LA POSTA IN GIOCO IN QUESTE ELEZIONI
Bruxelles, 13 marzo 2006
Ci siamo chiesti perché più del 90 % degli “italiani” residenti all’estero sono meridionali (tutti, praticamente, a parte qualche veneto, discendente di emigrati di circa cento anni fa)?
E perché fra questi, quasi la metà sono Siciliani?
Ci siamo chiesti perché tutti i politici siciliani, anche nelle competizioni all’estero, oggi fanno “professioni di fede” di autonomismo e di identità siciliana?
Ci siamo chiesti quali siano le prospettive che i due schieramenti “nazionali” che hanno l’onore di tutte le tribune politiche assegnano al Nostro Mezzogiorno?
Proviamo a mettere insieme questi dati ed a dare un’interpretazione che unifichi fatti apparentemente indipendenti soprattutto con la finalità di mettere in guardia gli elettori siciliani (all’estero) dalle manipolazioni in atto del loro consenso per finalità che nulla hanno a che vedere con gli interessi loro e della loro Terra.
Cominciamo proprio dall’ultima domanda e focalizziamo l’attenzione proprio sulla Sicilia.
Il Centro-destra non promette nulla di diverso da quello che già vediamo. Per Berlusconi l’Italia va bene e chi ne parla male è un disfattista. Che vada a dire che tutto va bene alle centinaia di migliaia di giovani che sono condannati a fare la valigia! Giovani che fra poco andranno ad ingrossare le fila degli elettori all’estero (perché se il Sud letteralmente sta morendo, anche il Nord del paese arranca, magari a spese del Sud di cui si fagocitano le ultime imprese sopravvissute). Che lo vada a dire alle centinaia di migliaia di precari e cassintegrati o anche semplici pensionati che non sanno nemmeno come arrivare a metà mese… In realtà la strategia elettorale ed economica in Sicilia del Centro-destra è un’altra: tenerla nella totale depressione e nell’abiezione per poi contrattare il consenso elettorale in cambio di qualche elemosina…
Ma stiano attenti che le promesse sono cambiali e presto verrà il giorno che il conflitto sociale diverrà insostenibile. Poi c’è il mito del “ponte”, segnale buono al contempo per i “gonzi” che ancora credono nei miracoli e per gli speculatori che già “hanno la salivazione” al solo pensiero.
Il Centro-sinistra, invece, non ha semplicemente idea. La Borsellino, ancora, a circa due mesi dalle elezioni regionali, “deve fare il programma con la gente…”. Prodi, a Catania, ci ha detto che abbiamo il turismo e l’agricoltura: ma bene, Signor Prodi, che scoperta! E col “nostro” petrolio come la mettiamo? Non è che forse ha paura che uno spostamento deciso verso Sud della politica industriale nazionale faccia concorrenza alla decrepita industrietta padana?
Ma non era a favore della concorrenza?
Ah, già, la concorrenza si invoca solo per fare chiudere le imprese siciliane e meridionali, e mai al contrario… Se proprio vogliamo far qualcosa possiamo esportare materie prime in cambio di prodotti finiti (cioè “colonialismo” da manuale).
E il fantomatico “terzo polo”, quello dei sedicenti “federalisti”? E’ già tutto nel simbolo il loro programma: l’uccello di Lombardo si è ritagliato uno spazietto piccolo piccolo ai piedi dello spadone di Alberto di Giussano. Abbiamo capito: un Sud servo e clientelare ai piedi di un Nord sprezzante. Che dire? No grazie!
In realtà, però, questo realismo sulle politiche degli schieramenti nazionali non è il solo elemento in gioco in queste elezioni. C’è una questione di democrazia in gioco e su questo il Centro-sinistra sta ricattando gli elettori: saremo anche brutti, litigiosi, inconcludenti, ma preferite una quasi-dittatura personale? Su questo punto torneremo più avanti.
Andiamo per ora all’estero.
Qui il potere italiano, per fortuna, non arriva. Una legge demagogica si sta rivelando un boomerang per chi l’ha prodotta. C’è il rischio che gli emigrati rendano la pariglia alla loro patria-matrigna e decidano finalmente di contare. C’è da correre ai ripari. E qui si torna alla seconda domanda: perché tutti meridionalisti, quasi tutti sicilianisti?
Perché gli emigrati conoscono la storia, conoscono la verità (anche se non tutti) e perciò sono pericolosi. Bisogna – per dirlo con termine intraducibile dalla lingua siciliana – “infruscarli” finché si può.
D’altronde non è un mistero che da quando esiste L’Altra Sicilia, anche come semplice associazione, la politica siciliana ha dissotterrato l’ascia dell’autonomismo, anche se brandita in modo per lo più maldestro perché non realmente sentita.
Ma in quest’operazione ricordano quella favola del lupo che, per travestirsi da pecora, si limitava ad infarinarsi le zampe. Si riconoscono a vista. Si riconoscono già dalle candidature. Se togliete i funzionari all’estero, qualche ricco uomo d’affari, qualche elusore fiscale che si porta all’estero per comodità la residenza, lì resta ben poco. Venite da noi per vedere che significa “emigrante”, emigrante con il sudore della propria fronte. La nostra lista ha il sapore e l’odore di chi si è rotto la schiena per un pezzo di pane e nulla ha a che vedere con i “figurini” tirati a lucido della destra o i “funzionari” sindacali e di partito della sinistra.
E qui si può tornare alla prima domanda: ma chi sono poi questi emigranti? Siciliani, siciliani propriamente detti o “al di là del Faro” o, al più, siciliani in senso lato o “al di qua del Faro”.
L’emigrazione è la dimostrazione più clamorosa della irrisolta questione meridionale e, al suo interno, della gravissima “Questione Siciliana” che somma alla discriminazione economica e sociale una irrisolta questione dai contorni etnici e politici. E’ il cadavere nell’armadio della storia italiana postunitaria e c’è il sentore che questi Meridionali e Siciliani della diaspora si sveglino e chiedano il conto di ogni discriminazione.
Da qui è più facile perché non c’è il ricatto del bisogno che impera in Patria. E’ più facile perché la legge elettorale è sui generis e non schiaccia l’elettore straniero nel bipolarismo asfissiante e artificioso che è stato imposto in Italia.
Qui il voto dato a “L’Altra Sicilia – per il Sud” è la migliore risposta per dare inizio ad una svolta storica, ad un nuovo Vespro che – Dio voglia – travolgerà una classe politica di ascari inetti e traditori.
Sul territorio italiano no, non era opportuno e non l’abbiamo fatto. E qui torniamo a quanto abbiamo accennato sopra sulle passioni e sulla posta costituzionale in gioco che, unitamente ad una assurda legge elettorale, ci avrebbe tolto la possibilità di manifestare la nostra forza nella sua pienezza. Abbiamo assistito al gioco al massacro che ha portato, in Sicilia, le liste realmente siciliane a farsi la lotta persino nella raccolta di firme e che ha azzerato il potenziale elettorale. Sebbene dobbiamo riconoscere al Partito del Popolo Siciliano il tentativo generoso di raccogliere queste forze in un fronte unitario, forse, alla resa dei conti, non è stato un male che nessuna forza realmente autonomista abbia oggi chance alla Camera o al Senato in queste elezioni. Per le ragioni dette è bene che i nostri simpatizzanti in Sicilia votino secondo coscienza e che la partita Siciliana si giochi unicamente all’estero.
Qui la posta è diversa: con gli emigrati, per i loro diritti, ma anche per la loro Terra. Non siamo così miopi da credere che i Siciliani all’estero siano interessati solo ad una politica corporativa in difesa dei loro interessi; sappiamo che il loro più grande desiderio è quello di veder rifiorire la Terra da cui sono stati espulsi e che, così, possano sempre più orgogliosamente dire nel mondo: “Sono Siciliano e me ne vanto”. E in questo non spezzeremo la solidarietà con i Fratelli dell’Italia meridionale più o meno accomunati al nostro stesso destino.
Come ai tempi del Vespro un solo grido ci accomuna: ANTUDO!