che conta ora è quella di inviare al Parlamento dei veri deputati e senatori siciliani.

ANTUDO!

Ufficio Stampa