Fallisce al Parlamento europeo un tentativo by-partisan di arginare l’arrivo delle ondate migratorie
Nel corso della sessione di aprile di Strasburgo, il Parlamento europeo ha voluto finalmente affrontare il tema delle necessarie misure da adottare per far fronte all’irrefrenabile arrivo delle ondate migratorie che si riversano in Europa tra equivoci di legislazioni nazionali.
Il risultato finale si è risolto nel solito modo pilatesco di lavarsi le mani, tipico di un’istituzione senza nerbo ed in balia delle lobbies più svariate.
Alla fine l’Assemblea non ha avuto il coraggio di votare la proposta di risoluzione del polacco Lewandoski sulle priorità del prossimo bilancio dell’Unione che avrebbe ricompreso un’emendamento presentato dal presidente del PPE, Manfred Weber diretto a finanziare la costruzione di barriere fisiche contro le ondate sempre crescenti dei flussi migratori. Erano stati in 322 a votare a favore dell’emendamento e 290 ad esprimere parere negativo, in 20 si erano astenuti. L’Assemblea, alla fine è rinsavita ed il risultato finale della proposta Lewandoski è stata respinta con 321 voti “rinsaviti” 210 favorevoli e la massa di 105 ignavi astenuti.
Eppure, al di là dei fraintendimenti ideologici, quella della necessità di dover arginare gli ormai incontrollabili flussi migratori si è dimostrata una tematica condivisa che, per la prima volta, era riuscita non solo a mettere d’accordo la destra istituzionale politicamente corretta con l’altra destra, quella sovranista, ma a riunire persino un terzo dei liberali ed addirittura quattro eurodeputati socialisti danesi.
A dimostrazione del fatto che si può essere di sinistra ma anche contro l’immigrazione incontrollata di massa. Poi il voto finale ha dimostrato che le frontiere restano “muri della mente”, come recitava uno slogan caro al globalismo arrembante, un modo di dire che oggi sembra ancora in auge nell’Assemblea europea.
Infatti, si sia filosoficamente a favore o contro la costruzione di muri o barriere materiali alle frontiere degli Stati, resta il fatto che essi rimangono ormai sinonimo di un doppio fallimento: innanzitutto quello del comunismo che aveva cercato, con la costruzione del muro di Berlino, di arginare il passaggio dei tedeschi dell’est verso l’Occidente per rifugiarsi nell’inferno capitalista, fallimento a cui oggi si aggiunge quello dell’Unione europea che non riesce ad impedire ai non europei di raggiungere questa Europa pur popolata, come ognuno sa, di razzisti e nazionalisti.
Decisamente le incoerenze strutturali del modello europeista non hanno proprio niente da invidiare al defunto impero sovietico.
Eppure pare che ci sia muro e muro: Buoni come quelli che costruiscono greci e Bulgari alla frontiera turca o i finlandesi di fronte alla Russia o cattivi come quelli che, utilizzando fondi europei, stanno costringendo in una fortezza l’Europa e che, secondo la Presidente dell’esecutivo Von der Leyen, non dovrebbero essere consentiti.
Praticamente ogni Stato membro a questo punto potrebbe essere abilitato a costruire muri alle sue frontiere a dispetto proprio delle istanze europee che, nate proprio per eliminare queste barriere, oggi sarebbero incompetenti in materia, come se in Europa sopravvivessero le frontiere nazionali.
La confessione di un vero e proprio auto-fallimento. Una commedia dell’assurdo, perché Varsavia, sotto la minaccia sfidata della Bielorussia che forse, per fare pagare il suo sostegno all’Ucraina, minaccia di aprire le frontiere all’invasione dell’Occidente, chiede all’Europa di aiutarla a mettere in sicurezza i suoi confini pena, in caso del rifiuto già manifestato dalla Commissione, il blocco dei finanziamenti previsti per costruire cannoni e droni da inviare in Ucraina.
Dire oggi che destino avrebbe potuto avere la relazione Lewandoski con gli emendamenti Weber, se fosse diventata posizione ufficiale del Parlamento europeo in attesa delle decisioni del Consiglio europeo che avrebbe potuto trasformarla in legge, appare molto deludente perché a Bruxelles come a Strasburgo, l’autorità dei tecnocrati eletti da nessuno e nominati tra di loro sarà sempre prevalente rispetto alla voce dei deputati pur eletti democraticamente per rappresentare le istanze dei cittadini e dei popoli europei.
Eugenio Preta