Politica climatica ed aumento tariffe
Gli italiani sono poco interessati agli affari europei: troppo lontana l’Europa e troppo oscure le trame dei suoi dirigenti che, peraltro, nessuno ha mai eletto.
Questo disinteresse è certamente un errore, perché l’impero ideologico che è diventata l’UE con la sua legislazione ormai diritto primario, entra inevitabilmente nel quotidiano del cittadino.
Il prezzo attuale dell’elettricità, per esempio, è la conseguenza diretta dell’andamento del mercato voluto ed organizzato da Bruxelles che porta i produttori ad allinearsi sui prezzi delle centrali più care siano esse a gas o a carbone.
Il prezzo alto dell’elettricità rappresenta il modo in cui l’Unione intende inviare un messaggio di sobrietà a famiglie ed imprese, un messaggio determinante per quanto riguarda la lotta alle emissioni di Co2 .
La stessa presidente Von der Leyen, sottolineando l’aumento vertiginoso dei prezzi raggiunti sul mercato dell’elettricità, ha implicitamente auspicato una politica climatica coordinata, la cui caratteristica principale consiste in una iper- regolamentazione i cui effetti ricadono fatalmente su territori e regioni.
L’obiettivo che si è proposto la Commissione europea per un consumo moderato del carbone nell’ orizzonte del 2050 e dell’obiettivo “55 “, tende ad una riduzione delle emissioni di carbone del 55% appunto nel 2030 e, nel 2050 pervenire ad un’Unione europea finalmente regolamentata per quel che concerne il Co2.
Tutto questo si è tradotto in 13 proposte legislative obbligatorie che, secondo l’Esecutivo stesso, costituirebbero il pacchetto climatico più importante mai proposto nel pianeta da un’istituzione mondiale, ritenendo, a torto però – come recita una delle conclusioni del Consiglio europeo – di riuscire a modulare l’azione mondiale attraverso un’inflazione della produzione legislativa.
Negli Stati membri questo si dovrebbe tradurre in programmi nazionali energia-clima che, a questo punto dovranno però essere trasposti sul piano regionale e su quello locale.
Le entità territoriali maggiori sono quindi obbligate a predisporre un piano clima/aria/energia territoriale che, fatalmente, sfocia in una burocrazia elefantiaca che, partendo dalla tecnocrazia brussellese si rivolge a quella nazionale e da questa a quella regionale, in realtà decuplicando ogni tipo d’azione.
Tutto si traduce poi nell’aumento delle installazioni delle pale eoliche e dei pannelli solari, nelle sovvenzioni per le biciclette elettriche e negli aiuti per le migliorie energetiche. Lo scopo resta quello di promuovere le fonti d’energia intermittenti senza però rendersi conto che in realtà il rendimento delle pale eoliche resta al di sotto del 25% della loro potenza e senza ricordare che esse necessitano di centrali termiche classiche per avviare la produzione di elettricità in assenza di vento.
Aggiungiamo che sono necessarie circa 600 tonnellate di cemento immesso nel suolo per una sola pala alta 150 metri, 800 tonnellate per le eoliche di nuova generazione, oltre a 20 /45 tonnellate di acciaio e che alla fine del loro ciclo le pale non possono essere riciclate e devono venire incenerite. Inoltre le pale eoliche deturpano il paesaggio, contribuiscono alla improduttività del suolo e sono nocive per le specie animali, soprattutto i volatili. In effetti le eoliche fondono vento e soldi ma la loro virtù ecologica e tanto dubbia quanto la loro efficienza energetica. Eppure, per obbedire agli imperativi di Bruxelles (e con spirito di emulazione) i vari comuni già si lanciano in massa sui piani eolici, pur sapendo che, quanto poi ai pannelli solari fotovoltaici, la loro resa si colloca solo al 12/14% della spesa e che per le ristrutturazioni energetiche degli edifici, bisognerà procedere preventivamente ad una seria analisi costi-benefici.
In zone rurali poi, dove la gente deve percorrere dai 20 ai 40 chilometri per andare a lavorare, sovvenzionare l’acquisto di biciclette elettriche diventa una follia che alla fine si ripercuote sull’ideale impiego del tempo libero.
L’UE, la cui politica climatica sembra ormai l’obiettivo prioritario, impone una regolamentazione che aumenta i costi e gli esborsi e che lascia molto perplessi.
E’ giunto il momento di riprendersi il controllo del “macchinario“ europeo e la prima tappa si giocherà al momento del rinnovo dell’assemblea di Strasburgo. Sarà allora che i popoli europei potranno avere la possibilità di esprimere nuove maggioranze che riusciranno poi ad allearsi per poter cambiare finalmente il corso della Storia di questa Unione Europea.
Eugenio Preta