Democrazia e pluralismo della narrazione politica
Nessuno osa mettere in dubbio il malessere che pervade oggi la società contemporanea. La socialità si sta perdendo nell’individualismo più freddo, la solidarietà si smarrisce nelle pieghe degli egoismi, la politica non appassiona più la gente che, anzi, ne prova una certa repulsione.
Una certa informazione diventa di parte e cerca di distruggere con ogni mezzo l’avversario, anche inventando storie al limite del vero o affibbiandogli epiteti offensivi per ridicolizzarlo e cercare di arrestarne il possibile successo.
Nell’uomo in rivolta, Albert Camus scriveva che soltanto storpiare un nome significa aggiungere cattiveria a questo mondo e che bisognerebbe utilizzare un linguaggio chiaro per non aggravare la menzogna universale, causa primaria del malore di questa nostra società.
A questo punto, per la vecchia teoria degli estremi che si raggiungono, anche la nuova lingua di Orwell nel suo celebre “1984”- che prendeva di mira il totalitarismo marxista sovietico – o quella di Victor klemperer – che bastonava la lingua del terzo Reich – dovrebbero equivalersi .
Ognuno dei due sistemi ha quindi cercato di impoverire il lessico in modo da poterne controllare l’uso e farne uno strumento ideologico.
Grazie a Dio, più un regime si avvicina alla democrazia, più dovrebbe essere propenso ad accettare la diversità dei discorsi, l’espressione degli orientamenti e delle preferenze personali sempre in funzione del rispetto della realtà.
Ovviamente in politica, come in pubblicità, il pubblico viene abituato all’esagerazione ed alla banalizzazione dei commenti perciò il cronista, in particolare, deve servire da correttore per consentire a ciascuno l’accesso all’informazione che deve poi poter essere il più possibile veritiera per permettere di scoprire il vero o il falso.
Siamo arrivati alla moda degli spioni e del dossieraggio killer. Ma chi tiene memoria di fatti accaduti anche 30 o 40 anni fa e che vengono resi pubblici per criminalizzare l’avversario di turno, ovviamente fascisteggiante o antisemita?
Chi crea e conserva tali dossier con ritagli di giornali, atti giudiziari, foto, filmati…?
Chi “ferma il tempo” di opinioni o azioni che servono per “mantenere in eterno il presunto marchio di infamia”?
Chi cataloga persone e idee per poi servirsene contro il reo (non importa se al tempo del presunto reato di opinione avesse solo 17 anni)?
I media lavorano in proprio, ma anche i servizi “ufficiali” possono creare dossier con lo scopo di tutelare l’ordine costituito da minacce eversive o sovversive…
Ma rientra in tali scopi conservare memoria di un testo di una canzone degli anni ’90? Oppure tenere copia di un “volantino antisemita” trovato nell’anno scolastico 1987/88 nella cartella di un allora diciassettenne Hubert Aiwanger (guarda caso leader dei “Frei Wahler”, partito alleato della Csu bavarese, ad un mese dalle elezioni nel Land bavarese)?
Ma se non dai Servizi tedeschi, da chi è stato fornito tale dossier al giornale “”Suddeutche Zeitung”?
Se non dai Servizi italiani chi aveva copia dei filmati e del testo della canzone di De Angelis oggi alla gogna ?
E nel caso tale dossieraggio sia opera di entità o associazioni private (e non frutto di autonome legittime ricerche giornalistiche) o, peggio legate ad Agenzie estere, non rientrerebbe tale attività tra le ipotesi di reato?
O tale ipotesi vale solo per quattro scalcagnati “presunti golpisti” (da appurare ovviamente) che intendevano – secondo l’accusa – creare dossier informativi su magistrati “nemici della destra al governo”?
E come sarebbe considerato chi da “destra” decidesse di creare dossier simili su tutta la “comunisteria” da fine guerra ad oggi?
Quindi questo scalcagnato governo dei “patrioti”, se lo vuole porre il problema di quali gruppi o entità sono in possesso di simili dossier, forse anche su taluni suoi membri (da passare a giornali e politici “amici” al momento opportuno), oppure la lotta all’antisemitismo tutto permette?
Quando l’informazione seducentemente corretta vuole denunziare la deriva totalitaria di un personaggio scomodo, riuscirà a farlo estrapolando dalle sue dichiarazioni, ad esempio, parti delle sue affermazioni, estratti del suo pensiero e ancor peggio inventando episodi scabrosi della sua vita quotidiana o affibbiandogli epiteti che non corrispondono alla realtà. Ed il massacro è fatto.
Eugenio Preta