Da Gorbaciov a Putin, il pericolo Nato alle frontiere russe
Certo che se anche il cancelliere tedesco Scholz in visita a Praga, per assicurare la stabilità in Europa reclamava un nuovo allargamento dell‘Unione ai Paesi del sud dei Balcani oltre che all‘Ucraina, Georgia e Moldavia, l‘Unione europea sta messa proprio male.
Se poi, per quel che concerne la sicurezza del Continente, Scholz ha potuto riaffermare il ruolo preponderante della NATO, siamo rimasti ancora al sostegno economico e militare a tempo indeterminato ed all’impossibilità di ristabilire la pace.
L’annuncio della morte di Gorbaciov, che ci ha riportato indietro nel tempo, al momento della caduta del muro di Berlino e della scomparsa dell’Unione sovietica, inevitabilmente ci spinge a confrontare la differenza tra le speranze che erano nate allora e la situazione attuale dell‘Europa, ricaduta negli ingranaggi del confronto muscolare e nel clima di paura per un riarmo nucleare.
Ma come siamo potuti cadere così in basso? Arrivato al potere, Gorbaciov non si era impegnato soltanto per un ritorno alla distensione, ma soprattutto per una rifondazione dei rapporti con l‘Occidente per far sì che l’Europa diventasse una vasta area di cooperazione e di sicurezza da Lisbona a Vladivostok.
Nell’ aprile del 1987 intervenendo a Praga, Gorbaciov, si era detto contrario alla divisione del continente in due blocchi: era l’avvio di una nuova era delle relazioni internazionali che mirava a creare una Casa comune paneuropea, che aveva entusiasmato molti dirigenti europei (Craxi tra gli altri), tanto che nel dicembre 1989, Francois Mitterrand abbandonerà il progetto di una confederazione europea per offrire ai Paesi dell’Europa orientale, senza escludere la Russia, un quadro di cooperazione politica prettamente europea, escludendo gli Stati Uniti. Un‘esclusione che ovviamente avrebbe portato al fallimento del progetto perché gli Usa fecero pressioni sulla Germania, lanciando una campagna diplomatica e finanziaria diretta ai Paesi dell’Est, lasciando intendere che il progetto di Mitterrand serviva soltanto ad impedire un loro possibile ingresso nell’Unione europea.
A questo punto il progetto di De Gaulle (e della meglio gioventù di ‘noialtri’) che aveva sognato un’Europa dall’Atlantico agli Urali naufragò in una politica di sterili allargamenti delle strutture atlantiste, eredi della guerra fredda per opera degli USA che utilizzarono gli allargamenti ad est per imporre la loro zona d’influenza euro- atlantista e determinare una politica di cambio regime per le ex repubbliche sovietiche.
Già nel 1994, Boris Eltsin, molti anni prima di Putin, aveva avvertito gli occidentali: se l’allargamento ad est avvicinerà la NATO alle frontiere russe, ritorneranno i due blocchi militari opposti, aggiungendo che l’Europa sarebbe ricaduta in una “pace fredda“ senza immaginare minimamente la tragica situazione attuale.
Dall’inizio della guerra Ucraina i media europei continuano a dipingere Putin come l’anti Gorbaciov che vuole restaurare l’impero che l’ex segretario generale aveva portato a compimento. Una riscrittura del discorso storico, che come pecca più grave ha quella di escludere le responsabilità degli europei, incapaci di scrollarsi di dosso la tutela americana e di saper studiare un sistema di difesa paneuropea che includesse la Russia.
Oggi che i cannoni russi e ucraini spazzano il Dnieper e impediscono ogni possibilità di pace, la scomparsa di Gorbaciov si porta con sé il sogno gollista di un’Europa riconciliata dall’Atlantico agli Urali.
Eugenio Preta