Mafia dappertutto! Ma quali sono le vere radici di questa mala pianta?
Palermo, 17 novembre 2005
Sempre più spesso ci si chiede quali sono i motivi per cui la Sicilia stenta a divenire una parte del mondo normale. Sembra che l’illegalità in Sicilia venga da chissà dove o sia nel DNA della stessa società. In realtà essa ha una matrice storica ben precisa, e di rango costituzionale, rispetto alla quale tutte le altre illegalità non sono che semplici conseguenze.
Una domanda che racchiude in sé una lunga serie di perché e di non risposte.
Senza andare troppo lontano (gli illegittimi decreti dell’8 dicembre 1816 che sancivano la nascita di un mai esistito “Regno delle Due Sicilie”, la farsa del plebiscito del 21 ottobre 1860 per evitare la dovuta convocazione del Parlamento Siciliano affinché negoziasse le condizioni di confederazione della Sicilia con l’Italia), partiamo dal Dopoguerra, dal 15 maggio1946.
La Sicilia aveva, in quella data, conquistato un proprio Statuto d’Autonomia approvato ancor prima della Costituzione italiana ed in esso integralmente inserito senza nessuna modifica; Statuto che, sulla carta, nasceva da un “patto” tra Sicilia e Italia, perciò sanava ogni precedente ingiustizia e pretendeva di rispondere, finalmente, al secolare diritto ed anelito dei Siciliani all’Autogoverno, sia pure in un contesto nazionale e statuale più ampio.
Per effetto di ciò la Sicilia sarebbe dovuta essere, nello spirito quando non ancora nella lettera del dettato statutario, uno Stato confederato all’Italia con propri poteri e prerogative sovrane, ad eccetto di poche competenze residuali lasciate allo Stato centrale italiano.
Invece, complici gli accordi segreti dai politicanti siciliani dell’epoca post-bellica, vuoi per l’interesse generale del governo nazionale che “ha utilizzato” sistematicamente la Sicilia come colonia interna più che come proprio compartimento autonomo e vuoi per l’insipienza dei politici attuali, l’illegalità costituzionale diviene in Sicilia la madre di tutte le illegalità e soprusi.
È innegabile, infatti, che l’illegalità odierna nasca proprio con l’Autonomia, conquistata e mai realmente avuta, per interessi personali, di partito e trasversali.
Lo Statuto impone un drastico cambiamento nei rapporti Sicilia/Stato Italiano e prevede una serie di disposizioni “costituzionali” quali la cancellazione dall’ordinamento regionale siciliano delle province (inutili istituzioni “mangia soldi”, inventate, in Sicilia, sempre – guarda caso – in quel lontano 1816 come espressione del centralismo, allora napoletano e dopo romano) fatte ricomparire con legge ordinaria siciliana dalla finestre con l’aggiunta dell’aggettivo “regionale”, la soppressione della figura del prefetto con conseguente trasferimento di tutti i poteri di quest’ultimo al Presidente della Regione Siciliana o agli organi di polizia che questi avesse dovuto istituire nel territorio, la creazione di una Corte paritetica Stato/Regione, etc., persino la possibilità, implicita nell’art. 40, di avere una politica monetaria autonoma e di trattenere nell’isola i proventi dei diritti di signoraggio derivanti dall’emissione di moneta e dalle transazioni valutarie con l’estero o il trasferimento “integrale” (teoricamente comprese la giustizia e le forze armate), implicito nell’art.20, delle funzioni statali nell’Isola a favore delle nostre istituzioni.
In quasi sessant’anni, la questione Siciliana è stata oggetto di conferenze, incontri, dibattimenti fini a se stessi, ovvero fini allo spreco di denaro pubblico ove si consideri che ogni conferenza di questo tipo, di livello “ministeriale, non costa mai meno di quattrocentomila euro.
Nello stesso periodo tutti i tentativi di “applicazione” di quella che è “solo” un pezzo della Costituzione della Repubblica Italiana sono sempre stati soffocati sul nascere, anzi si è posta in essere tutta una giurisprudenza costituzionale “abrogativa” finalizzata solo a cancellare ogni residuo di “vera” autonomia dei Siciliani.
A questo punto ci si chiede: come si vuole sconfiggere la criminalità e l’illegalità in Sicilia quando la struttura stessa dell’ordinamento regionale giuridico ed amministrativo è illegale e non costituzionale?
La verità è che nessuno, complice sempre l’insipienza dei cosiddetti politici siciliani, sempre attenti al posto al sole ed agli interessi delle segreterie nazionali più che alla reali esigenze dei Siciliani, vuole che nulla cambi.
Lo Stato sa che il 60% del lavoro in Sicilia è in nero; le forze di Polizia sanno che un negozio su due ha personale non in regola, che un’impresa su due impiega mano d’opera in nero, i carabinieri sanno esattamente dove insiste l’illegalità e la criminalità, eppure, lo Stato in Sicilia è opprimente quanto assente, le forze di Polizia in gran numero in Sicilia sembra guardino dalla parte opposta rispetto al vero problema criminoso.
In questo contesto chiunque cerchi di portare giustizia in Sicilia operando con coscienza ed amore per la propria terra, vedi i giudici Falcone, Borsellino, Chinnici ed altri operatori delle forze di Polizia barbaramente assassinati per “distrazione” dello Stato centrale che li ha abbandonati quando avrebbero dovuto essere non solo incoraggiati “al martirio” ma assistiti e protetti, viene eliminato.
La politica siciliana sempre sotto l’occhio del ciclone e perennemente accusata di collusione con la mafia e che vede sempre più spesso rappresentanti all’ARS e governanti accusati formalmente di essere collusi o “fiancheggiatori”, vedi il Presidente Cuffaro, è troppo legata al potere e non sente la necessità di onorare il mandato dimettendosi da ogni carica.
I deputati dell’ARS dell’attuale legislatura arrestati per mafia, ultimo dei quali il deputao dell’UDC Costa a Marsala, offendono non solo l’Assemblea ma soprattutto la Sicilia ed i Siciliani, ma rimangono in carica senza dimettersi.
Cuffaro, per certi aspetti è la dimostrazione che in Sicilia tutto è fatto per il potere. In ogni parte del mondo per una semplice accusa di non aver pagato una contravvenzione al codice della strada ci si dimette, in Sicilia, un’accusa infamante e grave come quella di collusione con la mafia viene considerata quasi “una scocciatura”.
E’una barzelletta l’affermazione di berlusconiana memoria che essendo eletti dal popolo al popolo devono rendere conto. Se veramente devono rendere conto al popolo avrebbero il dovere morale e civico di dimettersi ……invece, come il governatore della Banca d’Italia rimangono incollati alle loro poltrone contro tutti e contro tutto.
L’onore, quell’onore Siciliano di altri tempi, oramai è sotterrato sotto un metro di terra con i “veri padri della libertà Siciliana” che purtroppo non hanno avuto figli degni di questo nome.
In questo contesto, e quindi nell’illegalità generale ed istituzionalizzata, non sfuggono certi comportamenti oppressivi ed illeciti di alcuni uomini delle forze dell’ordine che, forti della divisa indossata, pensano di essere autorizzati a trattare il cittadino onesto e rispettoso della legge alla stregua di un criminale.
L’abuso di potere in Sicilia è quotidianità e non può meravigliare la diffidenza che il popolo Siciliano ha nei confronti delle forze di polizia sempre più spesso impuniti per i loro comportamenti.
Il popolo Siciliano non è omertoso per paura della criminalità o per propensione genetica; ha solo paura dell’assenza delle istituzioni che distratte dalle loro beghe politiche finiscono per danneggiare i cittadini concedendo sempre più potere alla delinquenza organizzata e non.
ANTUDO
L’ALTRA SICILIA– Ufficio Stampa