Open carbonara: la pubblicità si adegua al mondialismi
Negli anni ‘70-80, nell’epoca del suo massimo splendore, la pubblicità ha sempre cercato di conquistare il gusto di potenziali clienti per un dato prodotto: Ernesto Calindri sorbiva l’aperitivo seduto in mezzo al traffico di Milano, il pulcino Calimero piccolo e nero (chissà se oggi sarebbe ancora tollerato), la Ferrero Rocher con Carol Alt che improvvisamente comunicava all’autista Ambrogio di avere un desiderio speciale e tanti altri spot di successo.
Certo la pubblicità era provocazione, cercava di strappare un sorriso, era seduzione.
Oggi con lo spazzolone mondialista, acconciato con tutti i sacramenti della diversità e dell’inclusività, la pubblicità ci propina il catechismo nauseante dell’Onu e dell’Unione europea ricercando nei piccoli particolari ciò che ancora sopravvive delle culture locali, servendocelo in una zuppa multiculturale che odora lontano un miglio di manipolazione.
Uno spot della multinazionale Barilla, una volta famosa per il detto “dove c’è Barilla c’è casa,” oggi spopola nell’universo comunitarista e globalista ad ogni costo. Nel refettorio di una scuola italiana i bimbi corrono a tavola per gustare un buon piatto di spaghetti alla carbonara. Ma non tutti sono contenti: un piccolo venuto da lontano resiste alla tentazione del guanciale e rifiuta il cibo sotto l’occhio impietosito di una compagnetta che, tornata a casa riferisce la vicenda al papà, cuoco della scuola. L’indomani, nel menu viene programmata una carbonara inclusiva, senza prosciutto nè guanciale, per far felici tutti.
Il mondo sta diventando più sfaccettato e multiculturale: Open carbonara quindi, un’alternativa alla ricetta originale per rendere sempre più inclusivi i piatti tradizionali della cucina italiana che hanno la pasta come protagonista assoluto.
Questa carbonara pericolosamente carica di zuccheri dà quindi avvio ad una lunga morale sul mondo che diventa sempre più inclusivo e multiculturale, sul mondo che unisce le razze ed altre amenità che rischiano di provocare il diabete già soltanto a guardarli i piatti. Conclusione a triplo mandato per chiudere il tappo a quanti osassero dissentire: l’importanza di sentirsi membri di una stessa comunità.
La cancellazione della cultura italiana per sentirsi membri di una comunità. Ma quale? Logicamente i giovani non si appassionano a questo tipo di pubblicità convenzionata, manipolatrice e meno creativa di una fabbrica di salatini. Il limite però diventa molto flebile, la manipolazione pesante ed il controllo dell’informazione sui canali di Stato ormai non più sufficiente.
La potenza di fuoco dei media però non riesce ad evitare Meloni e Salvini in testa ancora ai sondaggi demoscopici, proprio nel Paese della carbonara. Resta però il giudizio su una pubblicità ancora poco inclusiva secondo il garante dell’informazione ma che i popoli patiscono sempre più in sofferenza. Ma fino a quando? Il mondialismo rimane una macchina divoratrice dell’esistente, mai sazia.
Come i dinosauri capaci di divorare giornalmente un’intera foresta ed estinti alla fine dopo averle mangiate tutte, così anche i nostri attuali demolitori ben presto non avranno più materia da cancellare: si estingueranno anch’essi alla fine?
Eugenio Preta