San Raffaele a Cefalù: un esempio di colonizzazione ”sanitaria”
Bruxelles, 20 Ottobre 2005
L’Altra Sicilia denuncia il fatto che a Cefalù si è praticamente regalata una struttura pubblica, l’ospedale Giglio, ad un rinomato ospedale privato del nord, il San Raffaele di Milano (poco importa se rientra nella galassia del No Profit, giacché dietro questo nome, spesso dietro un manto confessionale, si nascondono interessi materiali assai cospicui e concreti).
Non solo si è regalato, anzi, tecnicamente, dato in “comodato gratuito”, ma la Regione si accolla le spese per le infrastrutture.
Di fatto è servito a distruggere professionalità locali, a farle fuggire in cambio di assunzioni non trasparenti.
In ogni caso chi conta a Cefalù è “l’uomo bianco” venuto dal Nord; ai “negri” locali sono riservati per lo più ruoli subalterni.
Cefalù è un mostro sotto più aspetti:
– si continuano a vendere ai privati pezzi di sanità pubblica nella Regione a sanità più privatizzata e meno efficiente d’Italia;
– si favoriscono sistematicamente consorterie para- o pseudo- cattoliche a discapito della trasparenza e imparzialità che dovrebbe caratterizzare la spesa pubblica (dovrebbero chiamarle “massonerie bianche”);
– si dà per scontato che l’unico know-how che vale possa venire da fuori, mortificando l’intelligenza locale e favorendo subalternità psicologica generalizzata (un po’ come la storia dell’università privata, la LUMSA di Roma che apre una sezione a Palermo, ma non assume, non fa ricerca, non crea centri decisionali, sfruttando il “volontariato” di alcuni professori dell’università statale che fanno concorrenza all’università che dà loro lo stipendio con tanto di benestare del Magnifico Rettore);
– si tenta di creare una clinica specializzata in oncologia a discapito delle altre prestazioni in una cittadina che è naturale punto di riferimento di tutta l’area madonita e che, quindi, ha bisogno, intanto, di una ospedalizzazione di base e poi, semmai, di strutture di eccellenza;
– si colonizza, quel che è più grave per noi, il management sanitario ed amministrativo delle strutture pubbliche e dei servizi pubblici, non contenti di quanto la politica industriale ha già fatto nel settore privato: in altre parole il siciliano è destinato a fare il servo in casa propria a meno che non sia disposto ad emigrare…
A quando la riscossa?
Dove sono gli autonomisti vecchi e nuovi?
Chi dà voce al personale sanitario cefaludese bistrattato ed ai diritti dei malati siciliani?
L’ALTRA SICILIA – Ufficio Stampa