Il woke allunga le mani sul mondo Disney
C’era una volta un gruppo imprenditoriale che faceva sognare fanciulle e ragazzini con storie di cavalieri coraggiosi e di principesse prigioniere. Il nuovo pensiero woke, però, comincia a farsi sempre più spazio ed allora basta con le storie di femminucce e finiti i racconti eteronormalizzati, evviva la diversità e largo agli LGBTQ+IA.
Questa è pressappoco la storia che ha vissuto in questi ultimi anni la Disney.
Nonostante il lancio di una propria piattaforma video Disney+ con serie e film progressisti che non hanno niente da invidiare al wokismo di Netflix, le cose non si sono normalizzate. In realtà esiste una strategia commerciale ben sperimentata. Dietro questa voglia di diversità, di differenziazioni e di progresso, la Walt Disney Company cerca di attirare un pubblico sempre più giovane, sempre più sedotto dai contenuti numerici. A voler spingere troppo la leva del progressismo però la Disney&Co ha finito per stancare la gente.
Disney+ subisce l’orientamento politico troppo azzardato delle produzioni: negli ultimi tre mesi dello scorso anno più di 2,4 milioni di spettatori hanno abbandonato una piattaforma che dopo una crescita stupefacente, vede un’inesorabile fuga anche degli abbonati, una crisi che si aggiunge agli 11,3 miliardi di dollari di perdita accumulate dal giorno dal suo lancio.
Oggi alla Disney ci si chiede di chi sia la responsabilità di questo fallimento, ma Topolino finge di non capire.
Dall’inizio del 2021 la piattaforma digitale Disney+ aveva deciso di avviare una rivisitazione profonda. Così film come Peter Pan, Gli Ariostogatti e L’elefantino Dumbo erano caduti sotto la scure del censore per lottare l’insostenibile razzismo che veicolano queste pellicole per bambini. Su questa linea la ditta aveva preannunciato una rivisitazione dello spettacolo “Bella e la Bestia”, dove Bella sarebbe diventata grossa, nera e alternativa queer. Dopo la sirenetta nera, gli impiegati gender-fluid, le quote di omosessuali e la soppressione dei 7 nani, la linea Biancaneve venne definitivamente oltrepassata. Un’implicazione politica troppo spinta che alla fine è costata molto cara al presidente Chapek.
Nel marzo del 2022 lo stato della Florida ha votato una legge contro la propaganda LGBTQ+1 nelle scuole , legge contestata duramente dall’ex presidente della Disney, Bob Chapek con la conseguenza che il repubblicano governatore Ron DeSanctis ha imposto anche la fine dello statuto fiscale particolare che beneficiava il locale parco d’attrazione Disney World. La maggioranza degli azionisti allora intimava alla Disney di non prendere posizioni politiche in contrasto con le attività commerciali principali. Una dichiarazione che è costata la dimissione di Chapek .
“Noi ci allegrammo e tosto tornò in pianto” (Inferno di Dante) perché il ritorno di Bob Iger alla testa del gruppo aveva acceso la speranza di un cambio di rotta ma l‘avanzata LGBT+q del gigante dell’industria del divertimento, continua oggi con una nuova serie animata: L’orgoglio di una famiglia , serie destinata ad un pubblico giovane che presenta un adolescente nero adottato da due omosessuali che parte alla scoperta della storia dello schiavismo Usa.
Un cambiamento di rotte di 360° di Bob Iger che aveva dichiarato di non voler più polemiche e di non cercare temi di impatto negativo per la ditta. Ed in questo Iger è sembrato proprio topolino impegnato come mago con gli attrezzi del prestigiatore che getta polvere negli occhi del pubblico. Niente di nuovo però: è questa la magia del mondo Disney.
Eugenio Preta